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Hepcat


Sono le due e mezza di notte, il Caffè Blue si è ormai svuotato quasi del tutto, e alcuni si dirigono verso l’uscita, che è sgombra. Altri, più tenaci, chiacchierano e ridono animatamente vicino al banco, mentre una ragazza dai capelli artificialmente rossi serve loro della birra con gesti stanchi. Il momento è ideale per uno scambio di battute con la band: nessun fan invadente, né ragazzine urlanti che intralcino il calmo colloquio riguardo una comune passione, la musica giamaicana.
Mercoledì 14 gennaio 1998 i californiani Hepcat sono sbarcati in Italia, per un tour che prevede tappe a Bologna, Firenze, Venezia, Milano. La prima data è stata fissata al Caffè Blue, ai Docks Dora, da un paio di anni il centro nevralgico (qui sono concentrati moltissimi locali notturni) delle nuove notti torinesi (un po’ in calo i celebri Murazzi, stabile il Barrumba, mentre si attende Hiroshima, con nuova sede in un ex asilo).
Il concerto è ovviamente stato fantastico (molto meglio di quello del 13 luglio ‘96 al Babylonia di Biella), e gli Hepcat hanno infiammato la platea con i brani tratti dai tre dischi realizzati: Il titolo dell’ultimo è "Right on time", ed è stato inciso per la loro etichetta, la Hellcat, che si appoggia alla più nota Epitaph.
Importante che anche a Torino inizi di nuovo a muoversi qualcosa dal punto di vista dei concerti. Due anni fa Hiroshima ha dovuto chiudere, continuando però insieme al Folk Club e ad altri la sua attività durante l’estate con la manifestazione "Pellerossa" (un ottimo successo, e sponsorizzata dal Comune di Torino). In questi due anni nessuno si è fatto avanti di prepotenza per prendere il suo posto, e ora che la mancanza di una seria attività live inizia a farsi sentire, ecco che qua e là è possibile assistere a qualche bel concerto Ska anche nella città della Mole.
Tornando agli Hepcat, l’occasione per l’intervista è capitata dopo il concerto, quando ormai erano sul pullman, e di lì a poco sarebbero partiti. In compagnia di Zen, un celebre avventore del Caffè Blue, sono iniziate le domande, magari non troppo originali, ma ormai di rito.

 
 

Perché avete scelto proprio la musica Ska?

Dopo un attimo di interdizione, Kinkaid Smith, il trombettista, risponde: Suoniamo Ska perché ci piace. Tutto è cominciato quasi per caso. Intorno all’89-’90 andavamo spesso a sentire delle serate Ska, Rocksteady, Reggae, e ci divertivamo molto. Andare a ballare è stato il primo passo, iniziare a suonare è venuto subito dopo. "Nigel" è stato il nostro primo 7", e poi abbiamo realizzato "Out of nowhere".

Il vostro è un hobby, o un lavoro vero e proprio?

Siamo tutti dei professionisti, il nostro lavoro ci piace, ci diverte, ci fa vivere. Cosa dovremmo fare? Nessuno di noi vorrebbe fare altro. Non abbiamo scelta. Certo è che i soldi non sono mai molti. Nonostante questo, avere un pubblico di fronte come quello di stasera è veramente esaltante.


Di cosa trattano i testi delle vostre canzoni?

Non è che ci sia un tema, o temi privilegiati. Le nostre canzoni nascono dalla vita di tutti i giorni, soprattutto dal rapporto con le persone, le relazioni quotidiane che comunemente si instaurano ovunque si vada. È evidente che ciò di cui parliamo ci deve aver particolarmente colpiti, altrimenti non ne parleremmo.

Come iniziate a comporre? Di chi è l’iniziativa?

Più o meno le proposte vengono un po’ da tutti, perché ognuno di noi è in genere abbastanza creativo. Il fatto che ci sia una proposta non è detto però che la si debba accettare per forza, anche se solitamente succede. Ciò che conta negli Hepcat è che né la band prevale sul singolo musicista, né ci sono primedonne. Tutti sono sullo stesso piano, una situazione che si realizza grazie alla collaborazione, alla partecipazione di ognuno. La sezione più importante è quella ritmica (batteria, chitarra, tastiera, basso), perché è il motore, la dinamo. Tutti i musicisti sono consapevoli che il loro apporto è unico, ma questa unicità è contemporaneamente uno stare insieme, un condividere, mettere in comune la vita e la musica.




 

Sito Internet: www.iration.com/hepcat

Gennaio 1998

a cura di Tomaskarini





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