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LAUREL
AITKEN
(Godfather of Ska)
A) Le origini del Padrino dello Ska
Lorenzo Antonio Aitken, meglio noto come Laurel Aitken, nonché, in ordine cronologico, come “El Cubano”, the “High Priest Of Reggae” e, dal 1986 quando Gaz Mayall lo appellò così la prima volta, the “Godfather Of Ska”, ha cessato la propria vita terrena la notte del 17 luglio 2005 a causa di una crisi cardiaca, nell’ospedale di Leicester città nella quale si era trasferito, proveniente da Londra, a metà anni ‘70. E’ stato seppellito, dopo un commuovente funerale al quale hanno partecipato amici, musicisti e fan di mezzo mondo, il 28 luglio successivo.
Era nato a Cuba (da madre cubana e papà giamaicano) nel 1927 (1) e, solo nel 1938, si stabilisce al seguito dei genitori(2) in Giamaica, a Kingston, acquisendo immediatamente tra i coetanei il suo primo soprannome, “El Cubano”. A Gaz Mayall (3), Aitken racconta che da ragazzo, poco più che quindicenne, cantava all’angolo con Maxfield avenue con alcuni amici i Calypso più famosi e le canzoni del momento di Louis Jordan, Nat King Cole e Billy Ecstine. Se quelle sono le primigenie influenze, insieme a quelle dei cubani Mario Jimenez e Pablo Quevedo (anch’essi citati nella medesima fonte), sarà la musica degli Stati Uniti degli anni 50 ad influenzare più marcatamente lo stile di Aitken e, in particolare, quella di Rosco (o Roscoe) Gordon, Smily Louis e di Professor Longhair e, più in generale, il caldo ed eccitante R&B di New Orleans.
Da un’intervista di suo fratello Bobby sappiamo anche che i loro genitori morirono uno dietro l’altro tra il 1940 ed il 1941 e che, quindi, il giovane Lorenzo rimase senza i genitori appena quattordicenne.
B) L’inizio della carriera
Sappiamo che Aitken (4) fin dai primi anni ’50 vinse più volte il famoso Vere John’s Opportunity Hour (il concorso attraverso il quale passerà praticamente tutta la prima generazione di cantanti giamaicani e che aveva luogo ogni venerdì nei più importanti teatri di Kingston) e che, quando nel 1957 registrò i primi dischi (5) per Stanley Motta (il primo produttore della storia dell’industria discografica giamaicana e proprietario della MRS Motta’s Caribbean Recording Company), era già piuttosto famoso e passava le giornate cantando mento e calypso per i turisti che scendevano dalle navi da crociera e le serate nei locali “armato” di maracas e rumba box, nel primo caso, o accompagnato dal quartetto afro-cubano di tale Frankie Bonnitto, nel secondo.
Piuttosto schivo nei confronti del mondo dei Sound System, Lorenzo non amava le cosiddette “bad posse” di tipi come Arthur “Duke” Reid (per il quale, nondimeno, registrerà tra il 59 e 60 la famosa “More Whisky” (6) e “Swing Low Sweet Chariot”) ed era un fan del primo operatore di Sound System Tom the Great Sebastian, al quale veniva riconosciuto anche da Mr. Dodd di essere stato il primissimo operatore, attivo fin dalla metà degli anni ’40.
Per l’altro primigenio produttore giamaicano e proprietario dell’etichetta Caribou, ovvero Dada Tuari (o Twari), Aitken registrerà alcuni interessantissimi mento e calypso tipo “Nebuchadnezzar”, “Ghana Indipendence” (in cui, si noti, Aitken usa percussioni burru almeno 3 anni prima che lo facessero i Folks Brothers con Count Ossie in “Oh Carolina”) e “Trybute to Collie Smith” ma anche il primo pezzo di quel genere che verrà identificato come Jamaican Shuffle o Boogie Shuffle ovvero “Aitken’s Boogie” (7).
C) La prima hit di Aitken: nasce il Blue Beat
Nel nuovo genere Aitken si destreggia come il più autentico interprete e, neppure un anno dopo la seminale “Aitken’s Boogie” registra, ma verrà distribuito solo nel 1959, il primo disco mai uscito per la neonata etichetta R&B (8) di proprietà di un giovane inglese di nome Chris Blackwell e, con quel singolo (si trattava del doppio lato “A” Little Sheila/Boogie in My Bones), Aitken rimarrà la bellezza di 11 settimane (Lui ne ricordava almeno 14) primo in classifica. Come ha notato qualche commentatore un record anche per gli standard moderni. Incredibilmente, non chiedetemi perché, la band che accompagna Lorenzo in quell’occasione era costituita tutta da musicisti canadesi bianchi!
Il boogie piace ad Aitken che, ancor prima che Godfather of Ska è, in verità, l’unico ed incontrastato Padrino del Boogie giamaicano: il suo pezzo successivo, non a caso intitolato “Boogie Rock”, diventa infatti la prima canzone ad essere pubblicata con la neonata etichetta Blue Beat, un nome che sarà anche il primo con cui in Europa verrà identificato il boogie shuffle giamaicano, ben prima che si affermasse - e a parere di chi scrive, venisse anche solo inventato - il termine “ska”! (9)
La Blue Beat era un’etichetta sussidiaria della casa discografica inglese Melodisc di proprietà del famoso produttore Emille Shallett (l’ho trovato scritto anche “Shallit”) che, già da qualche anno, si interessava ai fenomeni musicali della Giamaica (10). Per un cultore di musica come Shallett, sicuramente in grado di comprendere le potenzialità del nuovo genere, l’entusiasmo fu tale da dedicare allo shuffle giamaicano l’apposita etichetta.
Per la Melodisc, pertanto, Aitken aveva indirettamente già lavorato visto che i diritti dei dischi di Tuari venivano dallo stesso ceduti a quella. A conferma di quanto detto poco sopra, il resto della musica caraibica veniva da tempo prodotta da Shallett con l’apposita etichetta Kalypso.
Il 1960 è l’anno di pubblicazione (la registrazione, con tutta probabilità avvenuta almeno un anno prima) di una delle tracce che io amo di più e che più spesso tornerà nella discografia più vicina a noi di del grande Maestro, parlo di “Judgment Day” che è un capolavoro di spiritual/calypso in cui Lorenzo era accompagnato dalla band di Ken Richards & His Harmonaisers ed in cui è ascoltabile un giovanissimo Rico Rodriguez. Senza nulla togliere all’indiscutibile fascino dell’originale, la versione di 35 anni più tardi con i giapponesi Ska Flames (11) le rende doverosa giustizia. Inoltre, secondo l’autore delle note del già citato “The Pioneer Of Jamaican Music”, è proprio l’ultimo pezzo registrato da Aitken prima della sua partenza per l’Inghilterra.
Rimanendo ancora un po’ in Giamaica è da segnalare che Aitken ebbe il tempo di lavorare anche per Clement Seymour “Coxsone/Mr Downbeat” Dodd per il quale, nel 1959, registra un’altra delle sue canzoni di maggior successo e che il Nostro ha riproposto spesso fino in tarda età quella “Bartender”che è un caldissimo R&B ancora divertente oggi come lo era nel 1959 quando veniva utilizzata a tutto spiano in forma di acetato nei sound system di Dodd e, dal 1961 in poi, quando venne realizzato per la vendita al pubblico in forma di 45 giri sulla prima etichetta di Coxsone “All Star”.
D) La partenza per l’Inghilterra nel 1960
Come tanti altri compatrioti prima di lui, Aitken sicuramente anche insoddisfatto del modo di operare dei “discografici” giamaicani, decide di andare a Londra a cercare fortuna.
All’arrivo di Aitken, la scena musicale “black” delle Indie Occidentali è, a ruota della madre patria, in pieno fermento e, in particolare, comincia a destare interesse nei giovani bianchi oltre che negli immigrati stessi i quali, sia detto per inciso, si erano già portati appresso la moda del sound system. Tra le prime canzoni registrate con la tostissima band del sax tenore Red Price, i Blue Beats e con i quali Aitken registrerà gran parte del materiale per la Blue Beat/Melodisc, sono da segnalare “Mash Potato Boogie”, “Mary Lee”, “Railroad Track” e “Going Back To Kansas City”. Con queste canzoni Aitken non si assicurerà nessun posto in classifica, ma serviranno senz’altro per consolidare grandemente la sua fama nel Vecchio Continente.
Da lì in poi, tra il 1961 e 1962, Aitken registra una lunga serie di shuffle, r&b, calypso, spiritual e ballate e, nonostante tra queste vi siano titoli belli come “You Got Me Rockin’”, “Back To New Orleans”, “Bouncing Woman”, “Whole Lotta Rock”, “Brother David” (una dei quelle che amo di più!) e “Sweet Jamaica”, nessuna riesce ad entrare nella classifica ufficiale pur venendo ballate praticamente ogni notte nei Club dove spopolava il Blue Beat.
E) The long hot summer 1963
Nell’estate del 1963 Aitken, per la prima volta da quando era partito, torna a Kingston e, riuniti attorno a sé alcuni dei musicisti che da lì a poco sarebbero diventati gli Skatalites (12) e che bene conoscevano Aitken fin dai primi shuffle, registra un’eccellente dozzina di ska tra cui brillano “Bad Minded Woman”, “Hometown”, “Fire”, “Mary”, “Lion of Judah” (data la tematica, tengo a precisare che proprio in quello stesso anno debuttavano i Wailers con “Simmer Down”) e “The Saint”. Di quella mitica sessione (durata meno di 48 ore ed eseguita praticamente senza prove) c’è solo da citare lo stesso Aitken “If you’re talking about Ska music, then that’s it!” (13).
E’ lo stesso Aitken nelle note di copertina della riedizione in cassetta della Roir di the Long Hot Summer a spiegare il proprio modus operandi: “I brought the tracks back to England myself and cut a whole lot of acetates. I gave the acetates to the sound systems for them to play ‘cos this is how you used to do that music. You get acetates and you give a copy to the biggest sound system in a certain area. People get to listen to it and, I it’s popular and people wants copies of it, then you press up the records and release it”. Le 12 tracce usciranno non per la Melodisc ma su etichette Rio e Black Swan.
F) Il ritorno in Inghilterra: Ska Rules!
Dal 1963 in poi, forse proprio per aver preso consapevolezza dal vivo dell’evoluzione che stava vivendo la sua musica nella terra d’origine, Aitken sembra leggermente allontanarsi dal primo “imprinting” della musica di New Orleans (che ha raggiunto, a parer di chi scrive, la massima espressione creativa proprio con le canzoni da ultimo citate), per approdare ad uno ska molto più “ruspante” strizzante l’occhio a quello che s’andava suonando a tutto spiano a Kingston. Ne è un ottimo, essenziale esempio, la raccolta “Godfather of Ska” uscita nel 1993 per la Gaz’s Rockin Records (14) e che contiene entusiasmanti Ska dai ritmi pompanti e potenti e dalle melodie che ti si appiccicano immediatamente al cervello. Le migliori? Senza dubbio “Shake”, “Jamboree” (15) “Rock Of Ages”, la scanzonata “Take Off Me Pyjamas”, la rotolante ska cover di “Coconut Woman” di Belafonte, “What a Weeping”, l’adorabile “I Don’t Want No More” e, insieme a “Mary Don’t You Weep”, “Bachelor Life”, “You Was Up” ed alle irresistibili “Green Banana” e “Lookin for My Baby” (16) sono senz’altro tra i migliori ska che siano stati prodotti e registrati in Inghilterra tra il 1964 ed il 1966 anzi: sono lo “Ska”. In molte delle canzoni citate la tastiera insistente e saltellante dovrebbe essere quella di Sonny Binns (17) mentre alla tromba si staglia un trombettista di cui Aitken si ricordava solo fosse bianco ma che sembra aver preso lezioni di stile direttamente da Baba Brooks!
Sul finire del 1966 esce il primo album di Aitken intitolato opportunamente “Ska With Laurel” con l’etichetta RIO ed in cui sono raccolti la maggior parte dei brani sopra citati. L’album è tra i più ricercati e rari della discografia di Aitken.
G) Rocksteady Craze
Con l’inizio del rocksteady, Aitken si trova a lavorare fianco a fianco con Siggy Jackson, già braccio destro del citato Shallett ed anch’esso produttore, con cui il Nostro si troverà a produrre per la neonata Columbia Blue Beat alcuni dei migliori rocksteady, early reggae e ska inglesi. Il meglio della collaborazione tra i due, che va dal 1967 al 1968, è fortunatamente per noi appassionati raccolto nelle due compilation intitolate “The Blue Beat Ska and Reggae Revolution” Vol.1 e Vol. 2 (18) che, con un totale di 36 tra canzoni e strumentali (di cui undici accreditano come autore direttamente Aitken), danno un buon esempio di quanto fosse in evoluzione (ed in ebollizione) in quel periodo la musica giamaicana a Londra e di come Aitken fosse all’avanguardia con dei sound estremamente diversi da quelli dello stesso periodo in Giamaica.
Mischiati a ritmi ska, a veri e propri rocksteady e a primissimi reggae ci sono il limbo, il soul/r&b, il funk ed il pop. La “all stars band” degli Invaders, formata da Aitken, Rico Rodriguez, il trombettista Eddie Thornton e l’immancabile Sonny Binns è formidabile, ascoltare “Soul Of The Jungle” e “Blue Rhythm” per credere. Ma si possono apprezzare anche le canzoni scritte da Aitken per i Pyramids (dopo la trasformazione da the Bees e prima che si trasformassero in Symarip (19)) tra cui “Prisoner from Alcatraz” e la primissima versione di “Jasse James Rides Again” e quelle interpretate da lui stesso come la notevole love song “I Need You” e “I’m Still In Love With You Girl” (che non è cover dell’omonimo pezzo di Alton Ellis). Sempre del medesimo periodo (e dalle stesse compile!), non si possono non citare la versione “slow ska” di Aitken di “Blowing in the Wind” di Bob Dylan e la calda e fumosa “Rock Steady” con un Padrino in piena forma al piano. Il fatto che tra i lavori prodotti da Aitken e Jackson ci siano anche dei capolavori come lo ska soul intitolato “Witchcraft Man” dei Blue Rivers & the Maroons, il potentissimo strumentale ska più che opportunamente intitolato “the Ska is the Limit” (che per il sottoscritto è uno degli ska più belli in assoluto e mi rammarico di non essere in grado di identificare il pallutissimo sassosfonista) e l’omologo “Hippy Ska”, non può che confermare anche la statura di Aitken in veste di Produttore oltre che come Artista.
Grazie alla copia di un articolo che fa riferimento proprio a tale periodo, riprodotta nel retro copertina della raccolta “Rise and Fall” the Legendary Godfather Of Ska Vol.1, (Unicorn Records, 1989), apprendiamo che la EMI, stimolata da successi la cui eco si era sentita anche in Europa, come 007, Train To Skaville, Guns Of Navarone, Al Capone, era intenzionata a produrre la propria serie di blue beat sotto l’etichetta Columbia. L’articolo è veramente interessante perché viene attribuito a Siggy Jackson l’aver coniato il termine Blue Beat e vengono indicate le prime 2 uscite della nuova serie: una è “Do the Rocksteady” che nelle compilation citate appare come “Rocksteady” e l’altra è proprio “Jesse James” accreditata ai The Bees, effettivamente il primo nome utilizzato dai Pyramids! Che “Rocksteady” sia lo stesso pezzo di cui parla l’articolo emerge dalla descrizione che ne dà proprio Aitken, cito: “This “Rock Stady” is a kind of slowed-down Ska” (ed il pezzo in effetti è uno Ska rallentato) ed aggiunge: “In every club I work it’s now the Rock Steady Sound”. Era il 1967. L’articolo, inoltre, è interessantissimo perché svela alcune curiosità. Scopriamo, per esempio, che Aitken con il 45 “Marylee” vendette una cosa come 90.000 copie; che era fan dei Beatles e di Cilla Black; che era nato il 25 aprile (il giorno è giusto) del 1930 (!); ma, soprattutto, che in Inghilterra lui c’era andato per migliorare le sue abilità musicali e che per quella ragione era iscritto e frequentava regolarmente il Goldsmith College of Music a Londra. Il mitico Padrino aveva quaranta anni ed era all’apice delle sua carriera.
H) The High Priest of Reggae, Woppi King e gli skinheads
Doctor Bird, Nu Beat e New Beat sono le etichette per le quali usciranno i successivi 45 giri di Aitken, per la maggior parte poi raccolti nei tre album “Fire” per Dr Bird nel 1968, “The High Priest Of Reggae” per la Pama nel 1969 e, nel medesimo anno in edizione Pama Economy, “Scandal in a Brixton Market”. Nomi di sicuro fascino per varie generazioni di skinheads, ma soprattutto per la prima, quella del 1969.
L’elenco delle canzoni indimenticabili che ci ha lasciato Laurel Aitken potrebbe esser lungo, mi limito a dire che tra Woppi King, Shoo Bee Doo, Fire in My Wire, Gimme Back Mi Dollar, Jesse James (nuova versione!), Landlords and Tennants, Heile Heile, Big Fight In Hell Stadium, Reggae 69, Reggae Pop Corn (tra i primi funky reggae!), Donkey Man, Rise and Fall e Pussy Price, non saprei cosa scegliere, ma posso sicuramente garantire che sono tra i migliori esempi di un reggae (indicato spesso anche come skinhead-reggae proprio per l’ampio seguito garantito dal culto giovanile) particolarmente pulsante, spesso “crudo” e percussivo, fatto esclusivamente per ballare e per divertirsi.
Ed Aitken, quanto a divertimento, era in grado di spargerne con estrema semplicità, basti pensare agli incredibili personaggi che ha pennellato nelle sue canzoni…cosa dire di quel Benwood Dick (the man with the long long long long long coocoomackastick!)?, o dell’infernale Woppi King (che fa il suo sound system per le anime dannate)? O dei rasta di Heile Heile? Che dire, ancora, di Jesse James? E del “lamento” per l’incremento dei prezzi delle prestazioni sessuali in Pussy Price? Che dire, infine, del tipo che torna a casa dal lavoro e chiede allo sconosciuto di restituirgli il pigiama perché ha sonno e vuole infilarsi nel proprio letto che incontriamo nello ska di qualche anno prima “Take Off Me Pyjamas”? (20).
Buona parte di tali capolavori fatti di ritmi insistenti, dove spesso prevale la parlata gergale nello stile talking caro, ancor prima che ad Aitken a Prince Buster, sono riascoltabili su ottime raccolte come “Woppi King” della Trybute (1997) e la notevole “The Pama Years” dell Grover del 1998. Musica essenziale per chi pretende oggi di parlare di “Reggae” con un minimo di consapevolezza!
Un divertimento continuo, totale quello che si trova nelle canzoni di Aitken in ogni suo pezzo fin dagli esordi. L’ho detto a proposito dello shuffle intitolato “Bartender”, ma è valido per ska degli anni 60 come “Jamboree” (la descrizione dei personaggi che partecipa al jumbie jamboree è veramente incredibile), come per i brani più recenti tra cui, a proposito di testi divertenti, cito volentieri “Rudy Got Married” dell’1980 e “Sally Brown” del 1986.
Sinceramente, quanto a ritmi rotolanti, saltellanti, insistenti, non c’era nessuno a quell’epoca che potesse stare al passo con Aitken, forse neppure Freddy Notes and the Rudies e, comunque, non certo altri interpreti del genere giamaicano che pur in quel periodo s’erano moltiplicati (18).
Ai concerti di Aitken nell’arco di pochi anni vanno prima i mods, poi, gli skinheads e per questi ultimi scriverà in quegli anni “Skinhead Train”, “Apollo 12” e “Reggae 69”. Aitken non smetterà di dichiarare il suo affetto alle giovani teste rasaste (sempre onnipresenti ai suoi concerti) neppure in tarda età visto che “Skinhead” e la stessa “Rudy Got Married” sono rispettivamente del 1989 e del 1980. Sempre nel 1969 Lorenzo registra alcune tracce in uno stile più DJ sotto lo pseudonimo di Tiger e la sua “Guilty” verrà ripresa dagli UB40 tra le cover del loro famoso album “Labour Of Love”.
Eccetto tale parentesi, tra il 1969 ed il 1972/73 Aitken è sicuramente il più celebrato cantante di culto degli skin. Nelle note di copertina di Rise and Fall, scritte da Geroge Marshall si può leggere che Laurel era l’ospite fisso del famoso Ram Jam Club in Brixton. Inoltre, sarà proprio lui a far venire a Londra Prince Buster a suonare.
Aitken è attivissimo per tutti gli anni ’70, ed affronta le diverse tendenze del reggae con grande capacità sfornando canzoni come “Who’s Taking You Home” (è uno dei capolavori del Nostro, un rocksteady dal ritmo serrato con Aitken in grande forma a cantare una delle sue più belle canzoni d’amore), nel 1971 su etichetta Trojan esce un’altra canzone romantica tutta da skancheggiare “It’s Too Late”, nel 1972 registra il pop ska “Pretty Face” (cover di un brano di tale Mac Pherson) e il bel reggae “Come Back To My Lonely World” per la Emi.
A questo punto, dischi di Aitken ne escono sempre meno, nel 1975 esce il 45 “Baby Baby”, cantato in duetto con tale Eva Maria, nel 1977, a suo dire esclusivamente per proprio divertimento, registra la divertentissima, ipnotica “Witchdoctor From Amsterdam” (che solo nel 1989 verrà pubblicata per la prima volta). Tra il 1978 ed il 1979 è impegnato con l’etichetta Black Fantasy insieme a tale DJ Prince Fibie nella produzione di alcuni singoli tra cui una nuova “extended version” di “Fire in Me Wire” ed una cover del pop reggae “Kingston Town”. Aitken, che non ha mai avuto paura delle sperimentazioni si dedica anche alla musica funky disco con quell’etichetta come testimonia il 45 doppio lato A “The beat is On the Street”/ “Miss Supercool”. Del 1979 è anche la sua versione di Rasta Man Power che verrà pubblicata per la prima volta solo 10 anni più tardi.
I) Lo Ska Two Tone
Insieme a Desmond Dekker e Rico Rodriguez (che si ritroverà oltre che col Nostro anche con gli Specials) Laurel Aitken è l’unico artista dello ska delle origini a “battere il ferro quando è caldo” e non può che farlo nella sua originale, spiritosissima maniera: quando nell’estate del 1979 spopola “A Message To You Rudy” degli Specials, Aitken aspetta i primi mesi del 1980 per uscire con il suo nuovo 45 giri per la Arista records, “Rudy Gor Married” con cui Aitken pone fine alla carriera del Rude Boy per eccellenza facendolo sposare, ovviamente in divisa Ska!
Per quanto incredibile possa sembrare, quel pezzo sarà il primo ed unico pezzo di Aitken che entrerà nella classifica ufficiale inglese. Raggiunse il 40esimo posto.
Non otterrà il successo che avranno Madness, Specials e Bad Manners ma Aitken, oltre a fare un tour di 20 date come “spalla” dei Secret Affaire accompagnato dagli scomparsi the Ruts, grazie al nuovo successo si ristabilisce come “icona” vivente di un culto (quello mods/skin/ska/early reggae) che si rinvigorirà parecchio negli anni successivi come dimostrerà ampiamente la sua abbondante discografia successiva.
L) Sally Brown, i Potato 5, la Unicorn Records e la “Third Wave of Ska”
Se lo Ska di cui i cosiddetti gruppi Two Tone sparirà nell’arco dei tre anni successivi, quello tradizionale, suonato da Rico Rodriguez per la stessa Two Tone nell’album “That Man Is Forward” sembra invece contagiare. L’idea di rilanciare il “vero” Ska stuzzica Gaz Mayall, figlio del famoso blues man elettrico inglese John, musicista lui stesso e leader del gruppo ska tradizionale/celtico The Trojans nonché collezionista e DJ di ska/soul/r&B. Quando, nel 1985, conosce i Potato Five, gruppo dedito a suonare ska strumentale tipo Skatalites, in collaborazione col cantante pianista Floyd Lloyd, registra il secondo disco di ska tradizionale dell’epoca moderna “Ska Explosion” (il primo essendo il citato “That Man Is Forward” di Rico) e, in una seconda sessione, tra il 6 ed il 9 febbraio 1986, registra anche 4 nuove tracce di Aitken (di cui Gaz è sempre stato ammiratore e collezionista) che verranno pubblicate poco tempo dopo, insieme a quelle dei Potato 5 di “Ska Explosion” nell’album “Floyd Lloyd & the Potato 5 Meet laurel Aitken”. Le canzoni di quella session sono “Sally Brown”, “Mad About You”, “Sahara” e “Long Time (Watching You)” in formato “extended version”. Sono veramente alcune delle migliori canzoni scritte da Aitken, il quale sembra non aver perso alcuno smalto ed anzi sembra essere rimasto intatto, vocalmente e creativamente, nello ska che gli era tipico nella metà degli anni 60. “Sally Brown”, chi la conosce e la ama lo sa, è il top dello ska con fiati in levare su cui Aitken si lancia in un azzeccattissimo motivo che, ineluttabilmente, s’incolla alle sinapsi e non ti molla più. Ad ogni concerto è stata una delle canzoni che dal 1986 in poi Aitken non ha mai mancato di suonare. Il successo della canzone (almeno, nel circuito underground europeo) fu tale ed immediato che “Sally Brown” è diventata subito un cavallo di battaglia dei Bad Manners che, attivi anche loro in quegli anni di vera e propria penuria di ska, la proposero sui palchi di mezza Europa per buona parte della fine degli anni 80 e l’inizio dei 90. Tanto che alcuni pensarono si trattasse di un loro pezzo, soprattutto dopo averla ascoltata nell’album del 1989 “The Return Of The Ugly”.
Nel 1988 Aitken, a seguito della collaborazione con i Potato 5 viene invitato a registrare con loro l’album “True Fact”. Questo album fu un progetto eseguito con l’intenzione di portarsi all’attenzione di quel grande pubblico che, all’epoca come oggi, si faceva di musica da classifica. I Potato Five probabilmente pensarono che si poteva fare un misto di disco music, un po’ funky, e un po’ hip hop, in salsa levare ma sta di fatto che il risultato è freddo, veramente “plastificato”. Aitken non ha in realtà problemi, lui, come al solito, è del tutto a suo agio e riesce a proporre comunque cose che a me piacciono come “Dial M (For Murder)” che di quel disco è comunque una buona traccia o l’assurda “Heman vs Skeletor”, in vero stile Aitken (almeno, vocale!).
A quanto mi è dato sapere True Fact, con numero MASH001, sarà l’unico LP ad uscire con etichetta Rackit!
In barba al poco successo di critica e pubblico di True Fact, nel corso dell’anno successivo vengono pubblicati dalla Unicorn Records il singolo nuovo di zecca “Skinhead”/ “Everybody Ska” (22), oltre alle tre raccolte di materiale vintage The Legendary Godfather Of Ska Vol.1, 2 e 3, oltre ad un nuovissimo mini album intitolato “Sally Brown” e contenete una diversa versione suonata dalla sua backing band di Leicester Pressure Tenants, altre 2 nuove tracce e “Since You Went Away” del 1979; ma non è finita, sempre nel 1989 esce il doppio album live del secondo Ska Fest di Londra organizzato dalla Unicorn Records con una traccia di Aitken dal vivo (Rudy Got Married) ed il quarto lato completamente dedicato ad un’intervista al Padrino(23), ed ancora esce sempre nel 1989, questa volta per la Staccato records (sussidiaria dedicata allo ska della più famosa etichetta underground Link Records) il mini album live “Mad About Ska” in cui El Cubano è accompagnato (non in maniera impeccabile, ad essere sinceri!) dal gruppo Two Tone The Loafers e, dulcis in fundo, esce l’album della band tedesca dei Busters “Couch Potatos” contenente altre due nuovissime tracce “Boogie With The Bartender” e “She Was My Girl”. Infine, esce pure la videocassetta del live con i Loafers, ed il doppio album live di Aitken e Derrick Morgan al Gaz’s Rockin’ Blues.
Aitken, all’età di 61 anni, è alla testa della cosiddetta terza ondata dello Ska. Lui diventa automaticamente il “link” vivente tra un vero e proprio “movimento” ad estensione mondiale ed in piena espansione - fatto oltre che di skinheads, mods e rude boys, di tantissimi giovani più semplicemente appassionati di un ritmo, di un sound unico ed inimitabile - e le radici stesse, la fonte originale di quello stesso ritmo, di quell’inimitabile sound! Dall’89 in poi Aitken farà il pienone in ogni locale del mondo in cui suonerà. Sono gli anni in cui in Giamaica il reggae digitale degli anni Ottanta si è trasformato in raggamuffin, poi, più semplicemente “ragga”. Ma anche gli anni in cui (probabilmente a mio parere anche grazie all’esempio di Aitken) torneranno a suonare stabilmente gli Skatalites.
A questo punto, Aitken, sembra un ragazzino in piena crisi ormonale, scrive decine di nuovi pezzi, produce gruppi, registra nuovi album e suona a tutto spiano in quasi tutte le nazioni europee, Stati Uniti, Australia e Giappone.
M) Gli sfolgoranti anni novanta e l’inizio del nuovo millennio
Nel 1990 esce la compilation “culto” della “terza ondata ska” la famosa raccolta “Max the Dog Says…Do the Ska!” in cui, insieme al top dello Ska di quel periodo (Maroon Town, Judge Dread, Natural Rhythm, Let’s Go Bowling, Mark Foggo, Latenotes, Allsorts ed altri 16), l’unico brano di un artista delle origini, è la sua “Jesse James” del 1969! A conferma del ruolo unanimemente accreditatogli dall’ambiente “ska”.
Gli anni 90, però, non iniziano benissimo per il Grande Padre della musica Ska, nonostante l’uscita del suo primo album dagli anni 70 ovvero l’ottimo “Ringo the Gringo” (in cui è accompagnato dai citati Pressure Tenants) e del nuovo mini album “Eskapade in France” in cui Aitken si destreggia a cantare le sue “I Love You Yes I Do” e “Hey Little Girl” in francese, infatti il 1990 sarà anche l’anno in cui l’anziano artista scoprirà che per tutto il materiale uscito per la Unicorn, compreso quello da ultimo citato, non avrebbe preso neppure un cent! La Unicorn, infatti, fallì quell’anno (e sempre che non mi ricordi male) per bancarotta fraudolenta ed il titolare sparì senza pagare nessuno dei gruppi che gli avevano ceduto i diritti di utilizzo dei brani (tra cui anche i Casinò Royale e gli altri italiani usciti con la Unicorn, Spy Eye e Downtowners, gli australiani Latenotes e Just Kiddin, i Donkey Show americani, gli stessi Potato Five ed i Mr Review olandesi per nominarne solo alcuni). La Unicorn chiudeva i battenti ma la terza ondata dello Ska proseguiva senza trovare ostacoli anche grazie ad etichette come la Pork Pie tedesca e la Moon Records di New York.
Nonostante la vera e propria truffa, dei dischi della Unicorn c’è da dire che erano comunque ben distribuiti in tutta Europa e, almeno, Aitken ottenne sicuramente un allargamento a macchia d’olio della propria fama di Leggendario Padrino dello Ska in tantissimi paesi, (Italia per prima!) in cui il suo nome non diceva assolutamente nulla a nessuno che non fosse rigorosamente del giro “Ska”. (Ricordo che agli inizi degli anni ‘90 anche gli appassionati di reggae non sapevano nulla di Aitken!)
Nel 1991 il Nostro è alle prese con la produzione del disco “Guaqui Taneke” del gruppo spagnolo dei Malarians, giunti a Leicester appositamente per registrare, ed al quale partecipa anche con un pezzo “Nobody Talks To You”.
Quando nei primi novanta Aitken prende ad allargare sempre di più i suoi tour, ovunque vada e come già detto, fa il tutto esaurito, sia che si tratti del più fetido centro sociale o squat, sia che si tratti del più fighetta locale della città. I un crescendo di impegni che porteranno Aitken ineluttabilmente a dover registrare nuovamente come gli chiedevano le sue migliaia di fan in tutto il mondo: nel 1995 esce per la Grover Records (ormai già stabilita realtà discografica) il bellissimo “The Story So Far” un album con alcuni dei migliori pezzi della sua già lunghissima carriera in cui, ormai vicino ai 70, si cimenta nuovamente con una super band con Gary Cosby al contrabbasso. A seguito dell’uscita dell’album e per promozione dello stesso, Aitken affronta un super tour che lo porta anche a Milano dove, nel famoso locale Magazzini Generali, tenne uno dei suoi migliori concerti fatti in città. Sempre nel 1995 esce “Damn Good”, l’album del decennale della ska band giapponese degli Ska Flames (unica band all’epoca mai venuta in Europa a suonare) che contiene altre 5 canzoni che un fan di Aitken - o chiunque ami la buona musica - non può farsi mancare di conoscere (vedi nota n. 11). Sempre nel 1995 partecipa con due pezzi cantati in spagnolo alla raccolta “Latin Ska 100% Vol.1” della Moon Records. Uno è una versione molto dance del classico “Perfidia” (che il Padrino riproporrà in versione strettamente ska 4 ani più tardi con gli Skarlatines) ed il “martello” semi parlato “Bamboleo Ska”.
Nel 1997, poi, esce la raccolta “Woppi King” di cui ho già parlato sopra ed Aitken è, inoltre, uno degli artisti che partecipano alla storica compilation “Ska Island” voluta dall’etichetta per festeggiare 40 anni di ska. Aitken propone il suo pezzo “Rudy Girl” accompagnato dai Freetown.
Nel frattempo Aitken si organizza anche i tour da solo, grazie alle molte conoscenze e ad una fama veramente illustre, recluta (o sono gli stessi gruppi ad offrirsi) band con cui fare vari tour europei. Per dire, dal 1995 in poi Aitken ha suonato a Milano o nei dintorni almeno 8 volte. In Italia gli hanno fatto da backing band i Franziska, i Radici nel cemento, i Ramiccia e, da ultimi e senza dubbio tra i migliori, i Cookoomackastick di Ferrara. La metodologia era più o meno la stessa, accordi, invio da parte del Godfather di cassetta con la skaletta del tour, prove del gruppo per i fatti propri, prova con Aitken magari il giorno prima del primo concerto, dritte di Aitken su come suonare (nei casi più disperati!) et voilà, partiva il tour. Stare dietro ad Aitken, soprattutto in alcuni casi in cui i musicisti non erano veramente ultra professional, non era cosa facile, bisognava guardarlo attentamente perché spesso faceva allungare la durata del brano se piaceva particolarmente al pubblico e decideva lui quando chiudere, e spesso improvvisava. In tutto ciò non ho mai sentito, e non mi risulta sia mai successo, che Aitken abbia saltato una strofa.
Tra il 1998 (anno dello Ska Splash del 1998 al Container di Milano durante il quale avrò modo di intervistarlo e di passarci tutta la giornata) ed il 2002 escono ben 7 dischi con la Grover records in un’apposita serie dedicata al Padrino e nell’ambito della quale vengono riproposte le canzoni di cui alle tre raccolte Unicorn oltre al materiale pubblicato da Gaz Mayall.
Nel 1999, oltre ad un paio di ottimi singoli , Aitken mette a frutto la collaborazione con gli spagnoli Skarlatines e registra “En Espanol” il suo primo ed unico album tutto nella sua lingua madre con grandi classici della musica di ogni tempo rivisti dal nostro (tra cui La Paloma, Quizas Quizas e Perfidia) oltre alle nuove versioni di “Sahara”, “Médico Brujo” (la stupenda Witchdoctor from Amsterdam!) e “Auge Y Caida” (Rise and Fall). Sempre nel 1999 esce la raccolta “the Pioneer Of Jamaican Music” alla quale tanto si deve anche per le notizie bibliografiche su Aitken che avete letto in questa biografia.
Nel 2000 escono due nuovissimi album: uno, sempre Grover, è il celebratissimo “Jamboree” con i dotatissimi Court Jester’s Crew come backing band (“We People” di Mayfield e la nuovissima “Fulfillment” sono eccezionali) e l’altro è “the Clash of the Ska Titans: The Skatalites Vs Laurel Aitken” uscito solo per la Moon Ska Europe in cui gli Skatalites accompagnano il Nostro per la prima volta da quasi 40 anni. Aitken canta in maniera eccellente, tra le altre, “Come Down” e “In the Mood For Ska” (già “cavalli di battaglia” di Lord Talamo) oltre che la sua cover di “Same Old Song” ed il potente reggae, di sua composizione, “Summertime in the Ghetto”. In quel disco si possono ascoltare in un nuovo e sontuoso arrangiamento “Rude Boys Dream” (presente pure in “Jamboree”!), “Bad Minded Woman” e “It’s Too Late”.
N) Gli ultimi lavori e concerti
Il 27 gennaio 2001 Aitken registra quello che a suo dire (io convengo) è il suo più bel live che verrà pubblicato l’anno seguente col nome “Live at Club Ska” per la Trojan ed esce anche un altro CD singolo con gli Skarlatines spagnoli, si tratta di “Tic Tac”/”Ana Maria”, la prima un divertentissimo rock’n’roll/ska e la seconda uno ska/r&b.
L’ultimo dei suoi innumerevoli tour, sarà quello italiano del 2003 insieme ai citati Cookoomackastick. Tornato in Inghilterra, si ammalerà per una doppia polmonite così debilitante che il Maestro dello Ska resterà per parecchi giorni tra la vita e la morte, era il 17 dicembre del 2003. Un po’ ovunque nel mondo vengono organizzati concerti tributo per raccogliere fondi per le spese mediche, la moglie Sandra testimonia che le arrivarono centinaia di biglietti di auguri sa tutto il mondo. Ma il Padrino aveva una scorza d’acciaio e riesce a riprendersi, seppur debilitato.
Nonostante la pesante malattia che gli ha minato irrimediabilmente anche il cuore, Aitken si, tra la fine del 2004 e gli inizi del 2005, vuole a tutti i costi mandare avanti il progetto con i Cookoomackastick (che si concretizzerà negli ultimi sei brani da lui cantati in studio) e quello in essere con la spagnola Liquidator records di Toni Face, cioè la pubblicazione di una raccolta di 11 brani che erano rimasti “nei cassetti” di Aitken e che non erano mai stati pubblicati prima . La raccolta uscirà con l’adeguato titolo “Superstar” solamente nell’autunno del 2005.
Di “Superstar” devo dire subito che raccoglie musica registrata tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli ’80 tra cui spiccano alcune tracce che avrebbero potuto essere dei successi underground come altre hit di Aitken, parlo di “Gloria”, di “Down in Africa” e della martellante “Who Sey”. Nel novembre 2005, infine, esce il DVD con estratti da varie date del tour con i Cookoomackastick (documento notevole) ed il singolo “You’ve Got What It Takes” e “That’s How Strong” che preannuncia l’uscita dei quello che sarà veramente l’ultimo album di Lorenzo Antonio Aitken.
Grazie ancora, mitico Godfather of Ska, per tutta la divertentissima, spassosa e gioiosa musica che ci hai lasciato e che, tu lo sai già, continuerà a contagiare nuove generazioni di fan.
Sergio “Da Prophet” Rallo
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