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SkabadiP sente la necessità di premettere alla rubrica un avviso per
tutti, gruppi e pubblico in genere. Fino ad oggi, per nostra scelta, abbiamo sempre evitato
di recensire lavori che, pur essendo sempre frutto di sudore ed entusiasmo di chi vi ha
partecipato, abbiamo ritenuto essere "sotto la media". La "media" di
cui si parla è riferita a (quasi) tutta la musica di 40 anni di Ska, quindi, non poco; ma avendo
oggi deciso che forse, è meglio per i gruppi avere una non lusinghiera recensione che non averne
affatto (comunque si parla del prodotto che ognuno è liberissimo d'ascoltarsi per proprio
conto) urge puntualizzare "inna diplomatic stylee" quanto segue. Le recensioni
vanno sempre lette con quel beneficio del dubbio derivante dall'essere nient'altro che un
personale giudizio di chi poi le sottoscrive. Non siamo e non vogliamo essere il metro
di misura della validità di un gruppo, è sempre il pubblico che deve giudicare; semmai, senza
false modestie, il nostro si può considerare, almeno per la musica Ska, un giudizio
"qualificato" e come tale cercherà di essere, come pensiamo sia stato fin qui, sempre
costruttivo, uno sprone per ogni gruppo a fare sempre meglio e a conoscere di più questa
fantastica musica. Detto questo, decisi a recensire su queste pagine tutto ciò che i
gruppi (li ringraziamo tutti per la solerzia con cui ci fanno sempre pervenire le loro
registrazioni) avranno l'accortezza o la sfrontatezza di mandarci. Non si pretenda una buona
recensione ad uno sfigatissimo disco "HEAVY-GOTHIC-DEATH-
PORNO-HORROR-METAL-XFILES-CELTIC-NEWAGE-NOISE-TECHNO-PROGRESSIVE-HIPHOP-
INDUSTRIAL-HARDCORE-OI!-PUNK-PEDOSATAN"
- Ska. Non è il nostro stile.
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ULTIME RECENSIONI
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Laurel Aitken & The Cookoomackastick - "The N°1 Hits"
(CD Album - Soulove Records - Italia, 2007)
Una delle recensioni che mi ha fatto più piacere scrivere per il nuovo SkabadiP fu proprio quella del doppio singolo e del DVD di Laurel Aitken con i Cookoomackastick. Chi fosse interessato ai dettagli può tranquillamente andare a rileggersi quella recensione, così si ripassa anche un breve (e credo efficace) riassunto dei meriti del Godfather.
A distanza di due anni da quell’uscita, ecco l’album completo. O, meglio, incompleto.
E, già, perché le 10 canzoni dell’originale progetto avrebbero dovute essere cantate tutte da Aitken che, come è noto, le aveva scelte tra un numero di canzoni scelte dagli stessi Cookoo e, come è altrettanto noto, non poterono essere cantate tutte a causa della ricaduta e del decesso del Nostro, avvenuto il 17 luglio 2005.
Il materiale registrato era buono, costituito da She’s Gone To Napoli (un originale brano del Padrino degli anni ’60 mai riproposto prima), That’s How Strong My Love Is , Too Weak To Fight, You’ve Got What It akes, Pregherò (si, ragazzi, Aitken ha cantato in italiano!) e My Way. Buono ma troppo poco per farne un long playing.
Così, in nome sia di una affettuosa amicizia, sia di una passione convinta per la musica più bella del mondo e sia in qualità di rispettosi fan dell’anziano cantante cuba giamaicano, i Cookoomakastick, due amici del Padrino del calibro di Winston Francis e A.J. Franklin ed una schiera di musicisti ospiti (ne ho contati addirittura tredici!) hanno portato a termine lo stesso “The N.° 1 Hits”, i cui proventi andranno alla moglie di Aitken Sandra.
Quelle non cantate da Aitken sono quattro ( “Jamaica” di Ben E.King, “Zion City” e “It’s Too Late” di Aitken e la stupenda “Pain In My Heart”) e sono magnificamente interpretate da Winston Francis e A.J. Franklin. Canzoni veramente da non perdere. Gli altri due brani, che portano a 12 le tracce presenti nell’album, sono la versione “unplugged” di My Way (quella che fu fatta ascoltare nell’occasione del funerale di Aitken) e la versione strumentale (anche questa molto bella) di “You’ve Got What It takes”.
Quelle che ha cantato direttamente il Padrino dello Ska con grande sofferenza, profondo pathos ed una volontà irremovibile, sono una testimonianza grandiosa di una vera icona di un intero genere musicale.
Due sono quelle già pubblicate col singolo di due anni fa (alla cui recensione rinvio) e quattro sono le tracce che potevano essere ascoltate prima solo nelle fasi di prove, registrazione e dal vivo col DVD “The Very Last Concert and Studio Recordings” che fa pure parte (in una edizione diversa rispetto alla prima uscita) di questo cofanetto e che merita di essere visto per farsi un’idea di come fosse il Padrino dello Ska “dietro le quinte”.
In perfetto stile Aitken “She’s Gone To Napoli” è, delle chicche la più notevole (grande l’intervento del mandolino) e se il Nostro fosse vissuto qualche altro anno sarebbe sicuramente diventata una delle più gettonate ai suoi concerti alla stessa stregua di Mad About You o Sally Brown. Divertimento puro.
“Too Weak To Fight” è la versione in levare di un soul che il Maestro interpreta con grande espressività. “Pregherò”, come accennato sopra, è cantata in italiano e fa una certa impressione in effetti, sentire per la prima volta una registrazione del Padrino nella nostra lingua; più chicca di così per un appassionato come il sottoscritto, non si poteva chiedere.
Infine, c’è la struggente versione, completa di accompagnamento, di una classico come “My Way”, che Aitken ha tenuto a cantare nonostante i limiti impostigli dalla malattia alla quale il vecchio Highpriest of Reggae non s’è voluto arrendere fino alla fine lasciandoci così, oltre che una commuovente testimonianza artistica anche una forte testimonianza di umana volontà.
Un sincero plauso va, poi, ai bravissimi Cookoomackastick che (oltre ad aver lavorato a proprie spese e senza fine di lucro) hanno fatto il meglio quanto ad arrangiamenti, assoli, cori, atmosfera e sound garantendo, ancora e per l’ultima volta , a Laurel Aitken un accompagnamento coi fiocchi.
I fan di tutto il mondo del caro vecchio Lorenzo Antonio Aitken, ringraziano.
Sergio Rallo
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Ska-J - "Adesso Eh!"
(CD Album - Artevox - Italia, 2007)
Dopo il ciclone “Pitura Freska” l’acqua alta abbandona Piazza San Marco lasciandosi dietro “un par de peoci” rispondenti al nome di Marco Forieri e di U-ge che nei primi anni 2000 si uniscono al nasello Federico Nalesso, al calamaro Luca Toso, al gamberetto Tommaso Viola, al polpo Cristiano Pastrello, allo scorfano Sandro Caparelli ed infine alla sirena Ilenya De Vito per una gustosa zuppa di pesce……….in salsa Giamaicana.
Infatti, questi simpatici abitanti della laguna veneziana si armano di strumenti musicali e si tuffano nel ritmo in levare, dopo un paio di dischi ed innumerevoli concerti escono con il loro ultimo lavoro su cd dal titolo “Adesso Eh!
Quindi mettiamoci a tavola e cominciamo a degustare le loro creazioni.
L’antipasto comincia con il cus-cus “Afro Ska” servito su di un letto ska con guarnizioni swing-jazz disquisendo sul problema dei migranti del terzo millennio, ricetta molto “Freska”la nostra seconda portata, “Vivo Con Amore” ricorda molto la ricetta veneziana della scuola “Pitura”.
Il terzo brano “Yeah, Yeah” ci porta sulle spiagge di Brighton negli anni delle battaglie tra Mod e Rockers per gustarci un tradizionale Fish & Chips, molti sono i cuochi che si sono misurati con questa leccornia, ma il più famoso è lo chef Georgie Fame che nei tardi anni ‘60 lo elencava nel suo menu con il nome di “Yeh, Yeh”, qui l’ingrediente principale è la voce della sirena Ilenia De Vito. Dalla cucina tradizionale inglese a quella giamaicana il passo è breve, il piatto “Viva Gina” è una grigliata mista carne pesce per prepararci al Sunsplash.
Spaghetti al sapore di mare è la ricetta storica italiana tramandataci dal lontano 1965 da Bruno Martino, scritta dal califfo della cucina romanesca Franco Califano “E La Chiamano Estate” è un piatto per tutte le stagioni specie se cosparso da una manciata di quel prezzemolo che è la voce di Ilenya. Se prima la ricetta di un cuoco era re-interpretata da una cuoca, ora succede il contrario con chef Forieri che si cimenta nella preparazione di uno dei più classici piatti giamaicani “You Don’t Love Me (no no no)” della regina dei fornelli Dawn Penn, esecuzione perfetta anche grazie allo zampino del trombone di Nalesso e del prezzemolo di Ilenya.
Il sorbetto jazz di “Night Wind” ci rilassa e ci prepara lo stomaco per le prossime portate. Partiamo con i secondi e “Allarme Beige” è uno strumentale che ci fa conoscere tutti i membri della scuola alberghiera “Ska-J” che con i loro assoli fanno di questa ricetta una gran ricetta.
“Muffa” non è un nome molto invitante per un manicaretto comunque è una di quelle specialità veneziane che i nostri confezionano seguendo i dettami dei loro predecessori Pitura Freska. La Ricetta di “Dicembre” è un bollito misto di coppia.
Dessert un po’ inconsueto visto che l’ingrediente principale è il “Papero”, convincente a livello musicale, ma un po’ meno per quanto riguarda il testo.
Chi ha detto che troppi cuochi rovinano il brodo forse non ha mai avuto a che fare con gli Ska-J che amalgamando Ska, Jazz, Reggae riescono a portare in tavola piatti sia italiani che stranieri di grande qualità.
Ascoltate questo cd e se non vi riempirà la pancia almeno vi riempirà le gambe di voglia di ballare.
Come digestivo la notizia che questo disco sarà stampato anche sul caro vecchio vinile e che le etichette e le copertine saranno dipinte dai due artisti veneziani Serena Nono e Daniele Bianchi ispirati dagli undici brani del lavoro degli Ska-J, quindi undici copertine diverse, come si dice adesso…….collezionateli tutti.
Massimo Boraso
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Stiliti - "A denti stretti"
(CD Album - One Step Records - Italia, 2007)
Quattro album dal 1999 al 2007 non sono tantissimi, ma evidentemente gli Stiliti preferiscono non lasciare niente d’intentato ed infatti i risultati sono dischi sempre ben riusciti e piacevoli all’ascolto. “A denti stretti” non fa eccezione, e lasciate alle spalle le sperimentazioni tecnologiche del precedente “Videogames”, si torna al buon vecchio ska con evidenti influenze rock che ha sempre caratterizzato il loro sound.
Si parte subito a bomba con “La mia parte peggiore”, che a dispetto del titolo è una delle tracce migliori, e dove la prepotenza della chitarra ben si alterna alla dolce voce del controcanto di Maya Giglio; fiati e ritmi che ricordano i Balcani in “Nella mia terra”, che racconta proprio di un immigrato che viene dall’Est costretto a combattere contro pregiudizi e povertà.
Molto belle anche la cover di “Lacio drom” e “La libertà”: la prima è molto ballabile e non sfigura affatto con l’originale dei Litfiba, la seconda è una perla impreziosita dal violino di Davide Vergnano, e la vedrei molto bene ad un concerto del 1° maggio; ad inframezzare queste due tracce troviamo “La freccia” e “La forte voglia che ho di te”, musicalmente valide ma che peccano un po’ nel testo troppo romantico, che credo si accompagni non sempre bene con questo genere di sonorità.
Le atmosfere rilassanti di “Non esiste età” ci portano a fare la conoscenza di “Lucyenne”, donna sognante dalle abitudini ambigue ; davvero completa e molto gradevole la canzone, e con un ritornello dove trombe e sax si fondono alla perfezione: è un buon esempio di come dovrebbe essere lo ska.
“Le mie conoscenze” invece trova un bell’accostamento tra ritornello ska e strofe di rock bello tosto, e su quest’onda si chiude l’album con “Tu non ci sei”, più moderata nei toni della precedente, ma con le stesse alternanze tra i due generi che caratterizzano gli Stiliti.
Dunque gli 8 piemontesi non tradiscono le aspettative e si confermano uno dei gruppi migliori dello ska italiano degli ultimi 10 anni, con uno stile rock-ska decisamente orecchiabile e con la voce di Paolo Morello sempre inappuntabile e testi quasi sempre adatti, che spaziano dalle tematiche sociali a quelle esistenziali con molta proprietà e senza cadere nel banale.
Marco Morandi
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VV.AA - "Skankin’ Europe"
(CD Album - Alcohooliganska Records - Bulgaria, 2007)
Quest’anno il campionato europeo di Ska si svolge in Bulgaria, organizzato dalla Alcohooliganska Records capitanata dal prode Stefan che dopo eliminatorie, quarti di finale e semifinali ha convocato diciannove squadre da tutta l’Europa.
Le compagini che scenderanno in campo sono:
• Agua Calientes e The Skalls per l’Italia
• Soweto, Contratempo, Delighters e Catiu Ska per la Spagna
• Spawn, Groover e De Skatjes per l’Olanda
• Babylove & The Van Dangos per la Danimarca
• Skambiance per il Belgio
• Package e Zubro’ Ska per la Francia
• Dreadvibes per la Germania
• Stiff Breeze, Ska’ n’ Ska, Skavers e USCB Allstars per la Svezia
• The Stopouts per l’Inghilterra
I primi a scendere in campo sono gli italici Agua Calientes con “Fuori Controllo”, modulo veloce e squadra mista con fraseggi tra voce femminile e voce maschile, seguiti dagli spagnoli Soweto con “Love Me Forever” che attuano uno schema piu’ lento e traditional così come i conterranei Contratempo di “Skinhead Revolt a.k.a Sixties” che adottano una tecnica piu sullo Skinhead reggae. Altro team ispanico e stessa velocità di gioco con schemi Traditional per i Delighters con “Hypnotic”, la velocità aumenta con gli arancioni Spawn dall’Olanda che adottano anche loro la squadra mista per “Teenage Monogamy”, attacco tutto al femminile quello degli olandesi Groover di “Lucky Bastard” ed un ritmo di gioco abbastanza veloce.
Schema di gioco sud americano per i danesi Babylove & The Van Dangos di “Jump N Swing N Sway” su modulo salsa, i belgi Skambiance con “Ska Mystic” giocano in notturna con uno strumentale dall’atmosfera tetra e con cambi di ritmo che velocizzano l’azione, partenza veloce per i galletti d’oltralpe Package con “Le Droit Le Citè” che abbassano ed alzano il ritmo di gioco stando attenti ai colpi di testa e mettendo in campo anche la pantera rosa. Solida tattica teutonica su modulo Two Tone messa in campo dai tedeschi Dreadvibes per “Perfect Smile”, gli svedesi Stiff Breeze con “Wonderman” giocano la loro onesta partita mantenendo un ritmo non molto sostenuto con qualche accelerazione qua e là.
Gli azzurri scendono di nuovo in campo grazie agli Skalls di “Drain Away” che con un inizio lento e veloci ripartenze lungo la fascia cercano di fare loro il risultato, la squadra svedese degli Ska’ n’ Ska con “Ya Basta” si candida per un gemellaggio con i tifosi del Livorno visto il testo del loro inno sociale, gioco lento ed abbastanza ipnotico per gli inglesi Stopouts di “All Change”. Ancora modulo traditional per gli svedesi Skavers con “Devil In Me”, sempre svedesi gli USCB Allstars di “Let’s Keep It On Maybe” che attuano uno schema piu’ ritmato del traditional, simile tattica è adottata anche dai francesi Zubro’ Ska di “Sombre Realitè” con bei passaggi tra tromba e chitarra.
Squadra skattante quella degli olandesi De skatjes con “Samurai Master” con inizio funky e supporto dei cori dei suoi ultras, chiudono gli spagnoli Catiu Ska con “L’Olor De La Festa” in perfetto stile Latin ska.
Dopo la presentazione delle squadre la giornata si chiude con la bonus track “Skastrumental” della durata di ben 10,37 minuti ed inno di questi campionati europei di ska.
Al contrario dei vari europei o mondiali di calcio qui gli arbitri siete voi e potete decidere la nazione vincitrice quindi, palla al centro e pedalare in levare per far vincere lo ska che da piu’ di quarant’anni unisce le persone anziché dividerle per il colore di una maglia.
Massimo Boraso
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Winston Francis & The Cookoomackastick - "Peace Love & Harmony"
(CD Album - Soulove Records - Italia, 2007)
Winston Francis e i Cookoomakastick: il primo, oltre che essere una “leggenda” del Rocksteady e del Reggae anni ‘60, è senz’altro una delle più belle voci soul della Giamaica nonché una delle più espressive voci nere oggi in circolazione; i secondi, oltre che una delle più belle realtà nel panorama musicale italiano in cui si distinguono come una specie di the Commitments in versione rocksteady e ska, sono la band che in Italia meglio ha saputo coniugare la più prestigiosa tradizione Soul degli Stati Uniti con la migliore scuola giamaicana in fatto di ritmi e melodie.
Con un’accoppiata così, signori miei, cosa volete che vi dica di un doppio lavoro (CD e DVD) come l’album “Peace Love & Harmony?
Per deludermi si sarebbero dovuti impegnare tutti contro la loro stessa natura. Per soddisfarmi appieno, Mr. Fix It, Winston, avrebbe dovuto cantare qualcosa di meglio di quello che ci ha lasciato negli anni ’60, mentre i Cookoomakastick avrebbero dovuto farmi ascoltare qualcosa di meglio del loro eccellente, caldo e coinvolgente album “Rocksteady Vibration” uscito e da me recensito in toni entusiastici nel 2002.
Ebbene, “Peace Love & Harmony” mi ha soddisfatto al 100%!
Una lunga gestazione (le registrazioni sia della musica che dei filmati sono state effettuate tra il 2003 e il 2005), e tantissimo lavoro - effettuato in particolare da Marci Lee e Dj Afghan, supportati in sala di registrazione da gente che sa fare, oltre che bella musica, anche spettacolo, come il coinvolgente Ale “Soulman”, le mitiche coriste Fenci, Paola e Chiara, ed il cuore pulsante della band formato dal basso e dalla batteria di Simone e Gardo - hanno portato ad un album eccellente, di grande spessore, sia per le tracce scelte (tra le tante Tracks Of My Tears, Rain From The Sky, It’s All in the Game – stupenda! -, Now I Know – wow! -, Stand By Me e l’ottima Swing & Dine – qui Winston duetta con un altro grandissimo cantante del calibro A.J. Franklin, già parte dei the Chosen Few e chi si intende di rocksteady sa di chi parlo), sia per come le stesse sono state reinterpretate e riproposte al pubblico del 21esimo secolo.
Belli gli arrangiamenti, il sound generale dell’album, i guizzi funky e gli accompagnamenti dei fiati: un grande afflato Soul scorre dai musicisti al cantante e viceversa, e più si ascoltano i brani, più l’impressione si fa viva e la musica, il ritmo, la passione e la stupenda voce di Winston Francis che caratterizzano “Peace Love & Harmony”, ti convincono di avere a che fare con un lavoro da dieci con lode. Senza tempo, come certi classici, e sicuramente uno dei migliori lavori del genere mai usciti in Italia. Memorabili - oserei dire “da brividi” - sono, infatti, Sunny, Suspicious Minds, Mr Fix It (meglio dell’originale!) e Turn Your Lamp Down (chi meglio di Winston Francis avrebbe potuto confrontarsi con Jackie Opel?).
Ad un album così fa compagnia, in un elegante cofanetto cartonato, il godibile DVD che racconta con musica e filmati i retroscena della registrazione del disco e della collaborazione coi ferraresi ed in cui sono inserite interessantissime interviste con alcuni amici di Winston Francis, ognuno di loro legato al mondo della musica (chi vedo là? Pure Dennis Al Capone?!), da cui apprendiamo aneddoti sull’Artista e la lusinghiera stima che circonda Winston Francis nell’ambiente. Poi si ascoltano le sue performance vocali, il suo tono limpido e potente e le sue interpretazioni di canzoni come le citate Sunny, Turn Your Lamp Down, Red Rose – mamma! - e come I Think You’ve Got Your Fools Mixed Up e la bellissima Ten Time Sweeter Than You, sapientemente scelte tra tantissime altre gemme della musica soul (americana, giamaicana, che differenza c’è?), e si capisce il perché di tanta, giustificata ammirazione. Che diventa anche quella dell’ascoltatore.
E mentre come sigle di trasmissioni, di spot pubblicitari, intermezzi durante spettacoli vari si sente sempre più spesso reggae e ska da quattro soldi, è veramente un piacere ascoltare un cantante eccezionale come Winston Francis ed una band come i Cookoomakastick dare a questa musica il giusto spessore con una delle più riuscite collaborazioni internazionali che hanno visto la luce in Italia.
Peace Love & Harmony a tutti voi, cari Soul Brothers!
Sergio Rallo
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Bang! Boogaloo - "Sister Sue"
(EP - Grover Records - Germania, 2007)
La band Bang!Boogaloo è formata da membri degli apprezzatissimi (almeno qui a SkabadiP) Court Jester's Crew ma per questo "Sister Sue" l'ispirazione non è più quella dello ska e del reggae di gran classe che ha caraterizzato il loro precedente lavoro ma tutta l'abbondante cultura musicale afro americana del Son cubano e della Guajira-Son oltre che del Soul e del Funk (questi ultmi generi già radicati e presenti nei CJC).
Il miscuglio - ed ecco la ragione del nome della band - si chiama appunto Boogaloo e spopolava durante i cosidetti swingin'sixties. Insomma, variazioni sul tema che rimane, comunque, quello della musica caraibica.
Un esempio più che brillante del genere sopra descritto lo forniscono, quindi, i Bang!Boogaloo con la divertente "Sister Sue" e le altre due tracce agitate "Karlking City Boogaloo" e "Cave Canem" di questo 45 giri in vinile che preannuncia l'uscita del relativo long playing.
Senz'altro indicato per chi ama tutta la musica latina con buona certezza che piaccia di più agli appassionati di ska jazz e tradizionale piuttosto che ai fan dello ska più veloce e meno articolato.
Sergio Rallo
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Maci's Mobile - "Commercial Weed"
(CD Album - P&C BZ Records - Italia, 2006)
Maci's Mobile è un gruppo bellunese con già una certa esperienza (il nucleo del gruppo si costituisce nel 2000) ed un proprio sound lucido e moderno.
Commercial Weed è un album d'esordio che, come spesso è accaduto su SkabadiP (ma io sono sempre un pò di parte!), non posso far altro che definire come valido e convincente.
D'altronde ne basta un primo superficiale ascolto per cogliere le intenzioni internazionali della band che, fin dalle prime tracce, si impegna in reggae tra roots "Mount Zion" e rockers "Ammore", reggae fine anni '70 come la notevole "Peace" e raggamuffin (con tipica cantilena che non sentivo dalla fine degli anni 80) nell'omonima traccia, il tutto per la maggior parte cantato in solo inglese o misto con un pò di italiano in linea con una tendenza che negli ultimi anni viene sempre più seguita.
Maci's Mobile, quando potrebbero dare l'impressione di essere stati "inquadrati" come un altro degli ormai tanti (e bravi) gruppi reggae italiani, sfornano come quinta traccia un divertente ska che echeggia nel ritornello lo stile di Desmond Dekker ed è intitolato "Warining" che, non a caso, diventa subito la mia traccia preferita dell'album.
Ai Maci's Mobile piacciono, comunque, i reggae/roots di fine anni '70 con chitarra distorta sul fondo e l'influenza pregnante di sonorità dub come rivela la traccia intitolata "Meditation" la cui rilassatezza viene spazzata via dal successivo "combat ragga" intitolato "New Year" oggetto anche di video accluso nel CD.
Un altro buono ska dal titolo "Round Round" precede "Repeating History" un brano a metà tra ska e reggae ipnotico. Confermano gli intenti della band nel ricercare "varianti" sonore la bella "Jah Man" che è a metà tra dance hall, ragga e ska in uno stile che ricorda Buju Banton e "Hello Him" che ricorda molto da vicino il roots meditativo e profondo alla Burning Spear.
Due diverse versions di "Peace" e "Hello Him" concludono un buon disco reggae che dovrebbe trovare sicura accoglienza nei gusti degli appassionati dato che Maci's Mobile hanno buone idee, un bravo cantante ed una positiva energia che emerge in questo loro album d'esordio Commercial Weed.
Sergio Rallo
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Mark Foggo's Skasters - "You Shot Me"
(CD Album - Skanky Lil Records - Olanda, 2005)
Mark Foggo, e chi segue le recensioni di SkabadiP lo sa, è dal sottoscritto ritenuto uno dei più divertenti, non convezionali, "sconvolti" rappresentati dello Ska moderno.
Da solo o con i suoi Skasters è stato in grado negli ultmi miei vent'anni di allietare feste, giornate uggiose, viaggi noiosi con brani come "Two Legs", "Dolly", "My Little Girl", "Bumpy Airlines", "Why did I Buy a Moskovich?", "Couldn't Play Ska", "Ace of Spades" e "Knife man Jack", musica che sono solito definire vera adrenalina ska.
Anche con quest'ultimo album, di cui ho occassione di scrivere con usuale ritardo, Mark non si smentisce e propone una sfilza di dodici ska agitati e caratterizzati da ritmi e ritornelli martellanti dall'impatto decisamente rock.
"Doobeedoo", "Dead beat", Wedding Day Blues" (una delle più "tranquille"), "Chuck No Luck" (la più bella dell'album con la sua atmosfera un pò alla Dire Straits!), "Wedding Day Blues" e "Foolin'" possono far stortare il naso ai puristi del tradizionale o dello ska jazz ma nessuno ne potrà mai negare l'esaltante effetto che fanno di buttarti in una specie di giostra, veloce e sfiancante tipo quella del punk ma sicuramente meno dolorosa per le orecchie. Tutte rientrano tra quelle che ho gradito di più e che valgono l'acquisto del disco.
E, a proposito di punk (meglio: punk rock), influssi pesanti se ne percepiscono in "The Lottery" (dove Mark prende per i fondelli la smania sempre più in voga per le lotterie), "Living On Alcohol", oltre che nella già citata "Doobeedoo" e non si tratta di ammiccamenti ai gusti dei più giovani ma, più semplicemente, di una costante della musica di Mark Foggo fin dal 1980.
Nonostante l'indiscutibile modernità dei suoni, però, la tradizione cui i MF's Skasters si richiamano è pur sempre giamaicana, come emerge e si apprezza in "Marijuana" uno ska tranquillo e rilassante con pure passaggio dub e nella bella "Skank It up", con i classici "peps" dello ska giamaicano."You Can't Drive" è la più rock dell'album e "Switch Off The TV", ultimo brano di You Shot Me, è la più divertente per le parole.
"You Shot Me" è in continuità creativa e melodica con i precedenti album di Mark e non potrà non trovare l'apprezzamento dei suoi fan di lungo corso o non attrarre nuove generazioni di "aficionados".
E' Ska, ragazzi. Ska.
Sergio Rallo
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Rico with Soulfood International - "A Message To You Rudy"
(Singolo - Grover Records - Germania, 2007)
EP con tre tracce di cui la title track la casso immediatamente perché, da un lato, è trita e ritrita come non mai, perché preferisco ascoltare Rico suonare il trombone piuttosto che sentirlo cantare e, dall'altro, perché le due tracce del lato B, due strumentali, sono molto più attraenti, significative ed apprezzabili.
Rastaman Shuffle (con nuova melodia di Rico su una ritmica già propria dei Court Jester's Crew che formano la spina dorsale dei Soulfood International e che dal vivo hanno fatto da backin' band per Rico in parecchi dei più recenti tour) e l'altrettanto bella "You Can Count On Me" un ottimo rocksteady/reggae che verrà apprezzato anche dai patiti di reggae originale.
Grandi come sempre i Soulfood International negli arrangiamenti in generale e in quello dei fiati in particolare.
Un assaggio nell'impaziente attesa di un nuovo album di Rico accompagnato dagli eclettici Soulfood International.
Sergio Rallo
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The Skatalites - "In Orbit Vol.1 (from Argentina)"
(LP - Grover Records - Germania, 2006)
Registrato durante i due concerti tenutisi a Buenos Aires, davanti ad un numerosissimo pubblico adorante, il 23 e il 24 settembre 2005, "In Orbit Vol 1" è un abbondante doppio album che ricorda per dimensioni e lunghezza delle esecuzioni il famoso "Streching Out " registrato a Kingston nel 1983, presenti tutti gli originali Skatalites salvo il già defunto Don Drummond.
Sul palco, però, questa volta, degli originali Skatalites ci sono solo Lester Sterling, Lloyd Knibb e la stupenda Doreen Shaffer a causa dell'uscita rumorosa del contrabbassista Brevette dalla formazione per gravi incomprensioni con gli altri membri pochi mesi prima del tour. L'ultima registrazione della coppia ritmica più famosa dei caraibi resta, quindi, l'album "In Paris".
Il più che valido sostituto è Val Douglas che già aveva partecipato nelle registrazioni dei dischi degli Skatalites usciti con l'etichetta Sanachie e che è più famoso per essere un quotato bassista delle session giamaicane fin dalla sua partecipazione alla registrazione dell'epocale album degli Abyssinians "Satta Massagana" nel 1976.
In realtà la formazione è ancora più modificata degli ultimi live a cui ho potuto assistere, considerato che non c'è più neppure Cedric Im Brooks definitivamente sostituito da un'altra vecchia conoscenza degli Skatalites fin dagli anni ' 60, ovvero Karl "Cannonball" Bryan e, sempre tra coloro che avevano partecipato a registrazioni degli originali Skatalites c'è anche Vincent Gordon al trombone. Stabili nella formazione fin dagli anni '90 restano il bravissimo chitarrista Devon James e l'altrettando bravo Ken Stewart alle tastiere.
Ovviamente, trattandosi del primo concerto in assoluto degli Skatalites in Argentina, la playlist è la più gettonata, costituita di molti dei più noti successi della band e da molti dei brani che non hanno mai mancato di essere suonati ai loro concerti: Freedom Sounds, James Bond, Eastern Standard Time, El Pussycat, Guns Of Navarone, Rockfort Rock, Musical Communion, Latin Goes Ska, Ball Of Fire e Phoenix City. Le tracce più brevi sono i cantati di Doreen Shaffer: Sugar Sugar, Adorable You, Can't You See e You're Wondering Now che, tutti insieme, superano i quindici minuti di durata; tutti gli strumentali durano, invece, non meno di 5 minuti per raggiungere il massimo con i 7 minuti e 30 di Freedom Sound e gli 8 minuti 42 del medley Real Rock/Rockfort Rock.
Ovviamente, chi non apprezza le divagazioni puramente jazz insite in tali durate ha già capito che "In Orbit Vol1" non è il disco per lui, mentre chi, al contrario, ama gli Skatalites in tutte le loro forme, apprezza il jazz ed è, pur conoscendo a menadito le tracce, curioso di ascoltare se la rinnovata formazione vale le precedenti, trarrà motivi di soddisfazione dato che io stesso che di Skatalites (soprattutto moderni) potrei aver già fatto un'overdose, devo giudicare questo doppio live molto bene ed anche se a qualcuno sembrerà una bestemmia, preferisco il tocco di Douglas piuttosto che quello di Brevette.
Per i neofiti, i patiti di jazz e per i sinceri appassionati con spirito collezionistico.
Sergio Rallo
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The Caroloregians - "Organic Coal Beat From The Groovy Mines"
(CD Album - Grover Records - Germania, 2006)
La nuova formazione belga dei Croloregians esordisce per la Grover con il bell'album dal lungo titolo che leggete qui sopra con cui offre un ottimo esempio di "reggae original".
Pochi fiati (sax e trombone qua e là), solo strumentali di vero "groovy" reggae e "heavy" rocksteady dagli influssi soul/funk per 16 tracce, questo e quel che troverete in "Organic Coal Beat From The Groovy Mines".
Non so quante migliaia di persone in tutto il mondo conoscono e si appassionano agli strumentali del periodo 1968/1972 di studio band come Dynamites, Crystalites, Upsetters, Jets, Caribbeats, Rudies e via dicendo, certo non raggiungiamo cifre a sei zeri, sennò, la musica in classifica sarebbe evidentemente diversa ed è per questo che "Organic Coal Beat From The Groovy Mines" mi piace due volte. Una volta, perché è un disco fatto da intenditori per intenditori. Con buone chances di piacere anche di più ad un appassionato di soul/r&b e funk che ad un patito di ska veloce e solare; un'altra volta, perché si sente che è suonato da bravi musicisti appassionati per le dinamiche, i ritmi, lo spirito, la percussività e financo per il colore di certa musica inventata dai grandi maestri giamaicani.
Almeno, questo ho pensato all'ascolto delle prime tre tracce: "It's So Coal", "Super Bikini" con tema di sax e l'intrigante "Working Class Stomp".
Abbondante ma mai "pesante" il lavoro dell'ottimo tastierista. Eccellente la chitarra reggae ed il batterista dalla spinta possente. Tracce brevi, come da tradizione.
Pezzi favoriti al primo ascolto: "Pit's Monster", "Groovy Mines" (dal riffino di tastiera vermante 60s'), "Slag Haep Serenade" (un reggae questa volta inizio 70, in cui i Caroloregians sembrano veramente i Dynamites!) e "Mars in Hell" (il più "funkettoso" e "contratto" di tutti, da sballo nonostante i soli due minuti di durata).
"Organic Coal Beat From The Groovy Mines", da "intenditore", l'ho veramente gradito.
Sergio Rallo
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Jim Murple Memorial - "Five’n’Yellow"
(CD Album - Pias Recordings - Francia, 2005)
Jim Murple Memorial è una delle migliori band “ska” francesi. Ska, tra virgolettte, perché JMM si occupano con passione di r&b giamaicano originale ed un po’ di tutte le sue possibili derivazioni fin dal 1998, anno del loro primo album.
Tre album, un quadruplo cd e qualche singolo dopo, JMM sembrano avere sempre le idee molto chiare su cosa e come suonare. Lo dimostra molto bene - ed io me ne compiaccio - “Five’n’Yellow”, ultimo loro lavoro che si dipana in 13 tracce tra caldi rocksteady, reggae original, brillanti ska pieni di energia, funky/soul, r&b, calypso e mento. Musica sana, brillante, ispirata dai migliori generi che un essere umano possa ascoltare, è quella suonata, con gran gusto, dai JMM anche in questo cd.
Tra i brani migliori di Five’n’Yellow annovero un fantastico mento in francese dal titolo “Qui Que L’On Soit”, l’eccitante ed “avvolgente” soul/r&b “Give Me Your Love”, lo strumentale ska dalle atmosfere e suoni "perfetti" intitolato “Careless Love”, lo ska in stile “Giamaica 1962”, “You Used To Say”, lo stupendo swing/r&b “Dream’s Land” e la versione ska di un classico reso famoso dal leggendario Louis Jordan dal titolo “Baby It’s Cold Outside”.
Se la musica nera degli anni 40/50/60 vi piace in maniera viscerale, dei Jim Murale Memorial vi potrà interessare, non solo questo loro ultimissimo album ma, anche, tutta la loro discografia passata.
Ascoltare per credere.
Sergio Rallo
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Patchanka Soledada - "La più bella del mondo"
(EP - La Casa - Italia, 2007)
Recitava lo spot: -Cosa vuoi di più dalla vita?- -Un Lucano!-
Qui di lucani ne troviamo addirittura 8, tutt’altro che amari. Già presenti da tempo sulla scena musicale con varie performance su palcoscenici in giro per lo Stivale, escono ora allo scoperto col loro primo EP, che preannuncia l’uscita dell’album vero e proprio in programma per il prossimo autunno con etichetta La Casa.
Già dal nome si può intuire lo spirito del gruppo: Patchanka (genere musicale che ingloba un miscuglio di suoni, lingue, tradizioni, ecc. coniato dai Mano Negra) soledada (sole + wadada, che nella Giamaica del “No problem” significa “Pace e amore”); in apertura dell’EP troviamo 2 versioni di “La più bella del mondo” (di cui la seconda radio edit, priva dell’introduzione con tromba e piano), canzone del ’57 di Marino Marini che sicuramente avrete già sentito in almeno una delle sue innumerevoli cover, dalle forti tonalità ska-reggae-rock-steady e molto orecchiabile. Segue “Quello che vuoi”, dove fiati e tastiere smentiscono una piccola introduzione che sa di musica elettronica, comunque gradevole, che tornerà nel finale; in ”One step” troviamo la rude voce di Mariano “Hobo” Caiano, già cantante dell’Orchestra Italiana di Renzo Arbore, ad accompagnare i soliti ritmi reggae, mentre l’EP si chiude con “Fratello Dub”, bel brano strumentale mixato da Madaski.
Le intenzioni degli 8 di Matera sono buone, e anche se 4 canzoni (che ad onor del vero possono risultare poco “patchanka”) sono troppo poche per esprimere un giudizio, basta ricordare le loro passate partecipazioni a festival come ArezzoWave e Positive Vibration per capire che hanno i numeri per proseguire lungo una buona strada nel loro genere.
Marco Morandi
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VA - "Studio One Soul Vol. 2 The Original"
(CD Compilation - Soul Jazz Records - UK, 2006)
L'etichetta inglese Soul Jazz Records fin dal 1998, quando mise in commercio l'azzeccatissima compilation 100%Dynamite!(SJR CD40 1998), ha concretamente partecipato, a mio personale modo di vedere, a diffondere anche in certi ambienti "modaioli" di oggi la potenza dei ritmi dello ska e del reggae "original". (A certa gente non sembrava vero di ascoltare qualcosa di coinvolgente ed avvincente come "Give Rasta Glory" di Cedric Im Brooks!)
E' un fatto che dal 1998 in poi, molti DJ quotati a Londra come nel resto d'Europa e, con loro, una pletora di colleghi meno famosi, hanno immancabilmente inserito tra le loro selections brani tratti da 100% Daynamite! così come da tutti i capitoli successivi negli anni seguenti.
Grazie, infatti, ad un buon contratto con il vecchio Seymour Dodd, la Soul Jazz Records ha continuato a sfornare raccolte di notevole qualità (non sempre, però, basti pensare alla deludente "Hustle! Reggae Disco Kingston London New York"del 2002!), tra le quali, oltre a 100%, meritano una citazione le varie raccolte monotematiche "Studio One Funk", "S.O. Scorcher", "S.O. Soul", "S.O. Dub", Jackie Mittoo and The Soul Brothers "Last Train To Skaville" e "Impact!" quest'ultimo CD uscito sulla "succursale" Universal Sound. In quest'ultima, giusto per dispensare consigli gli appassionati sinceri di Reggae e Rocksteady sopraffini, sono raccolte rarità provenienti invece che da Studio One dagli studi di Randy's (al secolo Vincent ed il figlio Clive Chin) e che fa il paio (sempre per dar dritte) con un'altra eccellente raccolta uscita nel 1997 per la Pressure Sounds intitolata Randy's 17 Noth Parade.
Rarità e versioni particolari ovunque è quello che si trova in tutte le citate compilation.
Idem per questo secondo volume di Studio One Soul, incentrato su cover di brani resi famosi da gente come Curtis Mayfield (il più "coverato" con ben cinque canzoni a lui attribuite!), Marvin Gaye e Sly Johnson, cantati e strumentali.
Tracce come "Compared To What", del cantante americano Jerry Jones (che registrò pure un album negli studi di Brentford Rd. ed io lo apprendo dalle note di copertina), versione rocksteady tirato di "un classico del Soul Jazz americano" (sempre per citare le note) o come la rilassante "Land Call Africa", del a me sconosciuto batterista (nella fattispecie anche cantante) rispondente la nome di Anthony Cleary, e strumentali mai ascoltati prima come il notevole "Fancy Pants" (di Gaye) nella versione offerta da Jackie Mittoo, faranno godere gli appassionati.
Mittoo (oltre che presente in un buon numero di brani come tastierista "di ruolo" e nell'inflazionata ma stupenda "Swing Easy" dei Soul Vendors) lo si può ascoltare esibirsi nel suo inconfondibile fraseggio in altre due tracce a lui direttamente accreditate: la bellissima "Jumping Jehosophat" e "Choice Of Music part 2", la versione dub della cover di Mayfield "Choice Of Colours" cantata dagli Heptones nella bellissima traccia che la precede. Ascoltare Mittoo vale sempre la pena. Parola.
Le citate non sono le uniche chicche che raccoglie S.O. Soul vol 2. Ci sono anche un convincente Jacob Miller che canta una canzone di Dennis Brown su ritmi "da Dennis Brown" primi anni '70 (lo stile dell'accompagnamento è quello dei Soul Syndicate), una bravissima Hortense Ellis in una ottima versione di "Pople Make the World Go Round" dall'accompagnamento di tastiera e chitarra che definirei elettrizzanti, un delicatissimo Horace Andy con la coinvolgente "Ain't No Sunshine" (sempre giro di tastiera intrigante) ed un poker di veri Soul Men rappresentato da Cornell Campbell, Tony Gregory, Winston Francis e Ken Boothe tutti da non perdere per chi ama il bel canto nero.
Soul, Funk, Jazz, Reggae e Blue Beat: una miscela esplosiva racchiusa in S.O. Soul Vol 2.
Sergio Rallo
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VA - "Studio One Scorchers Vol. 2 Instrumentals"
(CD Album - Soul Jazz Records - UK, 2006)
Il potentissimo ritmo di "Dick Tracy" degli Skatalites, illuminato dai soli di Alphonso, Moore e Don Drummond (tutti brevi e boppeggianti), apre l'ascolto del secondo volume dedicato agli "instrumentals"confezionato dall'inglese Soul Jazz Records.
E' il primo degli unici due ska della raccolta, e il suo esuberante ritmo viene "smorzato" dal lento rocksteady (ma è già un reggae a tutti gli effetti) attribuito ai Soul Vendors e intitolato "Frozen Soul". Già noto agli esperti del ramo.
Più circolare di quest'ultima è "Joe Grazer" del buon Vin Gordon, che si esibisce in un suo tipico fraseggio lungo e rilassato su un ritmo nato per accompagnare la voce di Winston Rodney (aka Burning Spear) .
Il trombonista lascia spazio al tastierista/melodicista dei Soul Defenders, Pablove Black che dà prova del suo stile del tutto differente da Mittoo in "Black Wax".
Dopo quello di McCook, nessun sax è più rilassato, rilassante e meditativo di quello di Cedric Im Brooks. Spero che chi lo abbia visto sul palco come Skatalites se ne sia accorto. Su un ritmo intrigante e sensuale, infatti, si snoda la melodia offerta dall'espressivo sassofonista nella traccia intitolata "Father Forgive Him".
La seconda traccia di Pablove Black è un dub, intitolato "High Locks" non particolarmente esasperato negli effetti, dove lo si ascolta al suo primo strumento e cioè la melodica.
Rimanendo nel "ristretto" ambito dei grandi strumentisti che hanno prestato la loro opera per la Studio One negli anni gloriosi dal 1965 ai primi '70 poteva mancare Roland Alphonso? No di certo e la traccia scelta è la poco conosciuta "Nimble Foot Ska" (già ripubblicata in 45 da S.O. e sulla valida raccolta dell'americana Heart Beat "Ska Bonanza" del 1991) la cui furiosa potenza, insieme al notevole e tagliente assolo di Drummond, non mancherà di esaltare gli appassionati di Ska tradizionale più o meno come fecero "Coconut Rock" e "Shockers Rock" apparse sul primo volume nel 2002.
Nonostante la traccia che segue sia un reggae per struttura ritmica che la fa sembrare "più distesa" di quella che la precede, i tempi sono in realtà più veloci dello ska di Alphonso e il risultato finale all'orecchio dell'ascoltatore, nel passaggio da un pezzo all'altro, palesa come "Sidewalk Doctor" di Vin Gordon rispetto allo ska di neppure cinque anni prima sia una stupefacente ed affascinante evoluzione. "Don D.Junior" col suo assolo giustifica ampiamente il proprio soprannome, ma del grande Drummond nel pezzo di Gordon c'è il colore, di sicuro non la tecnica.
Sugar Belly (vero nome William Walker) è un musicista a suo modo leggendario nella musica giamaicana folkloristica (ricordatevi che lo Ska ed il Reggae, rispetto al Gospel, al Calypso e al Mento era considerato musica "pop"!). Musicista di Mento, Calypso, Marengue, Rumba etc. la sua peculiarità consiste nel suonare una specie di sassofono fatto esclusivamente di bambù! Leggenda vuole che lo abbia addirittura inventato lui.
Al di là della particolarità dello strumento, l'indubbio spessore artistico di Sugar Belly si percepisce al primo ascolto di "Cousin Joe pt.1". Per chi fosse interessato ad approfondire (ed anche a vedere un video di un minuto su tale artista) raccomando questo essenziale link: http://www.mentomusic.com/sugar.htm
Vale sicuramente la pena ascoltare questa raccolta anche per altre tracce che ritengo nel loro genere dei piccoli capolavori di stile come "Sound Almighty" dei Soul Defenders, la band che prese il posto dei Soul Vendors e "Race Track" di quella che prese il posto dei Soul Defenders, i Brantford Road Allstars.
La traccia migliore del disco e mai ascoltata prima è per me "Jamaica Bolero" un "rockers" skattoso e rotolante di Tommy McCook. Il "Tenor Titan" era in forma stupenda quando la registrò. Garantisco.
Non inedita per il sottoscritto, infine, la coppia Im e David (Cedric Im Brooks e David Madden) che si ascoltano nella avvolgente "Balck is Black". L'influenza di Skatalites e Supersonics sembra evidente.
Per veri appassionati di musica nera, bollente ed eccellente.
Sergio Rallo
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Al & the Maskalzones - "Live Up"
(Demo CD - autoprodotto - Italia, 2006)
Al & the Maskalzones sono una nuova formazione di Roma il cui progetto dichiarato è portare in giro allegria e felicità.
Ovviamente, per far ciò, il gruppo non poteva che dedicarsi alla musica Ska. Ska tradizionale s’intende.
Al ed il suo gruppo fanno, infatti, cover. E se il monopolio sembravano avercelo i Blue Beaters, adesso si può contare anche su i Maskalzones per ascoltare la musica che più ci piace suonata da gente che ne ha evidentemente rispetto.
Il demo, uscito a maggio del 2006, è stato registrato in studio dal vivo e questo rende lo ska dei Maskalzones ancora più immediato.
Quattro tracce di chiara fama sono quelle con cui si confrontano i musicisti romani, con buoni risultati. Due strumentali “Ska Fort Rock” (bell’assolo di tastiera) e “Guns Of Navarone” e due cantati “Dancing Mood” e “Mood For Ska”, brani che mettono nero su bianco che lo Ska, per i Maskalzones, è quello degli Skatalites e, infatti, in un bel tributo alla madre di tutte le formazioni ska si sostanzia, in definitiva, questo demo “Live Up” il cui unico difetto è, forse, il suono un pò troppo freddo.
Al & the Maskalzones sarà bene metterseli in agenda se passano a suonare in città.
Sergio Rallo
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Firebug - "On the Move"
(CD Album - Grover Records - Germania, 2006)
Quella che pare essere (previa breve ricerca "on the Web") la più rinomata ska band del Brasile (di San Paolo per essere precisi), l'avevo sentita definire "eccezionale".
Io, a dirla tutta fin da subito - e senza conoscere, beninteso, l'intera discografia del gruppo - non sono d'accordo.
Intendiamoci: bravi sono veramente bravi i Firebug. Gli appassionati di reggae original, ska tradizionale e rocksteady ipnotico, stiano tranquilli, saranno quasi certamente soddisfatti di ciò che andranno ad ascoltare.
On the Move, infatti, inizia con l'omonimo strumentale reggae che ricorda molto da vicino i Crytstalites, e funge bene da "intro" del successivo reggae "the Quest" dallo stile più moderno, cantato in maniera da ricordare da vicino gli Slackers e non so se la responsabilità è del solito Victor Rice che mixa, produce, registra e suona il basso.
La prima traccia che mi entusiasma incondizionatamente è "What They Say", un morbido ska/rocksteady cantato da un trio vocale e dal solido accompagnamento di tastiera che pare veramente venire fuori da un sound system del 1966! Il rocksteady che segue, trova in un cantato in duetto con accenni di dance hall e dub le sue caratteristiche principali. Si intitola "In Gold We Trust" e può, però, annoiare prima che finisca.
Inizio straziante e lamentoso per la traccia che segue "Finding My Way" e che esplode, invece, in un buono ska dalle atmosfere notturne ed elegante nella sua ritmica tradizionale.
Bella, anche se melanconica, la successiva "We Are Not The Same", un rocksteady sostenuto con buoni giochi di tastiera. Sullo stesso ritmo si prosegue con il titolo "Anxiety", la version con melodica ed effetti dilatati della traccia che la precede.
Al quarto ritmo praticametne analogo comincio ad annoiarmi un poco ed anche il cantato di "Keep the Rhythm" non è particolarmente originale pur essendo pieno di soul.
Un poco più di energia la si raggiunge con il succesivo ska intitolato "Your Guy" ma anche quest'ultima traccia non è una melodia particolarmente accattivante e si dimentica velocemente all'ascolto di un altro rocksteady mediotempo dalla melodia sicuramente più interessante e dall'accompagnamento che sembra fornnito dagli Upsetters.
"Injustiça" è il bel cantato che termina l'ascolto di On The Move. Si differenzia dagli altri perché è l'unica traccia cantata in brasiliano ed è anche la migliore traccia del disco. Un bel reggae dall'incedere rotolante che diventa la seconda traccia dell'album a suscitarmi entusiasmo.
Non una band che lascia stupefatti, i Firebug fanno comunque un buon lavoro, anche se si beccano tre stelline.
Sergio Rallo
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Macola & Vibronda - "Calma"
(CD Album - One Step Records - Italia, 2006)
Dalle nebbie della profonda Romagna, ecco comparire la band Vibronda col suo leader Marcello Mazzola detto Macola, che dopo anni di concertini tra piccoli locali e feste di paese sono finalmente riusciti ad emergere e a far uscire il loro primo album, pur dopo aver perso per strada due componenti della formazione originale, ma trovando altri preziosi musicisti pronti a collaborare alla sua realizzazione.
Impossibile chiudere Macola & Vibronda in un solo genere musicale: si va dallo ska al folk, dal reggae alla bossanova, e poi jazz, musica popolare, cantautorale, e chi più ne ha, più ne metta… La cura dei testi è la ciliegina sulla torta, con l’uso di termini particolari e a volte dimenticati, e con un paio di tracce in un dialetto romagnolo che per i più risulterà incomprensibile, ma comunque sempre molto musicale ed orecchiabile.
Proprio l’orecchiabilità è una delle caratteristiche principali dell’album, che già dopo il primo ascolto lascia in testa alcuni ritornelli fischiettabili: si comincia con “Calma”, che a dispetto del titolo e dell’intro dalle pacifiche sonorità sudamericane, ha un testo serratissimo che tutto ricorda tranne la tranquillità; stesso discorso può valere per “Non mi dispiace”, dove l’alternanza tra strofe e ritornello è un alto-basso di ritmi molto gradevole.
Piccola “Intro” acustica ed ecco una delle perle dell’album, “Aspettando il tuo risveglio”: una canzone d’amore molto particolare sia nel testo che nella musica, con viola e violini ad accompagnarci attraverso i soliti piacevolissimi cambi di ritmo. Sempre d’amore si parla in “Tu”, anche se in maniera più tradizionale ma mai banale, e mentre la batteria incalzante, i tamburi di ferro e la poesia di “Luna piena d’ottobre” ci portano al secondo intermezzo che segna il giro di boa del disco (“Intropilus!”), ecco mandolino e chitarra fondersi dolcemente in “W Vibronda”, la cui atmosfera non può che rilassare.
Fuochi d’artificio in “T’a me zirchè” (trad.: “Mi hai cercato”), con una serie di strumenti uno più particolare dell’altro (cazoò, flauto dolce, percussioni dal sapore latino…) che si alternano alle strofe in romagnolo sulla base vagamente ska. Un minutino di “Intermezzo” per trovarci subito in “Acque torbide”, altra traccia tra le migliori dell’album, con il Fender Rhodes (lo stesso pianoforte elettrico suonato da Ray Charles in una scena di Blues Brothers, tanto per capirci) e lo chalumeau (una sorta di clarinetto in do con ridotte capacità melodiche) che compongono una marcetta tanto semplice quanto accattivante.
Ancora un testo in dialetto (“Uj vreb un cavatap”), stavolta dal ritmo jazz, seguito da un sempre gradito tributo al compianto Rino Gaetano con una versione di una delle sue canzoni meno famose, “Escluso il cane”; altro minuto scarso di percussioni (“Nustrat”) e gran finale con “Maria G.” (dove G. sta per Ganja), traccia con campionamenti che la renderebbero la più “commerciale” del disco, se non fosse per il testo ribelle, dedicato all’erba amica del nostro barbuto musicista che fa passare tutti i dolori.
Due versioni ridotte per la radio di “Calma” e “T’a me zirchè” chiudono l’album.
La bravura di Macola & Vibronda & co. con qualunque tipo di strumento (oltre ai sopradetti ce ne sono altri difficili da trovare in un disco al giorno d’oggi: campanaccio, sheker, chimes, udu, cricket, bastone della pioggia…) ci regala un album zeppo di armoniosi contrasti al suo interno, originale ma tradizionale, semplice ma ben articolato, che lascia all’ascoltatore qualcosa in più che i ritornelli in testa: un senso al tempo stesso di elettricità e, per l’appunto, di calma.
Marco Morandi
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Rokka Tone - "In This Life"
(CD Album - Grover Records - Germania, 2006)
Ancora Victor Rice. Sembra che non ci sia album ska recente che non abbia lo zampino di Victor Rice! E, infatti, anche "in This Life" dei Rokka Tone è stato da lui mixato e rimasterizzato.
"In This Life" è il primo album di questa band di Austin, Texas, patria degli Stingers ATX i cui due membri fondatori,Jonny e Wayne Meyers (che non sono fratelli e si dividino chitarra, ukulele, voce il primo e trombone e melodica, il secondo) sono, guarda caso, anche i membri fondatori dei Rokka Tone, in giro dal 2002.
Con gli Stingers i fratrelloni suonano ska e reggae tra il tradizionale (ma senza scimmiottare i giamaicani) ed il two tone. Con i Rokka Tone, l'ipirazione sembra decisamente più "bianca" anche se nelle note di copertina Victor Rice parla di ispirazioni tratte anche da Prince Buster e Desmond Dekker e la band descrive il propio genere come "acoustic roots rocksteady".
Coi Rokka Tone, i Meyers sembrano cercare altri spazi, rispetto a quelli (angusti?) dello ska/reggae, come dimostrano un lento dai ritmi latino americani come la trisitissima "When She Cries" o la "calypsonian" e malinconica, ma decisamente più allegra della precedente, "Splendor" con un bel accompagnamento di steel drum.
"Talking", terza traccia di un album che ne contiene 14, è la prima che apprezzo subito al primo ascolto, nel senso che le altre che mi sono piaciute le ho dovute ascoltare almeno un paio di volte.
In "In This Life" si trovano calypso, mento e latino americana come "Take This Guitar" e tranquilli ska molto caraibici come il pezzo che dà il titolo all'album.
Atmosfera anni '30 da dixieland si può ascoltare, invece, con la traccia "Missing You Too Much", non particolarmente interessante.
Lo è, invece, lo ska percussivo ed accompagnato da melodica in levare intitolato "As I Went Out One Morning" che ricorda da vicino una cavalcata in stile western ed è veramente il brano più efficace del disco.
"B-ware" è una lenta nenia ska che annoia anche perchè dura a lungo, mentre "Come Home", che segue, è sostanzialmente un R&B fatto per divertimento e senza grande mordente.
L'album, piuttosto soporifero, si conclude con una vera ninna nanna dal titolo "Someday". La bella voce del fratello Meyer cantante ci lascia morbidamente tra le braccia di morfeo.
Non un disco essenziale.
Sergio Rallo
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Tokyo Ska Paradise Orchestra - "Wild Peace"
(CD Album - Avex Entertainment inc. - Giappone, 2006)
"Wild Peace" è uscito prima dell'estate e mi è piaciuto un pò meno del penultimo "Answer", dove ho riscontrato quei guizzi di genialità per cui amo questa super band giapponese. Ne ho incontrati meno in quest'ultimo lavoro del 2006 ma la musica dei TSPO è sempre eccellente e c'è poco da fare oltre che constatarne la mai sopita bravura e fantasia.
Con ciò non voglio dire che anche i TSPO non abbiano fatto album brutti come "Gran Prix" del 1995 sta a testimoniare.
Nonostante la perfezione delle esecuzioni, la bellezza di arrangiamenti e la virtuosità di certi assoli, le sterzate nel rock pestato come lo strumentale "Wish Upon The Sun" viaggiano troppo veloci anche per me.
La critica la dimentico subito ascoltando uno ska strumentale bello e classico come "Pinzoro" e ska bossa nova eleganti come "Ska Pedalada" che è un bell'esempio di latin jazz del sol levante di grande spessore.
Il classico ska tradizionale da TSPO si incontra nell'elegante "Rainy Thursday" che è la sesta traccia: fiati e tastiera in dialogo per un grande strumentale Ska/Soul/Jazz come ci si aspetta dai campioni mondiali del genere.
Una famosa cantante giapponese dalla voce di bambina e la faccia conturbante che si può apprezzare nell'allegato DVD con vari video tratti dall'album canta in lingua madre "The Star of Sapphire". Uno ska pop veloce e solare con un accompagnamento di fiati elegante ed un bel bridge sempre pop e coinvolgente.
Altra caratteristica immancabile in ogni album della TSPO e che si ritrova puntualmente anche in Wild Peace è il rocksteady strumentale morbido ed affascinante intitolato "Walkin' Alone". E' la melodica che ha il ruolo principale, ma è la chitarra che apre lo spazio più bello nel brano durante l'avvincente solo di Takashi Kato.
Segue un altro strumentale ska di notevole forza in cui lo strumento principale è il pianoforte, il titolo "The Pretender" fa ben immaginare l'atmosfera da spy story che lo caratterizza.
La veloce, un pò country, un pò punk "White Light" non mancherà di rovesciere energia nel vostro cervello che ne verrà tanto più sballottato quanto più oserete superare un determinato numero di decibel. Ogni tanto un pò di "casino" ci sta bene, e "White Light" è veramente un pezzo da casino totale!
"Reminiscent Lilac" è un morbidissimo rocksteady, cantato questa volta da un famoso cantante, già anticipato nel singolo "Lilac". In giapponese.
La versione "power ska" del Padrino dei TSPO manderà, invece, in delirio gli appassionati di ska potente ed energetico, trascinato da tutta la sezione fiati in levare ad un velocità da enfisema e da una batteria inferocita. Grandi i tempi.
Lo ska swing "Better Days gonna Come" e la regale versione dub realizzata da Victor Rice (ancora?) di "Rainy Thursday" concludono un album che a me, come al solito quando parlo dei TSPO, pare il caso di definire grandioso.
E fortuna che m'è piaciuto meno di Answer!
Sergio Rallo
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Twisted Family - "Fuoco Che Illumina"
(CD Album - Good Vibes Produzioni - Italia, 2006)
Un bel reggae pop, notevolmente lucido e moderno, con pochi passaggi nel dance hall/ragga è il genere che offrono questi bravi Twisted Family.
New Roots, lo chiamano sul loro sito ma Twisted Family non sono mai troppo lenti e non disdegnano affatto lo ska e, ad un primo ascolto, stanno ad Imperia come i Radici Nel Cemento stanno a Roma.
Tra effetti dub sempre azzeccati, Twisted Family si muovono a loro agio nel campionario di suoni nati in giamaica, offrendo ritmiche da Sound Dimension come in "Burning Babylon" in cui tastiera, chitarra e sax in sottofondo sembrano veramente provenire da Kingston.
Lo stile vocale, piuttosto che da roots lo sento molto più da gruppo ska. Cosa che, detta da me, non è certo un critica.
Da appassionato di ska anche moderno devo dire, infatti, che mi è piaciuta molto "Al Bar Del Sole": da un gruppo così non mi aspettavo un bello ska two tone a quella velocità, davvero.
I Twisted Family toccano un pò tutti gli aspetti della tradizione musicale cui si rifanno, andando a toccare reggae disteso ed ipnotico come quello utilizzato per base di "Burn Imperia Burn", che è un combat reggae impegnato e di protesta (sennò che combat reggae sarebbe?); calypso/reggae con "Big Bamboo" che sembra il Reggaeton e che non è la traccia più rilevante del disco; veloce reggae/pachanka come in "Vibration", troppo veloce per i miei gusti.
Lo strumentale "Skatadub" un potente, contratto e teso ska che prende spunto dalla melodia di "Ball Of Fire" per lasciare spazio a tutti i solisti di esprimersi ad alta velocità oltre che ad alta fedeltà, chichità, come è facile immaginare, l'ho gradito parecchio.
Le tracce sono 12 ma, in relatà, due sono le versioni dub e remix di "Se non Vedo Jah" (veramente, veramente bella) e "Mentre Dormi".
"People", lungo brano di 9 minuti che non stanca, chiude l'ascolto di "Fuoco Che Illumina" che è veramente un buon debutto per la nuova band di Imperia Twisted Family.
Sergio Rallo
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Agua Calientes - "Clackson!"
(CD Album - autoprodotto - Italia, 2006)
Era circa il 1998 quando collaboravo con VIDA, mensile musical-cartaceo passato poi on-line e diretto dall’inossidabile Mauro Zola ora direttore di Noir, e mi ritrovai tra le mani un demo cd degli Agua Calientes dal titolo FlockHauS da recensire.
Ricordo che già ai tempi gli Agua Calientes mi stupirono per la loro voglia di far qualcosa di nuovo sia musicalmente miscelando ska, etno, funk beat etc etc, che per i loro testi molto intimisti cantati in diverse lingue che andavano dall’italico idioma sino al dialetto africano.
Ora finalmente il demo cd ha avuto un seguito con il cd Clakson! ora in stampa e di prossima uscita, la gestazione è stata lunga ma ne è valsa la pena, mentre lo ascolto non capisco se sono io che sono maturato (difficile) oppure se la band ha affinato le sue doti riuscendo nell’intento di far convivere generi musicali diversi con testi a volte criptici e usando le lingue straniere come strumenti musicali.
Un intro di piano ci introduce al mondo Two Tone con inizio cantato in francese dalla voce femminile del gruppo che si alterna poi alla voce maschile in italiano, il ritmo accelera nel cantato maschile e decelera con quella femminile creando un piacevole effetto ancor piu impreziosito dall’organo molto sixties e tutto ciò è solo la prima canzone intitolata “Couleurs”.
Altro inizio inconsueto per “Sosia” che si dipana sempre verso lo Ska, qui le voci sono entrambe in italiano e si dividono i compiti per parlarci di come sarebbe comodo demandare tutti i doveri ad un fantomatico sosia per godere solo i piaceri, salvo poi rimpiangere questa scelta dopo essersi accorti di non aver vissuto la propria vita.
Funk e Ska coesistono in “Strega”, nel testo la voce femminile interpreta la strega per ribattere al suo accusatore impersonato dalla voce maschile.
In “Soltanto 1 idea” si aggiunge alla miscela Funk Ska un tocco di Etno, il ritmo rallenta di molto e le voci si scambiano l’ordine di partenza adeguandosi alla raffinatezza dell’insieme, risale il ritmo e lo Ska riprende il sopravvento in “Fuori controllo” storia d’amore paragonata al sistema solare sempre basata tra l’alternanza di voce maschile e femminile.
Il Beat emerge dalle vie di “Crazy Town” con la chitarra Ska che asfalta le strade di questa città, a farci da cicerone la voce femminile ben supportata dai cori, “Skaramantika” affidata alla voce femminile supportata dai cori resta sul ritmo Ska che qui si fa piu’ cupo.
Testo onirico dedicato alla malattia mentale, se non erro, per “Nuvole nella mente” secondo brano in cui la musica rallenta e la voce femminile la fa da padrona, intermezzo raggamuffin/hip hop verso la fine. Dagli annali della musica italiana spunta una canzone nientepopodimeno che della ex sovrana ora quasi beatificata regina della televisione italiana Raffaella Carrà ossia “Rumore”, carramba che cover!
Ritorno alla voce maschile ed a un ritmo piu’ Funky per “Lula”, non so chi sia questa fantomatica Lula ma visto ciò che fa fare al protagonista del brano ha un ottimo potere di persuasione, Ska con assolo di armonica e testo dedicato al mondo in levare caratterizzano “Vertigini” sempre basata sull’alternanza delle due voci.
Tornano le lingue straniere usate come strumenti nella lentissima “Azul” assolo di tromba a sottolineare la malinconia del testo e del ritmo, impennata Beat di “Viaje por mar” con conclusione con tipici rumori emessi dai cantanti Ska dell’era Two Tone.
Per finire “Dune d’ombra” è il sunto di tutte le lingue cantate sino ad ora in questo cd, musicalmente si possono riscontrare molte influenze di grandi del passato che potrete divertirvi a scoprire ad ogni nuovo ascolto.
Quindi, come dicevo all’inizio è difficile che io sia maturato (al massimo alla mia età si marcisce), per cui tutti i meriti di questo ottimo prodotto vanno agli Agua Calientes che hanno affinato le loro doti musicali e quelle compositive mixandole in maniera egregia con l’aiuto di Alberto Benati alla produzione che ha saputo tirare fuori suoni molto emozionanti senza snaturare i generi musicali a cui la band fa riferimento.
Azzeccato l’uso dell’elettronica che non sovrasta la musica ma la arricchisce.
Menzione speciale per la voce femminile di Danila, splendida nella sua duttilità, continua così.
Ora che ci avete abituato bene non fateci aspettare altri dieci anni per il seguito.
Massimo Boraso
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Easy Skankers - "Tipi Da Spiaggia"
(CD Album - autoprodotto - Italia, 2006)
Gli Easy Skankers sono una band di sei elementi provenienti dal Lazio formatisi verso la metà degli anni novanta che dopo aver esplorato diversi generi musicali hanno avuto l’illuminazione sulla via in levare passando tra varie traversie ed innumerevoli cambi di formazione.
Il loro secondo cd che verrà presentato il 24 novembre presso l’El Paso Pub di Latina alle ore 22:30 si intitola“Tipi da spiaggia”e denota la loro voglia di divertire e divertirsi suonando la musica che Skabadip supporta, iniziamo la carrellata dei brani:
L’apertura è data da “Domenica non è” danzereccio Two Tone con testo dedicato all’amata ed ai vari impedimenti che tengono lontani i due innamorati ma che possono essere scavalcati per mezzo della gloriosa Lambretta di cui si sente la voce alla fine del brano, “Pazzo di te” rimane sullo stile precedente sia per musica che per il testo che narra del corteggiamento all’amato bene, passiamo allo swing di “La maledetta Leon” il cui proprietario lamenta la scarsa conoscenza automobilistica della corteggiata di turno interessata piu’ al modello di auto posseduta che alle bellezze esteriori/interiori dell’automobilista.
Facciamo le valige e partiamo accompagnati da sound ragga-style per “L’isola che suona” per essere precisi la Giamaica terra d’origine della nostra musica preferita, un'altra canzone dedicata all’altra metà del cielo è “Emancipata” in cui si narra di una donna dall’indubbia conoscenza di tematiche vicine all’universo maschile ma dalle scarse capacità culinarie e non solo, il ritmo nuovamente tendente al Two Tone spera in un ritorno ad una ragazza piu terra-terra (le femministe, se ancora esistono, non saranno molto contente di questo testo), la gioia/noia del solito quartiere viene raccontata in “Un'altra vasca” su ritmo swing.
Altro saltellante ska ed altro viaggio in direzione “Messico” per approfittare dei prodotti locali tipo tequila ed altro, il lavoro e le difficoltà per trovarlo sono l’argomento in levare de “La raccomandazione”, vista la propensione al viaggio dei nostri sei eroi sembra che quest’anno abbiano avuto un brutta sorpresa dalla loro “Agenzia di viaggi” i cui titolari hanno deciso di fuggire con l’incasso, comunque potete consolarvi con il bell’assolo di piano contenuto nella suddetta traccia.
Oltre ai sei musicisti fa parte della band “Il misterioso” addetto a danze e cori e conoscerete le sue gesta skankeggiando, della ricerca del fatuo successo che dura una sola stagione ci narra “Una canzone per l’estate”, conclusione con uno strumentale che ripropone gli assoli dei vari strumenti, il titolo? “Game over” naturalmente.
Gli Easy Skankers si sono scelti un nome molto evocativo, easy come facile per la musica suonata, uno ska entry level fatto apposta per rallegrare e far ballare ai concerti i neofiti del ritmo giamaicano, easy anche come leggero per i temi trattati nel testo. Quindi se gli Statuto sono il vostro gruppo preferito con gli Easy Skankers troverete molti punti di contatto e soprattutto ricordate:
“Lo Ska si balla, Non si poga!” come riportato all’interno del booklet della band e che mi trova perfettamente d’accordo.
Massimo Boraso
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Harddiskaunt - "La Buena Y La Mala Onda"
(CD Album - Maninalto Records - Italia, 2006)
Dopo varie vicissitudini ho tra le mani l’ultimo prodotto dei lacustri Harddiskaunt, dopo dieci anni di attività e due cd già pubblicati escono ora con questo terzo lavoro scortati da nomi altisonanti come Elmo Records (succursale per i nuovi talenti della Grover Rec) alla conquista dell’ Europa e forse del mondo.
Per quanto riguarda l’italico suolo il ruolo di generale è della Maninalto Records.
Andiamo subito con le canzoni, visto che gli hd hanno già aspettato troppo questa mia recensione, si parte subito con il mix tra ska, raggamuffin e ritmi latini di “La buena onda” in cui italiano, spagnolo ed un po’ di inglese si mischiano come i tre stili citati prima per dare corpo ad un vivace intro, “Teresa” cantata interamente in spagnolo mantiene il beat della precedente riconducendoci sulle vie piu tradizionali dello ska che ci conducono sino a “Cinecittà”, gradevole swing cantato in italiano che narra la fine di un rapporto lui/lei usando il gergo cinematografico in maniera molto azzeccata.
I primordi dello ska tradizionale si possono gustare in “Todos Para Todos” bello strumentale con sezione fiati, piano e chitarra che ci fanno capire quanto gli harddiskaunt puntino sulla loro ottima tecnica per conquistare il pianeta, atmosfere cupe modello Ghost Town degli Specials sono il selciato su cui si snoda un bel testo in “La Strada”, risale il ritmo con “La mala onda” con intermezzi dub ed un testo abbastanza angosciato.
Altro attacco strumentale in “Surfing Lolita” dove ska e surfing guitar ci fanno provare l’emozione di una cavalcata sulle onde di Acapulco, concedendoci anche dei momenti di calma seduti sul surf in attesa di un'altra onda, le chitarre distorte che introducono “Piccolo Uomo” portano i b.p.m ai livelli ska-core, molto Persiana Jones sia per la musica che per il testo, un po’ troppo jazzata “Nel Blue” forse è stata messa per farci riposare o addormentare?
Nel caso vi foste addormentati con la precedente, gli Harddiskaunt vi avvertono con “Sono le 11” quindi un risveglio non troppo brusco ma che vi obbligherà ad alzarvi ed a muovere i piedi in stile Two Tone, tarantella ska e flamenco si mescolano per “Lulu’” altra lezione strumentale di tecnica, i mariachi si riuniscono in “Me Voy” un pò troppo lunga ed un po’ troppo poco ska per piacermi buoni solo i fiati, concludiamo con “La Strada (Peyote Vs Tequila Rmx)” clone dubbato della traccia 5.
Ottimo prodotto quindi questo “La buena y la mala onda” a patto che non siate troppo legati alla velocità dei pezzi di dieci anni fa, come in tutte le cose si cresce e gli Harddiskaunt sono cresciuti soprattutto in tecnica aiutati da uno stuolo di guest star di tutto rispetto.
Un grazie al gruppo per aver inserito nei loro ringraziamenti la Skabadip’s Crew ed un consiglio, magari il prossimo disco ringraziate anche le poste italiane così magari non dovrò aspettare quasi sei mesi prima di recensirvi.
Massimo Boraso
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La Ghenga - "A Fine Blend Of Ska & Rocksteady"
(CD Album - Studio Syncropain - Italia, 2006)
Alla domanda quale sia la miglior traditional Ska/Rocksteady band italiana, io una risposta ce l'ho.
Fù un caro amico (e bassista delle Formiche nell'Orto), certo Stefano Guidi, a presentarmi (6 forse 7 anni fà) quella che oggi ritengo essere la migliore traditional Ska band italiana.
Pochi cambiamenti, molto lavoro e una gran passione per la musica in levare. Semplici gli ingredienti e ben dosati.
Mi meraviglio del fatto che tutto questo avvenga in una piccola cittadina toscana conosciuta ai più non tanto per la sua scena musicale quanto per una torre pendente ed una nota casa produttrice di scooters e motocicli.
I risultati dei La Ghenga si sentono, ma premetto che si sentono molto più dal vivo che su disco.
Oggigiorno la ricerca di un suono nuovo, elettronico, dance o funky (se non avete ancora ascoltato "Trojan Sessions" dei Pama International sarà il momento di farlo) si oppone alla continua ricerca di un suono sempre più old che rischia in molti casi di incappare in una perdita di tiro ed originalità.
La Ghenga sceglie in questo disco (primo album dopo due demo) la strada del suono old, e riesce, tra non poche difficoltà, a trovare un risultato sinceramente singolare e sorprendente.
Il titolo, "A Fine Blend of Ska & Rocksteady" è il più azzeccato titolo che si potesse trovare. Senz'altro studiato ma sintetico ed attraente.
Quattro le cover (e la scelta anche stavolta è impeccabile). Si va dal calypso di "Jamaica Is The Place To Go" all' hard bop di "Yes I Can, No You Can't", ovviamente rivisitate in chiave upbeat.
Molto belle anche "In A Mellow Tone" di Edward Kennedy "Duke" Ellington e la rivisitazione di un classico pop quale "These Boots Are Made For Walking" che si è non a caso aggiudicata la prima posizione nel lettore di Skabadip.
Tra le molte versioni di questa canzone voglio ricordare l'indimenticabile "These Boots Are Made For Stompin" dei Symarip, uscita nel '69 all'interno dell'album Skinhead Moonstomp.
Gli undici pezzi di produzione La Ghenga non sono affatto da meno.
Tolte una o due tracce che trovo scontate e un pò troppo Bluebeaters, è un piacevolissimo susseguirsi di Soul, Ska, R&B e rilassante Rocksteady.
Melodie dolci ed un'abbinamento voce/testi ineccepibile, ottimi anche gli arrangiamenti.
I miei complimenti vanno in particolare a "Back To Me", la traccia a mio parere più bella dell'album (eccezionale il "duetto" trombone/cori a metà traccia) così come a "Right Time", a "To Get Your Love", a "Trust Me" ed ancora a "Blues for Cirillica".
Un'album che spero si riesca a ritagliare lo spazio che si merita e che colloco, insieme a "Satelite Kingston - Algo Tiene Que Pasar" e a "The Internationals - Wonders Of The World", tra i migliori traditional Ska albums del 2006.
Francesco Spadoni
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The Senior Allstars - "Red Leaf"
(CD Album - Grover Records - Germania, 2006)
Se qualcuno ancora pensa ai tedeschi The Senior Allstars come una band di supporto, se qualcuno pensa ancora a Dr.Ring Ding prima ed ai Senior Allstars dopo, sarà bene si legga queste due righe a inizi da subito a conoscerli un pò più da vicino.
Inizia nel 1999 il percorso "solista" dei Senior Allstars, esce "Sniff" un EP prodotto dalla Grover Records che da subito rese l'idea di una band innovativa e di uno stile molto molto particolare.
Uno stile che seguiranno negli anni e porteranno avanti sino ad oggi, un reggae-jazz strumentale molto soft, rilassante, quasi chill out con forti sfumature dub.
Nel 2000 esce "Nemo" il primo vero LP e contemporaneamente esce su formato digitale "Nemo + Sniff" (unione dei due lavori usciti precedentemente solamente su vinile). Da allora io personalmente non ho fatto che attendere l'arrivo di questo secondo album.
Sempre nel 2000 esce anche un'indimenticabile "Monty Alexander meets Sly and Robbie", altro album dalle forti tinte jazz-dub rimasto sin da allora tra originalità e freschezza nelle prime posizioni di una mia coloratissima classifica di gradimento.
Si arriva finalmente al 2006, con grande soddisfazione vengo a sapere dell'uscita di "Red Leaf" ed è ancora la Grover (di cui non smetterò mai di parlare bene, per l'attenzione, la disponibilità e la riuscita in ogni sua singola produzione) a prendersi cura del nuovo disco.
La copertina è chiara da subito riguardo al contenuto: reggae jazz dub.
"Loie", la prima traccia ed unica cover dell'album (la versione originale è di Kenny Burrell, chitarrista bop, hard bop americano tutt'ora in attivo) è un piacevole susseguirsi di sax e chitarra, ritmica solida ed accenni dub.
Alcune tracce, in particolare "Blue Spider" e "G*Riddim" mi ricordano un pò la strada intrapresa da Ernest Ranglin negli ultimi due dischi "Surfin" ed "Alextown", ambedue di recente uscita (2005).
I sax delle tracce "Schoolyard" e "Westcoast Rocker" mi ricordano invece gran parte della produzione targata Dean Fraser.
"Red Spider", ultima traccia del disco riassume un suono di un'album uniforme e rilassante.
Sono quasi tutte firmate Markus Dassmann le tracce di questo disco, il chitarrista/tastierista ci propone atmosfere di assoluta novità ed un sound lontano da ogni contaminazione o tendenza.
Un album attento ai particolari, basso batteria e tastiera sempre molto uniti, chitarra e sax che jazzeggiano e sfumature dub di un'efficacia e di un'ascolto inverosimili.
Per capire meglio il genere vi rimando ai già citati Dean Fraser ed Ernest Ranglin (provate ad immaginare un mix dei due) e ad un'artista giapponese che ai molti suonerà nuovo (sempre che non abbiate seguito con curiosità e
attenzione la storia del dub giapponese dai Mute Beat ad oggi), Kazufumi "Echo" Kodama.
Un gran bel disco per chi ama il reggae strumentale condito da assoli jazz e sfumature dub. Meditativo.
Francesco Spadoni
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Prince Buster with Determinations - "Prince of Peace - Live in Japan"
(CD Album - Rock A Shaka - Giappone, 2003)
Dopo la bellezza di 36 anni (io scrivo nel 2005 ma il CD è uscito nel 2003) dal lontano primo (ed unico a quel che mi è dato sapere) live del 1967, Prince Buster va addirittura in Giappone per riproporsi al suo pubblico di Ska fan direttamente dal palco!
Accompagnato dai bravi Determinations (band di ska tradizionalissimo alcuni componenti dei quali sono legati a doppio filo con l’etichetta nipponica Drum & Bass che ha dato alle stampe, una serie di raccolte di vere rarità ska/rocksteady/reggae intitolata Rock A Shacka e di cui “Prince Of Peace” è il primo volume) Cecil Bustamente Campbell, aka Muhammad Yousef Alì, aka Prince Buster, aka Voice Of The People, spolvera il proprio repertorio di classici senza tempo. Canzoni e strumentali che ogni bravo skanker di qualsiasi meridiano o parallelo dovrebbe conoscere a menadito.
Le prime tre tracce del disco sono due strumentali ed un cantato degli stessi Determinations, tratti dal loro ultimo(a quanto ne so)e consigliato album “Chat Chat Determination” (Universal J, 2002).
Credetemi, un conto è ascoltare Orange Street, They Got To Come, Burke’s Law, Hard Man Fe Dead, Big 5, Blackhead Chinaman, 30 Pieces Of Silver nella versioni delle decine di band in tutto il mondo che le hanno interpretate, un conto è ascoltarle dalla viva voce della vera leggenda dello Ska, dei Mods prima e degli Skin poi!
Gli strumentali Al Capone, Dance Cleopatra, One Step Beyond e Prince of Peace (6 min. e 39 di sfrenato ska) che pone fine all’orgasmico concerto, travolgono per intensità, catturando per sempre la positiva eccitazione creata da Prince Buster nella sala da concerto.
La registrazione, non me ne vogliano gli amici giapponesi, poteva essere sicuramente migliore (trovo che ci sia un po’ troppo riverbero) ma non è certo una buona ragione per i numerosi estimatori di Prince Buster per non cercare di procurarsi album e/o DVD (per chi è alla ricerca di emozioni visive oltre che acustiche).
Sergio Rallo
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La Skarnemurta - "Oilà Masnada"
(CD Album - Dlt Records - Italia, 2006)
Basta non ne posso piu di gruppi che, per far capire al pubblico il genere suonato, cercano ogni tipo di parola in cui siano contenute le tre lettere che piu piacciono ai supporter di Skabadip. Di questo passo avremo band chiamate: Gabibbo e gli SKAricatori portuali, Pasta con gli SKAmpi, gli SKAvezzakolli, Mani in TaSKA, Senza SKAmpo, gli SKAldabagni, mi SKAppa la pipi papà etc etc.
Dopo questo mio piccolo sfogo che spero sia di sprone per i gruppi futuri e che spero non abbia urtato i nervi di tutti quei gruppi che attualmente contengono questo gruppetto di lettere parliamo degli SKArnemurta (sic).
Formatisi nel 1998 a Parma hanno all’attivo gia due cd autoprodotti e per il terzo si avvalgono della collaborazione della DLT records, la loro ultima fatica si chiama “Oilà Masnada” in onore ai loro piu accaniti fans.
Fiato alle trombe con il primo brano “Szanamdu’” breve intro skankeggiante che già ci mostra ciò di cui i nostri eroi sono capaci, “Gorilla a go go” cantata in spagnolo riscalda l’ambiente facendoci saltellare grazie a chitarra e fiati, patchanka scatenata per “La sangre de Genova” per ricordare i tristi fatti del G8.
Altro brano patchanka style ed altra lingua, il francese per “Chez toi”, torniamo all’italo-spagnolo per “Barceloneta”, atmosfere iberiche con il filo conduttore della patchanka, uno ska balcanico è il genere di “Vladguru”.
Atmosfere da bar in “Moleslalbar” su base patchanka, scratch e rap nell’intro di “Black list” un brano modello “King Kong Five” dei Mano Negra, la patchanka piu tradizionale ritorna in “Lentamente”.
Omaggio ai Clash all’inizio di “Charlie” in cui ritorna lo ska e si sente l’eco dei vecchi Casino Royale misto ad una bella schitarrata rock, altro omaggio a Joe Strummer con un bel reggae-raggamuffin in “Trench Town Traffic”, bello swing modello Buscaglione per “Copador” cantata con lo stesso piglio del grande Fred.
Si torna alla patchanka con “Good Guys” con testo inglese – francese, “Mafia” conclude il tutto con un inizio siculo-reggae con tanto di padrino che c’è l’ha con i politici (e chi non c’è l’ha con loro???) per poi evolversi in un crescendo jazzato.
Difficile abbinare gli Skarnemurta con un gruppo in particolare, in certe cose si sentono i Casino Royale, in altre i Vallanzaska il tutto mischiato con una forte dose di Mano Negra.
In conclusione a parte il nome del gruppo che proprio non riesco a digerire la musica che suonano è altamente digeribile, i nostri hanno saputo creare una miscela tra ska, patchanka, swing e jazz con una spolveratina di attitudine punk, un plauso va alla sezione fiati.
Massimo Boraso
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Tremende - "...ancora Tremende"
(CD Album - Ansaldi Records - Italia, 2006)
Innanzi tutto, e qui le Tremende spero mi perdoneranno, la prima cosa che mi ha colpito di questo cd è la casa discografica ossia l’Ansaldi Records. Etichetta dedicata a Tiziano Ansaldi colui che a parer mio ha dato inizio a tutta la scena Oi, Ska italiana.
Scusate per la divagazione e torniamo al nuovo lavoro di queste sei “Tremende” bolognesi formatesi nel 1991 e giunte al loro terzo cd, l’inizio è la rivisitazione strumentale in levare della sigla di “Attenti a quei due” telefilm anni settanta interpretato da Roger Moore e Tony Curtis, ottimi sax e batteria con qualche accenno al dub, inizio sixtiees per “La Bumba Magica” panacea di tutti i mali d’amore cantata da Antonella su base di chitarra saltellante e farfisa degno sostituto del piu noto organo hammond.
“Fede Politica Rabbia” vira verso il reggae e pone la domanda se queste parole hanno ancora un significato nella società moderna, difficilmente catalogabile tra ska-reggae-rocksteady-bluebeat il ritmo de “La Guapa”, qualcosa di latino si percepisce, ma non proviene dalla Giamaica, comunque godibile.
Altra cover strumentale di un telefilm, ossia “Sulle Strade Della California” in versione Two Tone Ska con echi di Madness, Bad Manners, i Casino Royale di “Ten Golden Guns” e le colonne sonore di Sergio Leone dei western spaghetti, grandiosa.
Torniamo con “Buffalo 69” ad un gradevole rocksteady con accenni lover reggae sia musicalmente che per le vicende narrate nel testo, piccolo giallo riguardante la settima traccia interpretata in italiano ed inglese il titolo sul cd è “Free ware, ma mi sembra che la cantante dica Freeway, in ogni modo a parte questa mia sega mentale si tratta di un bel lover reggae.“Natural Dub” non ha bisogno di spiegazioni circa il genere musicale, ottimo strumentale.
Discorso a parte merita la penultima canzone dedicata al “Silvio” nazionale, ragazze non potete usare un lover-reggae per dirne quattro al sopraccitato, finisce che se la sente non capisce ed oltre a fare l’indiano ed il cow boy si mette anche a fare i sette nani nella riedizione di Biancaneve (con l’altezza ci siamo).
“La Bumba Magica Dean Martin Mix” ci porta in un fumoso night in cui s’intravede Dino Cruciani, vero nome se non vado errato di Dean Martin, che sorseggia il suo drink muovendosi su ritmi swing jazz evocati da Fernando Polaino supportato da Luca Petricca.
Quindi non lasciatevi sviare dal nome, le Tremende non urlano o strepitano, ma fanno un mix dei generi sopra elencati aiutate da gente di talento come Pecos e Rude al mixaggio, Rude Man alla produzione artistica e William e Antonio special guest rispettivamente alle percussioni ed al sax.
Vista la presentazione dei collaboratori non mi resta che elencare le sei Tremende che, oltre alla già citata Antonella alla voce sono: Nadia alla farfisa, Sandra alla batteria, Claudia al basso, Chicca al sax e Katia alla chitarra.
Resto in attesa di “Ancora Più Tremende” sperando non passi troppo tempo, un saluto a Tiziano Ansaldi e a tutti coloro che ne mantengono vivo il ricordo.
Massimo Boraso
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Braskà Ska Band - "Specie Protetta"
(CD Album - autoprodotto - Italia, 2006)
Se il biglietto da visita della Braskà Band che (già nel suo settimo anno di vita) è la prima traccia che si incontra in “Specie Protetta” , posso subito dire che la formazione non brilla per originalità sia nelle melodie come nei ritmi.
Le prime, infatti, si distinguono con difficoltà tra una canzone e l’altra, anche perché sono mutuate più che dal canto melodico, dalla musica punk.
Se la primaria ispirazione dei Braskà pare essere quella dello ska comico alla Vallanzaska e Matrioska (basti ascoltare “Pigiamino di Saliva” e “Gamberetti Peskati”) l’impressione è dovuta, oltre ai testi, all’eccessiva velocità (per il mio personalissimo gusto, s’intende).
Forse anche per le suddette ragioni, i brani che ho trovato più interessanti di “Specie Protetta” sono stati la cover di “Rock’n’roll Robot” di Camerini e, pensate un po’, la versione ska/core di “Su di Noi” di Pupo!
Due canzoni che non saranno certo un “must” per dei fan dello ska ma, almeno, le melodie sono ben riconoscibili e non le aveva ancora riproposte nessuno.
Sicuramente la versione ska del coro degli ultras del Trento “Alè Trentino”, presente come ultima traccia dell’album, sintetizza lo stile del gruppo di Calisio che ben si accoppia ad una birreria piena di gente che si diverte o ad una curva dello stadio.
Sui gusti, come dicevano i nostri avi, non si discute.
Sergio Rallo
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Califfo De Luxe - "Fino all'Alba"
(CD Album - LSP Records - Italia, 2006)
Buono ska rock è quello che suona la giovane formazione dei Califfo de Luxe per tutta la durata dei 12 brani presenti sul loro album di esordio “Fino all’Alba”.
Intendiamoci, nulla di trascendentale o che colpisca tipo fulmine a ciel sereno l’ascoltatore, ma la gradevolezza dei brani che si incontrano nell’ordine di ascolto “Baby baciami”, “Certa Gente”, “Io e Jack” (una delle mie preferite come lo sono tutti gli ska notturni ed intriganti), non si può certo negare.
Particolare, poi, il cantante che in un paio di occasioni si lancia in riusciti falsetti.
Buoni gli ottoni che funzionano bene nella tipica struttura da sezione fiati soul.
Califfo De Luxe paiono essere, ad un primo ascolto, simpaticamente influenzati dallo ska two tone piuttosto che da hc o punk e ciò me li fa apprezzare ancor di più come nel brano “Il Pentagramma” che, su un ritmo 100% ska, ricorda certa musica popolare italiana.
Come ogni gruppo del genere che si rispetti (e come veneziani quali essi sono) i Califfo offrono anche del buon reggae con la graziosa “The Future” e con “Bornioi” in dialetto veneziano (io ho un debole per quella cadenza!).
In Fino all’Alba si trovano bei ritmi ska come in “Pioggia” e in “Il Problema” dove prevale la strizzata d’occhio al pop di facile ascolto.
Bello il passaggio di piano in “Non Sparate sul Pianista”, uno ska dal contenuto western che ho apprezzato.
Il divertimento “ska” è assicurato da un disco allegro e da testi spensierati (occhio al ritornello di “A Chi Si Nasconde”) mentre il video di “Baby Baciami”, presente sul cd, non l’ho potuto vedere per problemi “tecnici” ma non avrebbe sostanzialmente cambiato la buona opinione che mi son fatto dei Califfo De Luxe.
Sergio Rallo
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Capitan Jive - "Non dormire...swinga!"
(CD Album - Etnagigante - Italia, 2004)
Dopo qualche anno di gavetta che li ha portati in giro per l’Italia su ogni tipo di palcoscenico, i Capitan Jive sembrano aver finalmente fatto breccia nel panorama dello swing italiano: il siculo Roy Paci (che forse avrete apprezzato anche a “Markette” di Chiambretti, su La7) li ha assoldati nella sua casa discografica, e il lungimirante Renzo Arbore li ha voluti nel suo programma “Speciale per me, meno siamo meglio stiamo”.
Ironicamente si auto definiscono “filantropi dello swing”, “rinnegati del jazz” e “terroristi del pentagramma”, e si sente che l’amore per lo swing c’è, che si (e ci) divertono suonandolo, e che le radici del genere sono conosciute ed apprezzate dal gruppo di friulani.
La loro prima fatica con l’etichetta Etnagigante, “Non dormire…swinga!”, pullula infatti di effetti sonori che non troverete facilmente in altri album (treni alla stazione, uccellini che cinguettano, altoparlanti del supermercato…), tutti ben inseriti nel contesto delle 12 canzoni, che non peccano certo di originalità in questo senso.
La tromba del suddetto Roy Paci impreziosisce il primo brano, “Swinga”, quindi si passa alla cassa dove troviamo “La più bella di Pordenone”, in cui vengono dichiarate le origini geografiche della band, con un buon assolo di pianoforte ed il ritornello che non può non restare nella testa tutto il giorno. Il tema della bella fanciulla viene riproposto in “Bimba”, dove i fiati duettano con la voce, e ancora l’amore la fa da padrone in “Solo un bacio”, che si chiude con lo schiocco e che ci porta “Tutti su Marte”: questo è uno dei pezzi migliori dell’album, con un vago sapore anni ‘60 sia nella musica che nel testo, ed un finale che i cinefili apprezzeranno sicuramente (e non solo loro).
Tornati sulla Terra, meglio rifollarci con la “Jivitamina”, altro brano accattivante e molto ballabile che trascina alla prima cover, “O baby kiss me” (l’originale era di Gorni Kramer), con una fisarmonica che ben accompagna il sax. Atmosfere noir nella seguente “Nel cuore della notte”, che forse ha un neo nella ripetitività del ritornello, e lo stesso discorso può valere per “La stagione dell’amore”, ma la monotonia dei refrain è legata a doppio filo allo swing dei tempi d’oro; comunque, si torna subito a ballare con i ritmi sincopati della velocissima “Come uno swing”.
La seconda cover è “Canto anche se sono stonato”, gradito omaggio al grande Lelio Luttazzi, e penultima canzone; la conclusione spetta a “Eccoci qua”, brano molto completo di presentazione del gruppo, dove il simpatico coretto chiude la strofa e dà spazio agli assoli di trombone, sax tenore e contralto, pianoforte, contrabbasso e batteria, che si alternano rapidamente per tornare al coro e andare alla chiusura d’insieme.
Ultimi 20 secondi nascosti di jazz vecchio stampo per chiudere il tutto con la solita ironia.
Complessivamente è un buon album, e se bisogna trovargli un difetto si può dire che l’originalità degli effetti sonori e di alcuni testi non sempre si rispecchia nei ritmi, che forse risentono della mancanza di almeno una tromba nella formazione; ma se vi siete svegliati tristi questo è l’album che fa per voi, perché “Non dormire…swinga!” non è da prendere come un consiglio, ma come un ordine!
Marco Morandi
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La Coska - "Chettelodicoafare"
(CD Album - BZ Records - Italia, 2006)
La migliore band che mi è capitato di ascoltare la primavera scorsa è stata senz’altro La Coska ovvero, per esteso: Compagnia Orchestrina Ska.
Di Ferrara, provincia felice e da sempre skancheggiante (Strike, Coockoomackastick), La Coska propone un brillante ska two tone dagli accenni folkloristici che non si ferma ai soliti luoghi comuni del genere ma che va oltre con idee tra ritmi e melodie veramente buoni.
Oltre, infatti, ad una versione sicuramente più bella dell’originale di “Donatella”, cantata dalla Rettore in persona ed accompagnata da un nuovo video presente sul CD, La Coska aggredisce il patito di ska con un tormentone come “La Vita è Un Film” che si fa ascoltare e ballare veramente bene. Finalmente dei testi intelligenti, viene da dire ascoltando questa “orchestrina” con i cosiddetti. Ascoltare bene “Mezz’ora d’aria” per concordare con il sottoscritto.
In particolare, la mia personalissima lode e l’entusiasmo per La Coska derivano oltre che dalle citate canzoni, dalla corale, potente, divertente “Qualcosa che non mi va”, il brano che, già da solo, merita l’acquisto del disco.
Parola di De Prophet.
Sergio Rallo
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Makako Jump - "Mi Queso Es Tu Queso"
(CD Album - Elusion/Lengi - Italia, 2006)
Trieste è stata patria di uno dei gruppi in stile two tone che maggiormente apprezzai negli anni ’80, gli Spy Eye. Adesso scopro i Makako Jump, stessa città, stile molto più moderno e vario degli illustri predecessori.
I Makako Jump si distinguono per un suono solido e convincente, influenze e che vanno dal soul all’hc, al reggae ed allo swing, un bravo cantante, una sezione fiati precisa e compatta.
Il loro secondo album, uscito agli inizi della primavera scorsa, è meritevole di attenzione non solo per una serie di brillanti canzonicine orecchiabili e dai testi per nulla noiosi o scontati ma, soprattutto, per la propria lucida interpretazione dello ska/reggae grazie alla quale brani come “Come star bene”, “Mari-o”, “Ma er lei” , “Sciopero” o “Bonjour” attraggono irresistibilmente.
Unica caduta di stile del bravo gruppo, ma solo nei testi, si ha con l’ennesima, ed ormai tardiva, canzone dedicata all’ex presidente del consiglio, piena di tutti i luoghi comuni di cui io, che della politica da cortile me ne sbatto, non ne posso proprio più per averli sentiti almeno un milione di volte negli ultimi 10 anni! Fortuna che il Berluska ha perso le elezioni, così tanti bravi musicisti (non solo “ska”) potranno cercare migliori fonti di ispirazione.
Non c’è, infatti, paragone con il divertimento che può, invece, suscitare una canzone come “Homo sine cravatta” o come “Voglio” che danno la migliore impressione sull’indubbio spessore artistico dei Makako Jump.
Sergio Rallo
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The Brian Setzer Orchestra - "The Dirty Boogie"
(CD Album - Interscope Records - US, 1998)
Brian Setzer è un grande. Ciuffo biondo ribelle, giubbotti di pelle, chitarra sempre appresso… Nel 1979 fonda gli Stray cats, gruppo rock stile anni ‘50, quindi dopo qualche anno lascia (ma mai definitivamente) i due colleghi e comincia la carriera da solista. Nel 1994 crea l’orchestra che prende il suo nome, con cui si spinge verso melodie più swingheggianti, ma sempre con la sua fedele chitarra al collo, ci mancherebbe altro! Al terzo album con la sua orchestra cava fuori dal cilindro uno dei suoi lavori migliori, secondo me. Un perfetto connubio tra swing e rockabilly che potrebbe scontentare gli appassionati di uno solo dei generi, ma chi li apprezza entrambi amerà questo disco. Non a caso, è l’unico suo album che fino ad oggi sia riuscito a toccare la Top10 negli U.S.A.
In “The dirty boogie” è l’ambientazione swing a prevalere, a cominciare dalla grafica del disco, e cavalca l’onda di questo genere musicale tornato in auge (ahimè, quasi esclusivamente al di là dell’Oceano) nella seconda metà degli anni ’90, grazie a gruppi come Cherry poppin’ daddies e Big bad voodoo daddy.
Veniamo alle tracce: si parte subito forte con “This cat’s on a hot tin roof” e già si capisce dove il vecchio Brian vuole andare a parare: qui si balla di brutto tra chitarra, un mare di fiati e bassi a battere il ritmo; si prosegue bene con la canzone che dà il titolo all’album e che proprio nel titolo, ripetuto a valanga da coro e cantante, trova la sua miglior descrizione. “Let’s live it up” con il suo riff accattivante è una perla incastonata tra due delle sette cover del disco: “This old house” e la romanticissima “Sleepwalk”, quest’ultima in versione strumentale; seguono l’ottima versione di “Jump jive an’ wail” (l’originale è del mitico Louis Prima, un idolo incontrastato) con contrabbasso, fiati e cori che si alternano in un finale in crescendo e “You’re the boss”, dove un’ancora poco conosciuta Gwen Stefani ci regala la canzone migliore dell’album in un duetto con il nostro, dimostrandoci di non essere solo una gran gnoccolona, ma anche una brava cantante. Le fusa di Gwen ci portano a “Rock this town”, versione riveduta e corretta della canzone dell’82 degli Stray cats, ma stavolta è l’orchestra a farla da padrona; ballata melodica e malinconica è l’ennesima cover, “Since i don’t have you”, ma i toni si alzano subito grazie a Brian, che in “Switchblade 327” fa valere le sue due più grandi passioni: la chitarra e le automobili; carina “Nosey Joe” e simpatico il doppio senso col suo “nasone” che si mette tra il cantante e la sua ragazza. La più old swing è sicuramente “Hollywood nocturne”, lenta forse ai limiti del noioso, mentre “As long as i’m singin’”, ultima cover, chiude in bellezza il disco con assoli vari degni delle migliori swing band, ed un finale carnevalesco che ha l’unica pecca di durare troppo poco.
13 canzoni per 50 minuti tutti da ballare, scatenati o cheek to cheek. Lo consiglio assolutamente, parola di uno che non sa ballare.
Marco Morandi
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Cantiniero - "Nero & Bianco"
(CD Album - Cantine Unite Records - Italia, 2005)
I Cantiniero in collaborazione con Cantine Unite ci presentano la prima carta dei vini in levare equamente divisa tra “Nero & Bianco”, i sette sommelier lecchesi ci guidano alla degustazione del loro lavoro in campo eno/discografico.
Dopo aver seminato punk agli esordi della loro carriera i Cantiniero hanno vendemmiato dodici pezzi di ottimo ska ognuno con un proprio boccato ed una propria struttura non disdegnando mix di uvaggi nobili.
Cominciamo questa degustazione con “Di passaggio”, un Sangiovese che ci porta sulle strade emiliane con un inserto di liscio romagnolo, un ottimo strumentale per predisporre il palato a quel che seguirà. Un Barbera giovane e vivace ben si adatta a “Pendolare in città” anche se il testo potrebbe far pensare ad un distillato (cynar – contro il logorio della vita moderna), frizzante Bonarda swingeggiante in la bottiglia è vuota, ops pardon “La scatola è vuota” dedicata al lavaggio del cervello provocato da pubblicità, telenovela ed altro.
Nobile e tradizionale Barolo esce dalla bottiglia di “Cercan speranza”, impreziosita dall’inserto vocale femminile con testo dedicato all’america latina con i suoi vari problemi che vanno dai desaparecidos all’ingerenza yankee , partenza ed arrivo lento per ossigenare un Grignolino che si rivela piu vivace del previsto nella parte centrale in “Sogno americano” sempre dedicata ai danni provocati dagli U.S.A.
In “Cavalli sciolti” il tasso alcolico si fa sentire visto il testo ermetico/poetico provocato da un vino molto alcolico come una Vernaccia versato in uno swing-ska, un attimo di pausa, riposiamo la lingua che comincia a scivolare con “E via così” , strumentale con fiati alcolici.
Frizzante Prosecco abbinato a “Il Casinò” con accelerazioni e rallentamenti a seconda delle bollicine, con un assaggio di Nebbiolo marca two-tone i nostri enologi propongono un caso di in-”Giustizia in campo”.
Altro che champagne, “Nero & Bianco” è un ottimo Asti Spumante con un perlage veloce e persistente dedicato alla fratellanza di neri e bianchi e non sto parlando di vini.
Ormai siamo arrivati alla fine della nostra degustazione con “Maialone” vibrante protesta contro l’oste di Lecco che non vuole piu dar da bere agli skinhead supporter della locale squadra di calcio, e dopo tutte queste ampie libagioni un rutto liberatorio segnala la fine della degustazione di questa band che propone uno ska tra il two-tone e lo ska-core innestando alcune idee che li rendono abbastanza originali.
Un abbinamento abbastanza azzeccato potrebbe essere con il gruppo dei bergamaschi Arpioni vista la natura dei loro testi.
Un ultimo consiglio, visto l’alto contenuto alcolico di questo cd si raccomanda di ascoltarlo responsabilmente.
Massimo Boraso
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Jahmila - "Revolution Prohibida"
(CD Album - Gridalo Forte - Italia, 2005)
"Revolucion Prohibida", pubblicato dall'etichetta Gridalo Forte, è l'album d'esordio per i Jahmila. Buoni e asciutti gli arrangiamenti, atmosfere che ricordano molto "Les Negresses Vertes" e "Mau Mau" forse per la presenza straordinaria di una fisarmonica a tratti malinconica, che sa miscelare bene reggae/ska e ballate. Il sound penetrante dal carattere latino-mediterraneo, richiama un po' i suoni meticci dei loro conterranei "Ampara-Noya" soprattutto nel brano 3 (Woogie). In qualche punto i ritmi si fanno più incalzanti quasi a raggiungere l'entusiasmo e la grinta degli "Skalariak" (anch'essi spagnoli), ma la festa dura poco le melodie si addolciscono lasciandoci il tempo di riflettere.
La band non si ferma ai luoghi comuni o ad esperienze fugaci, dettate dal momento, ma è capace di scavare andando oltre l'apparenza del progresso per riportare in primo piano il sapore dolce e amaro della pura e semplice esistenza quotidiana. Quanto mai verosimile e rappresentativa la canzone "Amandola", quasi un manifesto della loro poesia. La band non è persa dietro a illusionismi da studio o alla ricerca musicale esasperata e ardita; piuttosto sembra esattamente consapevole della propria missione: cantare e portare "una canzone che esiste da sempre". Linfa vitale, nutrimento, oltre la musica. Il Roots dei Jahmila è intenso, estremamente sensoriale, terrestre, terreno. L'elemento umano risalta in primo piano. I brani, drammatici e avvolgenti, riprendono le nenie, i canti delle popolazioni mediterranee e le suggestioni della vita in un continente afro-americano vivace e sensuale. Marce forzate, dall'andamento rutilante a cui i Jahmila si abbandonano con fiducia. Un modello di song reiterativo, popolare che risulta solido e con cui riescono a comunicare lo scorrimento del tempo e il loro ossessivo legame alla vita. Un legame che conserva ancora un forte senso di appartenenza alla famiglia umana insieme a un sentimento tragico e profondo della vita tipico delle popolazioni neolatine. La condivisione dell'amore,
del dolore e dell'impegno è l'arma distintiva e ideale attraverso la quale continuare un canto che è una lotta, una riaffermazione della vita autentica su tutte le spregiudicatezze, i soprusi e le menzogne. Una musica "fondamentale" e capace di testimoniare ancora un livello di vita e di pensiero non contaminato dai valori dominanti dell'aggressione e del denaro,
una musica che è un'esperienza, un'esistenza da riscoprire.
Paolo Della Mora
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Punkreas - "Live"
(CD Album - UDP Discopiu s.r.l - Italia, 2006)
Un prodotto live per il mio ritorno alle recensioni su Skabadip.it, i Punkreas mettono su cd un sunto di quello che dall’89 ad oggi hanno suonato in Italia ed all’estero passando dai centri sociali sino ad eventi con 60.000 persone.
I Punkreas, per i pochissimi che non li conoscono a causa di 17 anni di esilio su di un isola deserta, sono il piu conosciuto gruppo punk d’Italia, provenienti dall’area milanese hanno fatto del punk la loro bandiera, e continuano a sventolarla intessuta di ricami giamaicani creando ciò che, molto riduttivamente potremmo chiamare ska-core, ma che io preferirei chiamare ska-punkreas.
Suono veloce e pogabile per queste 17 tracce che oltre a farci ballare ci fanno pensare su tematiche che vanno dal movimento no-global sino all’antiproibizionismo passando per la questione animalista ed a qualche critica al vaticano. Brani che formano la scaletta dei loro concerti e che sono stati tratti da sei dei precedenti lavori che spaziano cronologicamente dal 1995 al 2005.
Granitici i loro pezzi ma anche la loro coesione visto l’unico cambio in formazione di un componente dall’89 ad oggi, segno che idee comuni, voglia di suonare e di divertirsi senza pensare troppo al guadagno mantengono saldi i rapporti ed uniti i gruppi.
La canzone che dà inizio a questo concerto è “Voglio armarmi”, un attacco alla libera vendita delle armi negli stati uniti scritta con molta ironia su di un tappeto sonoro prettamente punk, si passa allo ska con la seconda traccia “Bastardi” che con chitarre saltellanti ci fa un po’ riprendere fiato dal pezzo precedente attaccando coloro che detengono il potere, il punk riprende il sopravvento per “Elettrosmog” che penso non abbia bisogno di ulteriori chiarimenti riguardo al suo contenuto.
Partenza quasi reggae per “Sotto esame” che via via accelera e che parla di come ci si senta nella società moderna a scuola o sul lavoro, “Tutti in pista” ritorna a farci pogare su testo antifascista, tornando al ritmo in levare in “Vulcani” un invito alla rivolta, in “Sosta” i consigli per gli acquisti durante la fermata all’autogrill in chiave punk sia come musica che come forma di pagamento.
In “La canzone del bosco” abbiamo la contrapposizione tra “civette” e “barbagianni” che farebbe pensare ad una contrapposizione tra la massa ed il modo di pensare dei Punkreas, segue “L’uomo con le branchie” in chiave skapunkreas che parla di inquinamento e mutazioni, il movimento animalista emerge in “Aca toro” ska danzereccio e pietra miliare del gruppo, dopo quello animalista viene fuori quello antiproibizionista con “Canapa”, inutili qui ulteriori spiegazioni……
Il punk riemerge in “American dream” assieme ad una buona dose di anti-americanismo, la moda delle sette diaboliche su di una base molto metal ci viene spiegata in “Satanasso”, attacco skankeggiante alla televisione che addormenta i cervelli in “Ultima notte”, a ricordo del G8 di Genova una tiratissima “WTO”.
Si alterna tra Two Tone e Ska Core la penultima canzone “Il vicino” ottima dimostrazione di stile skapunkreas, l’ultimo pezzo è “Occhi puntati” su chi guarda e giudica gli altri.
Tirando le somme se amate gli Skatalites evitate di comprarlo, non è il vostro genere, ma se nel caso vi piacciano Persiana Jones e Ska P per lo Ska oppure Bad Religion o Ramones per il punk in questo cd avrete un perfetto mix di tutto ciò.
Massimo Boraso
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U.S.C.B. Allstars - "The Best Of"
(CD Compilation - Grover Records - Germania, 2005)
Un “the best”, per la band svedese che si chiama come un squadra di qualche sport e che viaggia in levare da 10 anni, era anche ora di ascoltarlo e, ascoltatolo, si scopre un altro di quei dischi che si possono far ascoltare con fierezza a coloro che non sanno (ma esiste ancora gente così?) cosa siano ska e reggae. La raccolta è, infatti, un vero condensato di ritmi gioiosi, saltellanti, melodie brillanti, cori gradevoli ed armoniosi, arrangiamenti di fiati non banali, che riempie il locale dove lo si ascolta con allegria.
Ska e reggae moderni nelle melodie, nei suoni e negli arrangiamenti ma con le inestirpabili radici ancorate ai ritmi più classici che ci siano. Ottimo esempio di ciò ne è la canzone “Plug It In”, un reggae dub pregevolissimo.
Sono, ovviamente, gli ska che colpiscono di questa formazione che, con due chitarre, due cantanti, un’intera sezione fiati oltre al resto della ritmica di prassi, ha già 2 album, un paio di EP e un po’ di tracce sparse in compilation internazionali nella propria discografia. Originari di Gothenburg (andate a vedere quant’è a Nord!), gli USCB Allstars sono in grado di suonare rotolanti ska pieni di calore come “12 Steps” e “Honesty is Nothing” (che è una di quelle che m’è piaciuta maggiormente) e reggae apparentemente provenienti dalla Giamaica come la bella “One Dollar”.
Tra le canzoni più danzerecce ci sono senz’altro “Kids” , “Labba Labba” e la brillante “Heartattack” che si rivela essere una delle canzoni più belle del disco.
Da brava ska band che si rispetti gli USCB non risparmiano lo strumentale tosto che ha il tema di fiati cattivo alla Skatalites, un efficace bridge dub al quale subentra il solo di trombone e si intitola “Business or Pleasure” .
Il piglio generale del gruppo è quello dei grandi gruppi ska americani di stampo soul/melodico “Give In – Give Up”, “One Womans Man” e lo ska “Hammerlock” ne sono un ottimo esempio.
Quello degli USCB è un “best of” che fa sicuramente venire voglia di approfondire la conoscenza del loro lavoro ed è sicuramente un buon disco da intrattenimento. Valide ragioni per farsi venire la voglia di ascoltarli.
Sergio Rallo
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Bad Manners - "Stupidity"
(CD Album - Bad Records - UK, 2005)
Primo album di un progetto che dovrebbe comprendere un totale di 10 album ognuno dedicato a vari argomenti (tra i quali: single, rock, fat, skinhead, alchol, instrumental etc..) “Stupidity”, di cui non saprei dire con precisione l’uscita perché il sito della band – meglio: sito di Buster Blodvessel – non è ricco di particolari in merito, segna la definitiva dipartita di tutti i membri storici del gruppo di cui è rimasto solo il coriaceo front man.
Di 16 tracce, la prima che individuo di mio gradimento è la numero 9 (!)“Cider Drinker”, dove sembra che finalmente i nuovi Bad Manners si siano dati una pompata di energia più propriamente ska dopo una serie svariata di mezzi ska/mezzi rock non particolarmente entusiasmanti ed alle volte pure banali, che rappresentano le prime 8. Guarda caso (oddio! o sono io che mi sono abituato al brutto sound di “Stupidity”?!), “Cider Drinker” è seguita da “Tossin” che mi fa la stessa impressione ed è una canzone carina che mi ricorda i Bad dei precedenti dischi. Sulla stessa scia, più divertente e meno scontata di quelle dell’inizio, ascolto anche “Dat Think There” dove, in qualche maniera, Bloodvessel mi ricorda lo stile di Ian Dury. Il trash/ska/rock di “I Don’t Care” se potrebbe senz’altro far divertire un patito di punk e musica incasinata, non raccoglie il mio plauso analogamente alla cover hard core (!!??) di “Do Nothing” degli Specials. “Eng-er-land” è una vera e propria marcetta abbastanza delirante da trasformarsi in qualcos’altro che accelera a dismisura gonfiandosi fino a diventare uno ska con una melodia del tutto diversa dall’inizio. “Hoots Mon” ha le prime battute di “Baggy Trouser” dei Madness ma è, invece, l’unico strumentale, carino e tipicamente in stile Manners. Il cd finisce con “Manners Knees Up” uno ska/punk/reggae troppo rumoroso ed urlato con trasformazione finale nel famoso “Can Can”.
Un fan dei Bad Manners, magari per affetto, se lo prende pure “Stupidity” ma, in fin dei conti, quante volte lo ascolterà?
Ska moderno, da birreria e da casotto, gradito agli skapunkers, quasi indigesto per i patiti del tradizionale e del classico.
Sergio Rallo
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Enjoint - "Do You Wanna Dance?"
(CD Album - V2 - Italia, 2006)
Un inizio potente, con uno ska influenzato dal punk rock internazionale, opportunamente intitolato “Ska Attak”, è il “biglietto da visita” dell’album “Do You Wanna Dance?” degli Enjoint, gruppo di Padova, che del genere è valida rappresentante da una decina d’anni.
Il gruppo è sempre, saldamente, più ska che punk/rock come dimostra anche la seconda traccia “Irene”, dove gli Enjoint solo nel breve bridge e nella conclusione del brano indugiano nell’hard core.
Quello degli Enjoint è uno ska moderno, potente e veloce (ma mai esasperato), la cui natura rock emerge anche dalla presenza di due chitarre e dall’assenza della tastiera. Però, la musica degli Enjoint, ha caratteristiche peculiari quali una tendenza ad un approccio più swing e di cui la title track, il potente ska “Commissario Burton” e la più tranquilla “Strano il Destino” sono buoni esempi.
Gli Enjoint sono divertenti, mai cacofonici e non scontati, come dimostrano arrangiamenti interessanti ascoltabili un po’ ovunque ma in particolare nella veloce “Incubo” ed in certi buoni ska punk come “Allarme Rosso”, dove il passaggio nel reggae/ragga è abbellito da più voci e come in “Ferragosto”, con bridge in stile “ska-pachanka”, dove non si possono non apprezzare fiati e chitarra o, ancora, nell’orecchiabile “Pensiero Preferito” alla quale si scusa anche il coro finale da gruppo Oi! e, concludendo, come l’unico reggae intitolato “Lo Strano Gioco” che mi è piaciuto immediatamente.
Per quanto, invece, riguarda i testi sono a contenuto sentimentale, introspettivo o meramente danzereccio e, di tutti, quelli di “Lo Strano Gioco” sono quelli che mi sono piaciuti di più.
Infine, bella la copertina del disco che ha il suo riscontro in una “finestra” web del gruppo altrettanto curata e che dimostra come anche sotto il profilo meramente estetico e non solo musicale, il progetto degli Enjoint sia più che professionale.
“Do You Wanna Dance?” piacerà sicuramente ad una trasversale audience che va dagli appassionati di ska e reggae a tutti i patiti di punk rock melodico o semplice rock.
Sergio Rallo
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New York Ska Jazz Ensemble - "Skaleidoscope"
(CD Album - Brixton Records - Spagna, 2005)
Con qualche ritardo mi occupo dell’ultimo album dei NYSJE “Skaleidoscope” uscito l'estate scorsa.
Il leader Freddie "Rocksteady" Reiter è sempre convincente con le sue grandi qualità di solista polistrumentista e cantante ma “Skaleidoscope” non è certo il suo miglior album.
Il cd inizia con “Ska’s The Limit”, che non è cover del famoso brano dei Rude Boys inglesi, con lead del flauto, cui segue un cantato sullo stile degli Scofflaws intitolato “Joelle”.
Il mio gradimento va subito a “My Blue Ska”, brillante ska/jazz con inizio e break fatti di jazz al 100%. Mitico - come al solito - Freddie al tenore e ottimo il solo di trombone. Uno di quei brani che fanno comunque storcere il naso agli skinheads.
Forse troppo inflazionata, non mi entusiasma la cover di “Obla Di Obla Da” anche se l’accompagnamento è rotolante al punto giusto. Le preferisco il reggae scritto dal nuovo bassista Leventhal e dal trombonista Mikkelsen intitolato “La Maison Loic”. Il commento fatto sulla cover dei Beatles lo posso fare anche per la bella cover di “Makin’ Whoopee”, cantata da una brava e a me sconosciuta Sharon Jones che si esibisce anche nel breve afro/burru “Isn’t Funny”.
“Making Love”, un rocksteady cantato con passione insieme da Reiter e dalla Jones, è una bella canzone che non mi coinvolge quanto il successivo strumentale “Stardust”, tratto dalla famosissima rivista americana, che è caratterizzato da un elegante incedere dello ska(ed anche qui, come altrove nel cd, il trombone è registrato molto più basso di volume del sax di Reiter, così che sembra lontanissimo e non capisco nè condivido la scelta!). La traccia che conclude l’ascolto di “Skaleidoscope” è un bel rocksteady “meditativo” con la migliore melodia sfoggiata nell’album e che sembra trarre ispirazione da certi pezzi anni ’70 di Rico Rodriguez, si intitola “Partners In Time” ed è la terza traccia più bella del disco.
Per appassionati di ska jazz e musica strumentale in genere.
Sergio Rallo
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RedSka - "Mi Son Sbagliato Nel Confondermi"
(CD Album - Sana Records - Italia, 2005)
Ska/punk melodico, piuttosto bilanciato negli elementi e piuttosto elaborato, è il genere prediletto ed eseguito dai Redska, gruppo che ascolto per la prima volta.
Sì, ok, non è il mio genere ma “M.S.S.N.C.” scorre abbastanza bene per tutte le 13 tracce che contiene, senza lasciarmi quell’impressione di banalotto e “già sentito” che mi è capitato di provare con gruppi che frequentano lo stesso genere.
I Redska, infatti, sono veramente variegati e spinti dalla palese intenzione di non annoiare l’ascoltatore come testimoniano tracce molto diverse tra loro come “Non Stare ad Ascoltare”, “Dubby Un Dub”, la divertente cover di “In the Mood”, l’hc di “Diverso” o “Snob” con sprazzi di ragga o, ancora, il reggae con ottimo ska finale “Vivo”.
Inquadrabili nell’ambito dei gruppi cosiddetti “impegnati” i Redska se hanno il loro punto di forza in strumentisti e cantante convincenti, hanno sicuramente il loro punto debole nei testi che, al di là degli argomenti trattati (opposizione al governo, legalizzazione e sentimenti in generale), non “fanno presa” fatto salvo per l’ultima canzone citata, il reggae “Vivo”, che sembra in linea con i testi positivi e pieni di incoraggiamenti a superare le difficoltà della vita tipici di Jimmy Cliff. E’ la traccia che, infatti, ho gradito di più.
“Mi Sono Sbagliato Nel Confondermi” è un album certamente interessante per i patiti di “cross over” con hc, rock, ska e punky reggae miscelati insieme e potrebbe non deludere fan di Shandon, Persiana o addirittura Fishbone.
Sergio Rallo
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The Ska Flames - "Real Step "
(CD Album - Sunshot Records - Giappone, 2005)
Ed eccomi – finalmente! - a parlare degli inossidabili, eccezionali Ska Flames, la band giapponese cui sono maggiormente affezionato per essere stata la prima band ska del Sol Levante che io abbia mai avuto il piacere di ascoltare (album “Ska Fever”, era il 1989). Gli Ska Flames sono, con i Potato 5 inglesi, una delle prime band al mondo ad essersi dedicate esclusivamente allo Ska Tradizionale ed al Rocksteady (tutto maiuscolo perché gli Ska Flames suonano tutto con le maiuscole).
Nonostante con “Real Step” – uscito il 16 novembre scorso scorso e di cui, prima o poi, vi parlerò - Kei Miyanaga (il bravissimo bassista), Miyazaki Kenji (pregevolissimo chitarrista e ottimo armonicista) ed Ise Hirokazu (voce e cito solo questi tre degli 11 elementi che costituiscono la band perché sono gli unici inalterati dal 1989) festeggino un anniversario che segna un traguardo giunti al quale ogni appassionato di ska deve necessariamente togliersi il pork pie in loro presenza - ovvero 20 anni continuativi di musica Ska - non ho mai avuto occasione di recensire un loro album. Infatti, il precedente è “Damd Good” (con ospiti speciali come Alphonso, Sterling ed Aitken) uscita per festeggiare il decennale di esistenza del gruppo nel 1995! Insomma, quando uscì il loro ultimo album SkabadiP non c’era nemmeno. Che sia la loro snervante, scarsa prolificità a far degli Ska Flames un gruppo “cult”? Forse, ma credo sia più corretto indicare la loro estrema bravura e professionalità quale diretta ragione dello status di gruppo di culto. Chi ha avuto la fortuna di ascoltare i dischi sopra citati o lo splendido “WailmSkalm” (meglio: “Wail’m Skal’m”) sa benissimo di cosa parlo. Aggiungeteci 3 o 4 vecchi, cari 45 giri, qualche brano sparso in compilation ed un mini ellepi 12” (“Spirit 11”) ed avrete tutta la loro discografia!
Ovviamente, poi, gli Ska Flames sanno benissimo che chi ha aspettato tutto ‘sto tempo per un loro nuovo album è sicuramente anche più pretenzioso di quanto non lo sia con la band che sforna un disco all’anno e, quindi, non potevano che fare di “Real Step” veramente un bel disco. Ma io, pretenzioso, lo sono diventato e devo dire che comunque “Real Step” non raggiunge in bellezza i citati “WailmSkalm” e “Damn Good”.
Il “cd box” è del tutto particolare dato che, in realtà, riproduce (a dimensioni di cd, ovviamente) la vecchia busta di cartone di un doppio LP in vinile. All’interno di una c’è il cd a sua volta (e questa non l’avevo ancora vista!) inserito in una bustina di cellophane proprio come era uso con gli album di vinile! All’interno dell’altra busta c’era quello che a prima vista m’era sembrato, per dimensioni, un cd decorato a mo’ di disco di vinile e che, invece, si è rivelato effettivamente un micro disco in vinile, un 33 giri grosso come un cd! (ed anche questa, credetemi, non l’avevo mai vista). Il micro disco, di cui vi propongo anche l’immagine, mi ha dato dei problemi per il suo ascolto dato che il piatto del mio stereo ha il braccio che si solleva automaticamente raggiunta la misura standard del centrino che, sia nei 33 che nei 45 e nei 75 giri, è sempre la stessa. E non è quella del micro disco. La funzione non è aggirabile, ergo ho rispolverato un mio vecchio giradischi portatile Philips della seconda metà degli anni ’60 (che vedete anch’esso in foto) e col quale mi è stato possibile appurare che le due tracce “Ska Fever” ed il calypso “Rip Van Winkle” (rispettivamente del primo e del penultimo album) sono tratte da un concerto dal vivo e sono gran belle. “Ska Fever”, in particolare, ha il pregio di rappresentare la prima cover moderna dell’omonimo pezzo del dimenticato (non certo da SkabadiP!) trombettista Raymond Harper. L’interpretazione che ne fecero gli Ska Flames nell’89 rendeva onore a chi scrisse il pezzo e quella che ascolto ora sul dischetto fa altrettanto: è veramente travolgente! Insomma, il cd “Real Step” si propone anche come un vero e proprio gadget, per collezionisti e non. Pregevole.
Il cd vero, invece, di brani ne contiene 13 di cui 4 cantati in lingua madre (ma con foglietto di traduzioni in inglese così ci si impara un po’ di ideogrammi). Devo dire che il sound di “Real Step” sembra più vicino a quello del primo album degli Ska Flames piuttosto che a quello dei successivi due. E’ più “sporco”, il basso è più ridondante e la sezioni fiati pare più “arretrata” rispetto agli album che l’hanno preceduto. Gli strumentali ska sono percussivi ed il basso è di tipo walking, liberamente ispirato al grande Brevette, i rocksteady sono carichi, intensi. Ah, Real Step è il primo disco degli Ska Flames senza Kohji Watanabe, lo storico trombonista.
Il primo cantato si trova al secondo posto, dopo il discreto strumentale “Good Morning”, e si intitola “Kikoete Konaika”, ovvero “Can’t You Hear It?”. E’ una breve canzone, dedicata alla musica giamaicana ed è proprio un bel pezzo. Tipico degli Ska Flames è il successivo strumentale ska, intitolato “Stone River”: sembrano veramente gli Skatalites del 1965 in un brano mai sentito prima. Grande assolo di chitarra, tiro potente e sax tenore in costante levare.
Il primo rocksteady del disco non saprete mai come si chiama (a meno che non abbiate un amico che si destreggi coi ghirigori che chiamano ideogrammi!) perché le traduzioni ci sono solo per i cantati. A voi basti sapere che è uno strumentale con ritmica standard rocksteady in cui è il trombone a farla da padrone in un mood molto malinconico alla Rico Rodriguez. La quinta traccia rivela un altro rocksteady, strumentale di pregio, molto più skattoso del precedente ed intitolato “Take It Easy”. Qui sono sax alto e tromba a mettersi in risalto in due azzeccati assoli prima dell’ultimo giro e della chiusura inaspettata. Il secondo cantato lo ascolto a questo punto. Ritmicamente è un reggae stile primi anni ’70, l’ispirazione del cantante è certamente soul e la traduzione del titolo è “Stars Keep Shining”. Grande il ponte dub alla fine e bella la conclusione. Ormai spostati sul lato 70 del reggae, gli Ska Flames mi “inebriano” con un reggae/funk strumentale intitolato “Right Direction”, condotto dalla tastiera di un bravissimo Nagai Masakazu che è senz’altro un fan di Mittoo. “M Calypso” che segue è, indovinate un po’, un potente calypso strumentale che potrebbe essere anche utile a chi è a digiuno di tale genere per capire in che senso lo ska derivi da quello. “M” sta sicuramente per “Mega”, perché tale è “M Calypso” che condensa in sé la strepitosa potenza del genere musicale più diffuso dei Caraibi.
Tanto per non far calare la tensione, gli Ska Flames aggrediscono l’ascoltatore con un altro bello ska intitolato “Santamaria” che vanta un bel tema di fiati ispirato al cool jazz, giro veloce e trombone in levare. Il successivo, anch’esso uno ska ma più rilassato del precedente ed il cui il tema è più da jazz classico, è lo strumentale che dà il titolo al disco e possiede un gran bel bridge ed una natura che induce al sorriso. Annunciato da uno solo di tromba che si trasforma gradatamente nel riffino che proseguirà per gran parte del brano, giungo all’ascolto dell’11esimo pezzo del cd, si intitola “Stolen Beat” di cui posso dire che gli Ska Flames fanno loro, in maniera egregia, il burru ska inventato da Drummond e Knibb. Tema ispirato al lavoro del trombonista, ritmo di batteria mutuato dal più famoso batterista ska esistente. Prendi l’Arte e mettila da parte, dice il detto…
Con mia sorpresa “Meet Me” non è di un genere che ho mai sentito suonare agli Ska Flames prima, è, infatti, un classico lento soul, bello, elegante, cantato in giapponese nonostante il vezzo del titolo in inglese. Il cantante è senz’altro un bravo interprete con bella voce ma non mi impressiona. Non scontata la conclusione percussiva.
Sapete, infine, come si dice “luce del sole” in giapponese? Si dice “Taiyo” che è il titolo dell’ultima, divertente traccia di “Real Step”, ultimo cantato dalla melodia gradevole e dall’accompagnamento perfetto ma che non rientra tra i miei preferiti. Il cantante alza la voce ed io calo il sipario sulla recensione sperando che non mi tocchi arrivare a 45 anni per mettere il 5° album degli Ska Flames nella mia discografia, mannaggia!
Per i puristi dello ska tradizionale, del suono delle origini e della musica strumentale.
Sergio Rallo
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Tokyo Ska Paradise Orchestra - "Tsuioku No Lilac"
(Singolo - Avex Entertainment Inc. - Giappone, 2005)
Dopo l’acclamato album “Answer”, è uscito, il 15 dicembre ultimo scorso, “Tsuioku No Lilac”, luminoso singolo della Tokyo Ska Paradise Orchestra che preannuncia (spero) l’album del 2006 (dato che anche “Answer” è stato preceduto da 3 singoli). Mentre scrivo è, infatti, già uscito il secondo cd singolo che recensirò presto.
La prima canzone è un bellissimo rocksteady dal titolo – ahimè! - in giapponese, ed è in quella lingua cantato da un “ospite” dalla bella voce. Possiede una melodia intrigante, un solo di trombone commuovente, un arrangiamento di fiati grandioso ed è accompagnata dalla sua brava “version”strumentale sottotitolata “Trumpet Dub” che è il quarto pezzo dove il tema della voce è eseguito dalla tromba del bravissimo Nargo .
In mezzo, ci sono due di quegli stupendi strumentali cui ci hanno abituato negli anni i TSPO. Uno è intitolato “Zero Fighter”, uno ska dal tema di fiati spaventoso, riffino di chitarra insistente, assoli di tenore, tromba, trombone e chitarra incisivi e virtuosi e levare continuo dei fiati. L’altro è, nonostante i tempi siano quelli standard dello ska, il più suadente e rilassato “Silver Lining”, caratterizzato da un ampio tema di fiati e da un’altra serie di assoli preziosi.
I Tokyo Ska Paradise Orchestra sono geniali, nient’altro che geniali.
Sergio Rallo
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VA - "Trojan Rocksteady Rarities Box Set"
(CD Compilation - Trojan Records - Inghilterra, 2005)
Tra gli autori dei 50 brani presenti nella raccolta “Rocksteady Rarities Box Set”, ci sono quasi tutti i più famosi interpreti del genere: i talentuosi Silvertones, i Rulers, i Valentines, i Clarendonians, i Tennors, Hopeton Lewis, i Tartans, i Three Tops, i Conqueros, Eric “Monty” Morris, i Crystalites, Roland Alphonso, Mc Cook, oltre ad artisti che sarebbero diventati famosi solo nel periodo reggae: Glen Brown, Dawn Penn, i Kingstonian, i Gladiators.
Se da tutti questi grandi non ci si può che aspettare musica che, alle volte, è addirittura imbarazzante per quanto è bella (ascoltate “Whoo Baby” dei Silvertones, “It’s Not Right” dei Tartans, il vero capolavoro “Sock It To Me Baby” dei Valentines, o la versione alternativa di “Do It Right” dei Three Tops o “It’s Alright” dei Tartans o, ancora, “Won’t You Come Home Now” dei Conquerors, per convincervi della giustezza dell’assunto), sono gruppi e cantanti di cui leggo per la prima volta il nome come The Moving Brothers (“Don’t Play That Song”), Henry III, che canta “With A Girl Like You” di Presley, Diane Lawrence presente con una travolgente versione di “Hound Dog”, Ewan & Jerry (questo duo lo conoscevo già, a dir la verità!) con la bellissima “You’ve Got Something” o the Groovers che interpretano “You’ve Got To Cry” o l’eccezionale Charlie Kelly con la sua “So Nice Like Rice” o gli altrettanto stupendi Mighty Vikings in “Love Me Forever”, a lasciare l’ascoltatore (e, in particolare, me) a bocca aperta. Variamente accompagnati da gente come Tommy Mc Cook and the Supersonics, Lynn Taitt & the Jets, Bobby Aitken & the Carib Beats, Bobby Ellis & the Crystalites di Derrick Harriott, i Beverly Allstars, che offrono, ad abundantiam, anche alcuni notevoli strumentali come “Sock It To Me” di Alphonso, la più che pregevole “Try a Little Merriness” del tastierista Ike Bennett o l’altrettanto divertente “The Emperor” del trombettista Bobby Ellis, vi assicuro che i 3 dischetti di “Rocksteady Rarities” potrebbero far ballare pure un intero reparto geriatrico!
Confermano le mie esagerazioni capolavori come “Gee Whizz” dei Tennors, strumentali come “Halls Of Montezuma” di Alphonso, o “train song” alla maniera di “Skaville Train” (filone di successo tra il ’66 ed il ’69) belli e coinvolgenti come “The Train Is Coming Back” dei Gladiators, e chicche come la citata versione diversamente arrangiata di “Do It Right” dei Three Tops, o la gran bella canzone del veterano armonicista ska e cantante Charlie “Organaire” Cameron “The Good You Can” e, ancora, soul ska caldi ed avvolgenti come “Anything You Want” dello sconosciuto e bravissimo Dudley Williamson nonché, per finire, cupi rocksteady da vero sballo uditivo come “Coming On The Scene” di Johnny & The Attractions che diventa subito la mia #1 della “top 50” rappresentata dal box set. Inoltre, nell’ascoltare un così alto numero di brani tutti registrati tra l’inizio del 1966 e l’inizio del 1968, si coglie perfettamente lo sfumare del rocksteady nel reggae come nella bellissima “Don’t Say No” dei Silvertones, nella notevole “Rain and Thunder” dei Soul Tops o nell’altrettanto bella “Think Twice” del grande Eric “Monty” Morris, di cui non si può non apprezzare il tipico stile e la riconoscibilissima voce.
Musica da brividi, dall’inizio alla fine di tutti e tre i cd che contengono rarità che trovano posto su supporto digitale per la prima volta in 40 anni dalla loro prima apparizione su vinile ed il mio giudizio, anche per tali ragioni, è senza appello: imperdibile!
Sergio Rallo
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Catwalk - "Thin Rebellion"
(CD Album - Maninalto - Italia, 2005)
Leggevo, poco prima dell’estate 2005, sul forum degli amici di Skacco.net, che c’era qualcuno che diagnosticava il decesso dello Ska in Italia.
Diciamo che, nonostante i “nostri ritmi” si sentano sempre più spesso anche in mezzo al cosiddetto “mainstream” e non cito esempi per non annoiare, sembra effettivamente esserci qui da noi (la mia esperienza è, ovviamente, limitata a Milano) poco interesse del pubblico per il genere Ska.
Lo Ska, d’altronde e non smentendosi mai nel comportamento tenuto negli ultimi 40 anni, va sempre ad “ondate”.
Bisogna anche prendere atto che siamo un mondo di “modaioli”, dalle deboli convinzioni e passioni. Si consuma tutto subito, anche la passione per un genere musicale!
Nonostante ciò, la diagnosi effettuata dall’utente del forum di Skacco (e mi scuso con lui ché non mi ricordo il nik), è pessimistica e smentita dai fatti, anzi, dal fatto: il primo album dei milanesi “Catwalk” intitolato “Thin Rebellion”.
La formazione di 5 elementi, costituita da musicisti dal solido curriculum ska quali sono Gianluca Mancini (tasti e voce), Valentino Finoli (sassofoni), Lorenzo Ottanà (batteria) Massimo Dall’Omo (chitarre) e Ivan Barassi (basso), tutti già Jamaican Liberation Orchestra, nonché Vallanzaska, Smarts etc., si è servita per il disco della collaborazione di altri ex Smarts, Shandon, Franziska come Bollettieri al trombone, Bertucci come back vocalist, Ciccio Bolognesi alle percussioni e Fior alla tromba, nonché del contributo delle voci di Georgeanne Kalweit dei Delta V e di Giorgia Sallustio dei Dirotta Su Cuba.
Il risultato dell’incontro dei citati musicisti e cantanti, sono le 11 tracce di un album, nato dopo una lunga gestazione, convincente ed elaborato che unisce brani strumentali rilassati e cool come i due rocksteady “So What” e “Regsoul” e veloci e brillanti ska come la versione di “Webb City” di Buddy Powell o come la leggera “To Eddy & Fred” scritta dal Maestro Finoli, a cantati che, pur mantenendo ritmiche più che tradizionali, strizzano per melodia un occhio a certo pop, italiano e non, come la canzone che dà il titolo al disco (che mi ricorda i King Of Convenience) e quella cantata dalla bravissima Giorgia Sallustio intitolata “Non è un caso”.
Il lavoro dei Catwalk comprende anche brani più tradizionali come risulta dall’ascolto del reggae che vanta come voce la Kalweit intitolato “Road Map” o dallo Ska in stile New York intitolato “If You Stay” cantato da Mancini.
L’album dei Catwalk, riprendendo il discorso dell’inizio, pur essendo molto vario e tenuto in gran parte insieme da un comun denominatore cool jazz, ha una più che solida base ska/rocksteady che mi fa pensare seriamente che un genere musicale come lo Ska non potrà mai dirsi “in crisi o in agonia” finché ci saranno gruppi come i Catwalk che vi si dedicano.
Sicuramente consigliato agli appassionati di SkaJazz.
Sergio Rallo
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Laurel Aitken - "Live At Club Ska"
(CD Album - Trojan Records - UK, 2002)
Recensisco con qualche ritardo quello che lo stesso Aitken ebbe a definire “the best live album I ever had the pleasure of recording” perché penso che non sia mai tardi per parlare di un buon disco. Soprattutto se è ska.
Infatti, è proprio come dice il Padrino: questo live è di un divertimento travolgente, registrato benissimo, con un Aitken in pienissima forma ed una band dal tiro sicuro e senza sbavature nonostante le improvvisazioni del Maestro dello Ska.
La registrazione inizia con una vivacissima versione di uno dei suoi primissimi dischi in stile jamaican shuffle “Boogie In My Bones”, offre una godibile “Zion City” (una delle mie preferite del Nostro) ed il medley di “Mad About You” con “My Girl Lollipop”. Qui, Aitken si prende una pausa per fare spazio a Rico che suona con la band del Padrino una cover di “Eastern Standard Time” (partecipando poi solo a Caledonia) e quando il Sig. Aitken riprende a cantare lo fa per proporre una coinvolgente versione di “Bartender” che scalda gli animi prima che gli stessi prendano fuoco del tutto alle prime note del cavallo di battaglia de El Cubano “Sally Brown” (uno degli ska più belli della storia del genere!) che diventa l’occasione per un altro medley grandioso con “Long Shot (Kick The Bucket)” dei Pioneers che, detto per inciso, non m’era mai capitato di ascoltare cantata da Aitken.
Per la gioia degli skin, tra cui Aitken ha sempre goduto di particolare favore (nei tempi in cui gli skin erano sempre più spesso identificati come estremisti di destra razzisti – 1989/1990 – Aitken, ricambiando il costante affetto a lui dimostrato negli anni dalle teste pelate, dichiarò candidamente in varie interviste a chi gli chiedeva un giudizio sul fenomeno: “I don’t like skinheads…I love them!”), Live At Club Ska contiene anche una delle più belle versioni che mi sia capitato di ascoltare di “Skinhead Train” e della divertente “Skinhead”. E’, poi, buffo come Aitken abbia fatto del tutto sua “Al Capone” di Prince Buster. Sarà perché è stato uno degli ska che Aitken ha sempre eseguito negli ultimi dieci anni di concerti della sua vita, ma quella che si può ascoltare su questo disco non è una cover, è un pezzo che è diventato suo, con Lui all’armonica a bocca in uno stile simile a quello di Roy Richards.
Tra le preferite di sempre del mio adorato Padrino annovero certamente “Sahara” (il classico ska “carico” e potente) ed anche in questo caso Lorenzo Antonio Aitken non mi delude. Anzi, mi sbalordisce per intensità di interpretazione, soprattutto considerato che all’epoca del concerto aveva già 75 anni! Potente l’accompagnamento.
Concludono l’ascolto, ripeto, del più bel disco dal vivo del primo interprete di successo dello Ska giamaicano, il notevole rocksteady “It’s Too Late” in cui la caldissima voce di Aitken accarezza l’ascoltatore e la ottima cover di “Caledonia” del re del jive Louis Jordan anch’essa interpretata con la freschezza di un ragazzino e capace di far emergere in tutta chiarezza la profonda natura r&b dell’Artista.
E’ uno dei dischi di Aitken che ho ascoltato più spesso da quando non c’è più, sarà perché la freschezza della registrazione me lo restituisce vivo e saltellante sul palco come mi ricordo di averlo visto almeno una mezza dozzina di volte o sarà perché condivido pienamente ogni parola di Aitken nelle note da lui scritte in terza pagina del booklet: “Greetings to all my fans – This record is brought to you with love and pleasure in mind. The Godfather invites every one of you to listen, enjoy but most of all DANCE to the fantastic sounds of my music, my band and my old friend Rico”. Comunque sia, un album che tutti i veri fan di Aitken dovrebbero ascoltare. E, se mi è concesso, concluderei citando ancora una volta il Maestro: “So HIT IT from the TOP to the very LAST DROP!!”
Sergio Rallo
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Madness - "The Dangermen Sessions"
(CD Album - V2 - UK, 2005)
Devo dire la verità: risentire alla radio e rivedere in video i miei adorati Madness, la band cui devo la mia mai più sopita passione per lo Ska, mi ha fatto proprio gioire. Forse perché quando ero uno sbarbo i video dei Madness capitava abbastanza spesso di vederli passare in TV, ho avuto un tuffo nostalgico. Ma nonostante io non sia più un adolescente ed i Madness abbiano qualche ruga in più, Suggs e compagni sono sempre vitalità e divertimento allo stato brado.
Il nuovo disco, lungi dall’essere una noiosa sequela di cover di ben conosciute canzoni giamaicane come è capitato di fare ai Selecter con la serie “Trojan Song Book”, contiene 12 canzoni tutte da scoprire perché riarrangiate con il tipico stile dei Madness.
Sempre “fedeli alla linea”, e a ribadire un’ispirazione pesante che è addirittura nel nome, i Madness iniziano l’album con una cover di una traccia rara di Prince Buster “Girl Why Don’t You?” originariamente intitolata “Answer Your Name” e presente sull’album “What a Hard Man Fe Dead”, prosegue con “Shame and Scandal” in stile vagamente dance hall (di cui è uscito singolo e video) e ha un rallentamento con “I Chase the Davil” di Max Romeo, reggae riuscitissimo.
I brani che mi sono piaciuti maggiormente sono la stupenda “You Keep Me Hanging On” di Diana Ross che il gruppo londinese “ricrea” in maniera tanto efficace da piacere pure a mie amiche fan della divina regina del Soul, la bellissima “So Much Trouble in the World” (indovinate un pò di chi è!) e “Rain” di Jose Feliciano.
Lo stile ed i suoni sono moderni come sono sempre stati MODerni i Madness e parte del risultato è sicuramente imputabile a Dennis Bovell (maestro di dub oltre che bassista di chiara fama) alla prima collaborazione con i Madness ed il risultato è più che buono, sia su canzoni inflazionatissime (almeno per noi “del giro”) come “Israelites”, sia su tracce meno comuni come “Taller Than You Are” di Lord Talamo, “Lola” dei Kinks (anche questa tra le migliori dell’album e la più “nutty” di tutte) e la citata “Rain”.
Come hanno sempre fatto in ognuno dei loro album dal lontano esordio nel 1979 anche in questo loro ultimo, danzabilissimo CD, i Madness offrono un loro tipico strumentale intitolato “Dangerman aka High Wire”, anch’esso una cover da non perdere.
I Madness di queste Dangermen Sessions non sono mai stati così tanto reggae ‘n’ ska. Essenziale.
Sergio Rallo
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M-Cake - "Sentieri Smarriti"
(CD Album - autoprodotto - Italia, 2005)
Belle voci, buone melodie, ritmi solidi e testi non banali sono al primo ascolto le credenziali di questa sorprendente formazione ligure. Chi l’avrebbe detto che dalle colline di Bogliasco (GE) pulsava un bel reggae/rocksteady suonato da gente che sembra avere le idee chiare sui riferimenti storici e sitilistici della musica che piace anche a SkabadiP.
Il taglio è moderno, non certo tendente al tradizionale, ma qui nessuno ha mai detto che ciò è un difetto. Inoltre, moderno è il sound e qualche tendenza melodica tipica del ragga ma non c’è né dance hall né, tantomeno, hip hop. E’ reggae roots senza influenze mistico/africane ed è la ragione per cui il disco è piaciuto tanto anche al webmaster di questo sito.
“Sentieri Smarriti”, questo il titolo di un CD completamente autorpodotto, con un totale di 8 tracce scorre allegramente nel lettore attirando l’attenzione di chi ascolta con la prima, autoreferenziale traccia dal titolo “M-cake”, con la divertente “Caravaggio” in cui, mi si conceda l’ironia di cui pur è pregna la canzone, si parla di trombate pittoriche e con le successive “Musa” (ska/reggae grazioso ma ragazzi, occhio agli stacchi!) e “Biscotto” anch’essa tra reggae e ska. “Bevimi”, che conclude l’ascolto, è probabilmente la migliore canzone del disco che nasce senza fiati e che non pare sentirne affatto il bisogno. Sicuramente un buon debutto.
Sergio Rallo
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The One Droppers - "Original Jamaican Boogie"
(CD Demo - autoprodotto - Italia, 2004)
Original Jamaican Boogie è un buon demo. Raccoglie tra un'intro iniziale ed un outro finale 4 cover.
La prima cover è "Simmer Down" di Bob Marley, la cover delle cover, qualsiasi band che si rispetti l'avrà suonata almeno una volta. Semplice.
La seconda cover è intitolata "Stop The Train". Non è la cover di "Stop The Train" di Peter Tosh, è la cover di "Stop That Train" di Keith & Tex. Credo i The One Droppers si siano ispirati alla già cover degli Ocean 11 (così appare dai testi e così mi spiego anche il titolo).
La terza cover è "The Ska" di Jackie Estick, secondo me la traccia migliore del CD, molto frizzante ed un'ottima introduzione.
La quarta cover, "Skammertime" aka "Summertime" di George Gershwin, è un pezzo Jamaican Jazz, ben fatto ma con poca grinta. Mi riferisco soprattutto a Jonny voce della band che in questa canzone non mi convince granchè.
Una critica che avanzo a tutti quelli che si cimentano con canzoni di lingua inglese, è di migliorare la pronuncia. Sono veramente pochi i casi italiani di cui posso testimoniare una buona padronanza della lingua.
Nel complesso Original Jamaican Boogie ripeto è un buon demo, i The One Droppers si ispirano ad uno Ska Original ricercato, dimostrando di averne anche una buona conoscenza.
Mi auguro di vederli live appena possibile e già immagino quanto possano essere coinvolgenti dal vivo.
Demo consigliato a tutti quelli che di Ska Original colpiscono.
Francesco Spadoni
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Tokyo Ska Paradise Orchestra - "Answer"
(CD Album - Avex Inc. - Giappone, 2005)
L’unica formazione ska al mondo che con il penultimo disco (“High Numbers”, stessa etichetta, 2003) ha venduto la bellezza di 450.000 copie e, ad oggi, dopo 16 anni di onorata (ed onorevole) carriera fatta di almeno 16 album, altrettanti CD singoli, 4 o 5 DVD ed un’iradiddio di concerti per tutto il globo terracqueo, è riuscita a venderne almeno un milione, è la sola, fantastica, leggendaria Tokyo Ska Paradise Orchestra.
L’80% della formazione è praticamente la stessa degli esordi - eccetto per il batterista ed il chitarrista migrati altrove e per il caro vecchio “Cleanhead” Gimura, l’originale cantante e chitarrista morto suicida a metà anni ’90 – con tutta l’intera originale sezione fiati, costituita dai migliori ottoni di tutto l’Oriente, ovvero il trombettista “Nargo” Nagoya, il trombonista Kitahara, l’instancabile alto sax-chitarrista-ballerino Hiyamuta, il sax tenore Gamo, ed il grande sax baritono Yanaka.
Presenti fin dal ‘90, ed altrettanto essenziali per il sound della band, sono anche il bravissimo tastierista Oki ed il bassista Kawakami che si amalgama oggi con il batterista Motegi tanto bene quanto faceva con Aoki fino al 1999.
“Answer”, ultimo album della formidabile formazione, merita un’introduzione così “tracotante” dato che, come al solito, dei 14 brani in esso contenuti nessuno è scontato o banale, scarso o noioso ma, al contrario, sono tutti attraenti, luminosi, potenti, melodici e caratterizzati dalla solita perfetta esecuzione.
Il solo inizio del disco, fatto di ska potenti e travolgenti come “Tongues Of Fire” ed il più tradizionale “Nasty Blues” (che inizio!), è una vera e propria scossa alla spina dorsale che non diminuisce all’ascolto del primo gradevole cantato (in giapponese) “Map of the World” ed anzi aumenta d’intensità con il velocissimo e potente ska/rock “Left With the Dog” (cantato, coralmente in inglese) che fa presa immediata sull’ascoltatore. Per chi è in un mood più tradizionale consiglio la “souleggiante” “Stampade March”, per chi ha, invece, nel sangue jazz caldo e fondente dalle tinte latineggianti, consiglio l’eccitante “Stroke Of Fate”, mentre per chi si nutre di funk sarà una sorpresa scoprire come lo stile funky anni ‘70 si sposi da Dio con i giri ripetitivi dello ska in “Open Your Eyes”.
“Family Tree” e “Azure” sono stupendi strumentali ska tradizionali in classico stile TSPO, senza tempo ed abbelliti da assoli da brivido come lo è il quasi tutto strumentale (mitico Nargo) “Smoky Town” che mi ha fatto skankeggiare fino all’angina pectoris (il collasso del muscolo cardiaco lo raggiungi nel bridge!) e che è rientrato subito tra i brani da me più ascoltati questa trascorsa estate 2005.
Trovate ritmiche geniali, inizi quasi commoventi (non ci credete? Ascoltate “Twilight Slider”!) ed armonie sublimi sono caratteristiche costanti di un gruppo che suona qualsiasi cosa con maestria…come si fa a non amarli?
Sergio Rallo
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VA - "Safe Travel"
(CD Compilation - Pressure Sounds - UK, 2005)
La Pressure Sounds è un’etichetta inglese specializzata in reggae che ogni tanto strizza l’occhio a noi malati di oldies che nel 2001 aveva già pubblicato la raccolta di rare produzioni di Derrick Morgan intitolata “Red Bumb Ball” che ho pure recensito con soddisfazione quando Skabadip era ancora .com.
Ora che Skabadip è .it, la Pressare Sounds si ripete con questa anch’essa corposa raccolta intitolata “Safe Travel”. Mi chiedo retoricamente: e come potrebbe mai essere unsafe un viaggio accompagnato dal rocksteady?
Le produzioni sono quelle di un altro dei cosiddetti personaggi “minori” del nostro genere musicale ovvero Phil Pratt, aka Gorge Phillips, cantante e produttore di alcuni (come recita l’esaustivo booklett), tra i più belli e meno conosciuti brani rocksteady. In effetti, gli appassionati del vinile tendono a parlare delle due etichette su cui uscirono originariamente i singoli di questa raccolta con religioso rispetto, trattandosi della Calton del famoso produttore Ken Lack (aka Blondel Keith Calneck) - che proprio nel 1966 cominciò la propria attività - e della Jon Tom sempre di Lack ma seguita personalmente dallo stesso Phil Pratt che così l’aveva chiamata intitolandola al trombettista Johnny Dizzie Moore ed al sassofonista/flautista Tommy Mc Cook entrambi già Skatalites e suoi amici.
Detto che l’accompagnamento è fornito da Lynn Taitt & The Jets e dai Supersonics di Tommy Mc Cook; che i brani furono registrati tra il 1966 ed il 1968 presso Federal Records Studios, West Indies Records Limited (WIRL) e Treasure Island Recording Studio; che, oltre allo stesso Phil Pratt, si possono ascoltare cantanti del calibro di Ken Boothe, Larry Marshall, Horace Andy, Clarendonians (tra i miei gruppi preferiti di cui ci sono 2 tracce da me mai ascoltate prima tra cui la bella “Bye Bye Bye” dedicata con scherno a Mr. Dodd abbandonato perché li “teneva soggiogati” ed oltre ad altre due tracce accreditate al solo Peter Austin!) e Hamsley Morris; detto ancora che già i soli due strumentali di Mc Cook e quello di Vin “Don Drummond Jr” Gordon valgono il disco, detto ciò cosa mi rimane da dire? Ah, si, certo: di 23 brani di grande rocksteady giamaicano non ne conoscevo neppure uno!
Viaggiate sicuri: ascoltate Rock Rock Rocksteady!
Sergio Rallo
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Laurel Aitken & The Cookoomackastick
"The Very Last Concerts and Studio Recordings" (DVD)
"You’ve Got What It Takes/That’s How Strong" (CD Singolo)
(P&C BZrecords - Italia, 2005)
L’ultimo tour italiano (e della sua vita) il grande musicista cuba/giamaicano noto come il “Padrino” dello Ska lo fece con i ferraresi Cookoomackastick nel 2003. Tanto la simpatia fu reciproca che la band ed in particolare il chitarrista della stessa ovvero Marci Lee, sono sempre rimasti in costante contatto col “Godfather”. Anche durante il lungo anno di malattia dalla quale il vecchio Artista sembrava non potersi più riprendere, telefonando a scadenze settimanali alla dolce moglie Sandra. Ripresosi miracolosamente Aitken, diciamolo pure, fregandosene dei pareri dei medici che gli consigliavano di riguardarsi, non solo ha fatto qualche apparizione sul palco in concerti in suo onore ma ha anche accettato di buon grado l’ospitalità dei ferraresi per registrare quelle che ora sono le sue ultime canzoni. I veri e propri ultimi ruggiti di un Padre Fondatore del genere Ska.
E qui apro la doverosa parentesi per sottolineare come Aitken sia stato un vero e proprio recordman nell’ambito della musica giamaicana e non ce ne voglia l’amico Prince Buster se li elenco numericamente: 1) “El Cubano” ha cantato nei primi 78 giri mai registrati in Giamaica di mento e calypso 2) facendolo col primo produttore della storia dell’industria discografica dell’isola, Stanley Motta nel 1956; 3) è di Aitken il primo r&b, shuffle o boogie che dir si voglia che sia mai stato registrato in giamaica (Aitken’s Boogie del 1957, insomma, in realtà oltre che dello Ska, Aitken era anche il Godfather of Jamaican Boogie!), 4) facendolo col secondo produttore della storia dell’industria discografica dell’isola, Dada Tuari; 5) suo, nel 1959, il primo disco mai uscito con etichetta Island Records (il doppio lato “A” Little Sheila/Boogie in My Bones); 6) e, con quel singolo, Aitken è stato anche il primo artista locale ad entrare in classifica al primo posto e 7) a restarci per quasi 14 settimane; 8) è stato il primo a cantare testi di contenuto religioso rasta (Roll Jordan Roll, Zion City) e 9) a mischiare il r&b con le percussioni africane; 10) è stato il primo artista giamaicano ad ottenere riconoscimento in Inghilterra, aprendo la strada a tantissimi altri e diventando il più famoso interprete dello Shuffle/Boogie giamaicano che andò di moda nei club di Londra nei primi anni ‘60; 11) suo, nel 1960, il primo 45 giri mai uscito con la leggendaria etichetta Blue Beat (Boogie Rock) che diede allo Ska il suo affascinante sinonimo; suoi anche i primi 45 giri usciti con le etichette 12) Ska Beat, 13) Nu Beat, 14) Dice e 15) Rio ed altre etichette “di culto” del periodo ska/early reggae; 16) sua la prima canzone dedicata agli skinheads per cui “Mr Cleanhead” diventerà un mito (Skinhead Train, 1969); 17) sua l’unica canzone d’ispirazione “rasta” che i giovani skin si troveranno a ballare (Heile Heile (the Lion) 1969 e, qua, El Cubano ha rasentato il miracolo!); 18) sua l’unica canzone di un artista delle origini ad entrare in classifica inglese nel periodo Two Tone (Rudy Got Married, 1980); sparito il fenomeno Two Tone, è Aitken 19), con i Potato Five, tra i maggiori fautori della “terza ondata” ska del 1989 grazie anche alla sua fantastica Sally Brown che, registrata tre anni prima, diventò in pochissimo tempo (ed è tuttora) un classico successo “underground” della musica Ska, suonata ovunque nel mondo dalle nuove generazioni di ska fans. Difficilmente, in qualsiasi altro genere musicale, troverete un primatista come Lorenzo Antonio. E mi sono soffermato solo sui dati come dire “di fatto” e non sull’aspetto strettamente artistico della carriera dato che la discografia del Padrino ricomprende, come ho avuto modo di dire altrove, alcune delle più felici melodie e dei più potenti ritmi, del genere ska/reggae
Ricordato, quindi, quanto è doveroso ricordare anche alle future generazioni, passo subito ad occuparmi dei due dischi.
Le due canzoni presenti nel mini CD (uscito in contemporanea il 19 novembre u.s. con il DVD in concomitanza con la serata Tributo al Maestro scomparso) sono le interpretazioni di Aitken e dei Cookoo dei due classici del Soul americano “You’ve Got What it Takes” e “That’s How Strong (My Love Is)”. Sinceramente, se vi dicessero che Aitken quelle canzoni le ha cantate dopo la grave malattia respiratoria che l’aveva tenuto in coma non ci credereste e, invece, seppur sfiancato dalla malattia, l’High Priest of Reggae non si è smentito, diventando per l’occasione “High Priest of Soul” e riuscendo, ancora una volta, a darmi nuove vibranti emozioni. L’arrangiamento dei Cookoo e l’interpretazione di Aitken (eseguita strofa per strofa) sono la più bella sorpresa che si poteva riservare ai fan del Godfather per il Natale 2005.
Per quanto, invece, riguarda il DVD con gli ultimi concerti, i backstage, le riprese in studio mentre si preparano le registrazioni di Jamaica, She’s Gone To Napoli, Pregherò (la versione in italiano di Stand By Me) e della struggente My Way di Sinatra è, senza alcun dubbio, il più bel tributo ed il miglior ricordo che si poteva avere di Laurel Aitken. Si può, infatti, ammirare l’anziano Maestro oltre che in una dozzina di suoi cavalli di battaglia ripresi dal vivo qua e là in varie piazze d’Italia, divertirsi, provare, arrangiare ed il tutto, dà veramente bene l’idea della gioia, dell’allegria dell’uomo e dei suoi concerti, della seria professionalità con cui spiegava lo stile del pezzo da eseguire o i ritmi da seguire e, soprattutto, del fatto che Aitken fosse una specie di macchina per cantare: qualsiasi ritmo tu stia suonando lui è lì, pronto, col suo senso del tempo immutato ed immutabile per 78 anni. E’ incredibile come Aitken sia venuto meno pochi giorni prima di un’apparizione sul palco che voleva fare in una serata in suo onore e pochi giorni dopo che il suo medico curante gli aveva detto che non doveva più, nella maniera più assoluta, esibirsi. Senza il canto la sua vita non aveva ragion d’essere e, forse, anche per questo il suo cuore non ha più retto. A proposito del suo decesso voglio citare le parole dette da Ken Boothe dopo aver indicato Aitken come suo primo ispiratore: “sono sicuro che ovunque sia ora Aitken, là è la musica” (tradotto da Jamaican Observer del 22 luglio 2005)
Le canzoni del DVD sono le stesse della scaletta del suo lodatissimo live del 2002, Sally Brown, Al Capone, Mad About You, Zion City, Skinhead, Bartender, Caledonia e Boogie in My Bones cui si aggiunge una bellissima ed emozionante versione di Stand By Me di cui è presente, come già detto, anche la versione in italiano “Pregherò” cantata in studio e che, insieme a quelle presenti nel CD singolo, ed oltre ad altre due canzoni che canteranno Winsto Francis e da A.J. Franklin (ex Chosen Few), costituiranno l’ultimo album di inediti di Aitken di prossima uscita.
Lasciatemi, infine, fare un’ultima considerazione: credo che possa essere motivo di orgoglio per tutti gli appassionati di ska italiani il fatto che queste ultime registrazioni siano state prodotte ed intensamente volute in Italia, a Ferrara per la precisione, dove un gruppo di persone veramente speciali ha fatto trascorrere a Lorenzo gli ultimi momenti di una gloriosa e lunghissima carriera amato, stimato e rispettato. Veramente grandi Cookoomackastick!
Sergio Rallo
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The Aggrolites - "Dirty Reggae"
(CD Album - Axe Records - US, 2003)
Da Los Angeles, arriva quella che da molti è considerata la miglior skinhead reggae band del momento: The Aggrolites.
Prima di parlare dell'album precisiamo subito che gli Aggrolites non sono nuovi alla scena ska-reggae, poichè già membri di altre bands della West Coast,
quali i See Spot, i King Apparatus, i The Rhythm Doctors e i The Vessels (quest'ultime due anch'esse skinhead reggae bands, ora ex).
Non solo. Anche gli ospiti non sono da meno, si va da Deston Berry e Scott Abels degli Hepcat a Matt Parker dei The Adjusters.
Dirty Reggae è il loro primo album, 14 tracce di ottimo early reggae fine anni 60, nessuna cover, sonorità "scratch", sporche, un pò funk.
Batteria, chitarra ed organo creano quest'atmosfera già da "Hot Stop", prima traccia.
Molto più soul "Jimmy Jack", "Keep it cool" e "Money Hungry Woman", rispettivamente seconda, quarta e sesta traccia dell'album.
La voce di Jesse Wagner è distorta ma sempre calda ed un'interpretazione fantastica.
"The Stampede" è un bellissimo strumentale alla Rico Rodriguez, il trombonista Dave Wiens (ex Let's Go Bowling) dopo questa magnifica canzone toglie la certezza, a chiunque si sia destreggiato sino ad ora tra mille trombonisti, di poter riconoscere sempre e al primo colpo il suono di Rico.
E' Dave Wiens la sezione fiati, non vi mettete a cercare altri fiati, assoli di sax o di tromba, perchè non ne troverete uno.
"Pop The Trunk" è una di quelle canzoni che ti fanno muovere. E' la canzone da party della West Coast, è di quelle canzoni che non fai in tempo ad ascoltare che sei già in mezzo alla pista.
Di questa canzone trovate anche il video sul sito degli Aggrolites o direttamente sul sito della Sluggo Productions ( www.sluggoproductions.com ).
La voce grezza e roca di Jesse Wagner si ripete in "Joe Grind", accompagnata da riff di basso e tastiere, ma è dalla chitarra del grande Brian Dixon che esce l'assolo in tema. Una canzone bella e tirata.
Nei due strumentali "Reggae Wonderland" e "Lunar Eclipse" escono fuori le tastiere suonate alla grande, inna Jackie Mittoo style da Roger Rivas.
"Dirty Reggae", è la canzone che conclude l'album, ancora una volta Wagner si dimostra incredibilmente capace di interpretare uno skinhead reggae che poche volte ho sentito interpretare così bene.
Consiglio questo disco a tutti i fans dei Symarip, di Clancy Eccles & The Dinamites, degli Upsetters e di band più attuali, due in particolare, entrambe spagnole, i Los Granadians e gli Aggronauts.
Saranno nuovamente in giro per l'Europa la prossima primavera-estate, fortunatamente anche in Italia stavolta. Non perdetevi l'occasione.
Francesco Spadoni
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Arpioni - "Malacabeza"
(CD Album - Alternative/Venus - Italia, 2005)
Gli Arpioni sono la formazione ska più longeva della Lombardia il che è un buon motivo per togliersi il pork pie in segno di rispetto.
Esattamente come il buon vino - di cui sia io sia loro sono degli appassionati - gli Arpioni, più passa il tempo, più acquistano corpo e spessore, e non è certo un modo di dire abusato sostenere che Malacabeza, loro ultima fatica dopo qualche anno di silenzio discografico, è sicuramente il loro miglior album di sempre!
Gli Arpioni dimostrano con "Malacabeza" ampiamente una qualità che li contraddistingue da tanti altri gruppi che cantano in italiano (anche ben più famosi di loro): sanno raccontare le cose con scanzonata allegria ed anche quando sono "impegnati" lo fanno veramente bene, senza slogan e senza urlare.
Questo per quanto riguarda i contenuti, per quanto, invece, riguarda la musica gli Arpioni si sono divertiti da pazzi a proporre insieme ad una dose di più che brillanti ska, anche altri generi facendolo con compassata naturalezza.
Malacabeza, infatti, apre con un potente soul di gran spessore (che non starebbe male in una versione italiana di the Commitments!) intitolato "Basta!"; prosegue con la più che gradevole versione ska di "Una Storia Disonesta" ("due amici 'na Chitarra e uno spinello…") di Stefano Rosso con tanto di Stefano Rosso (esattamente come il vino!) come più che apprezzato ospite (anche lui divertente e sicuramente divertito); continua con la canzone di Proietti "Er Tranquillante Nostor" (che è, ovviamente, il vino!) rivista sempre in stile skanchettoso che non mancherà di stampare un sorriso beota mentre la si ascolta o la si balla anche per il commento finale di Rosso; arriva alla canzone che dà il titolo al disco e che sarebbe veramente azzeccata come martello estivo (cori e arrangiamento di fiati compresi) sempre con Rosso; propone la traccia dal titolo "Incendio" che è lo ska sentimentale più bello che mi sia capitato di ascoltare di recente con un particolarissimo mood anni '60 e che mi ha conquistato immediatamente; arriva a metà con il potente punk melodico e di protesta intitolato "Colpo In Canna" che è una bella lezione di punk impartita dagli Arpioni a certi gruppi che sanno solo distorcere la chitarra ma non sanno mettere due parole insieme (ed anche se il punk è un genere che non mi è mai piaciuto e mai mi piacerà); continua con "Salsa Obrera", una vera salsa calda e divertente da 10 e lode, sia il testo, sia la musica, bellissima; poi c'è "Diciamo" (intro da non perdere) altro brano tra i più divertenti e spontanei di Malacabeza; infine un'altra delle tracce che ho gradito maggiormente e che merita di essere citata è il rocksteady/reggae "Equilibrio precario";
Il tutto registrato con estrema cura, con un lead singer (Kino) che è un gran tenore, una ritmica precisa e pulita, una sezione fiati che "sta in sezione" come da migliore tradizione soul e con un feeling perfettamente ska (ascoltare la title track per concordare subito), con cori gradevoli ed una serie di ospiti di tutto rispetto tra cui, oltre a Stefano Rosso, anche Roy Paci (che solo in Salsa Obrera!).
Disco più che valido con video al seguito da non perdere e da supportare.
Sergio Rallo
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The Blaster Master - "Tuffer Than Roots"
(CD Album - Grover Records - Germania, 2005)
I Blaster Master me li ricordo aver debuttato discograficamente un po' di anni fa (1997) ma solo ora riesco ad ascoltare un loro album. E che album!
Tuffer Than Roots mi è piaciuto subito, al primo ascolto.
In effetti, tutte e dodici le tracce del disco sono brillanti e lo stile dei Blaster Master è tratto, più che dallo ska tradizionale (ma le radici lì sono!), dallo ska tedesco di fine anni ottanta. Sarà per il lead vocalist che mi ricorda vagamente quello dei Blachreiz, o sarà per quelle ritmiche toste che i Blaster Master si divertono a mettere insieme.
Il gruppo finlandese se la cava egregiamente e diverte con tracce potenti, lievi, sgangherate, lente, veloci, inquietanti, ironiche. Potrebbero essere i Madness dell'estremo Nord!
L'album parte con un buono strumentale che funge e s'intitola "Intro", prosegue con un lento ska dall'atmosfera decisamente two tone caratterizzato da un accompagnamento di piano che ricorda i ragazzi di Camden Town intitolato "Brixton" e si velocizza con la terza traccia "Johnny the Bastard".
In stile molto più caraibico ed original ho trovato essere "Litmanen" che precede la coinvolgente title track che è un altro bello ska two tone. "Tuffer Than Roots" sembra, infatti, uscita da un 45 giri dei primi '80 con stile del cantato non dissimile a certe canzoni del buon Mark Foggo, giusto per restare nel nord Europa. "I'm In a Hurry" è, invece, uno ska veloce che precede il pezzo che mi ha fatto impazzire subito e che è l'accattivante strumentale "Little Sunflower" fatto di fiati, chitarra, piano e melodia azzeccatissimi. Grande musica da viaggio!
Punky reggae come "Got a Minute", ska come "Ghost" e ottimi stomper dalla struttura tipicamente rock come "Foreign Bodies" attrarranno sicuramente i fans orfani di gruppi come Liberator, Chickenpox.
10 con lode!
Sergio Rallo
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The Cookoomackastick and Winston Francis - "Suspicious Minds"
(Mini CD - BZrecords - Italia, 2005)
Si, leggete bene: The Cookoomackastick con Winston Francis! Ma che diavolo ci fa il grande crooner giamaicano, quel "Mr. Fix It", già noto per essere stato il cantante nella band di Carlos Malcom and His Afro Jamaican Rhythms, ma più famoso nella seconda metà dei 60 per degli splendidi Soul/Rocksteady ("Same Old Song", "Venus", "Mr Fix It" etc) e per la cover che del suo brano "Too Experienced" fecero le Bodysnatchers nel 1980, insieme all'ottima formazione dal nome che non finisce mai ma che porta con la sua musica lustro ad una città bella come Ferrara?
E' ovvio, ragazzi, sono stati fatti incontrare dal Soul, parola di Da Profet. Soul e Blues, due generi musicali, due stati d'animo, due energie ed un solo filo conduttore: il sentimento. Puoi essere un "manico" a suonare la chitarra, ma se non hai il "sentimento" non trasmetterai buone vibrazioni a nessuno, ecco cos'è il "sentimento", ecco cos'è il Soul! Ska, Reggae e Rocksteady grondano di Soul e Blues anzi, sono tra i migliori "sottoprodotti" del Soul e del Blues. Ergo, l'unione del gruppo di Marco Bianchi (aka Marci Lee ed il cui ottimo album di debutto "Rocksteady Vibration" trovate entusiasticamente recensito negli archivi di questa rubrica) con Winston Francis non poteva che risultare in qualcosa che grondasse Soul.
"Suspicious Mind", tanto per essere moderato, è uno stupendo poker di canzoni che non mancheranno di allietare la primavera incipiente. Contiene 5 tracce, di cui le prime due cantate da Francis e le altre due dai Cookoo. La "title tack", classico del Soul americano il cui primo ed indimenticabile interprete fu Elvis, "Now I Know" (di Harris "BB" Seaton), "God Is Love" (di Toots Hibbert) e "Push Wood" (di Jackie Opel) che, guarda caso, sono tre classici del Soul giamaicano. In più c'è la versione (che mi è piaciuta tanto quanto l'originale) solo strumentale di "Now I Know" ed il video di Suspicious Mind in un formato che non sono riuscito a vedere col mio PC ma io sono una chiavica coi computer.
Al primo ascolto di questo simpatico mini CD sono rimasto "fulminato": Cookoomackastick hanno fatto un sorprendente lavoro (cori, soli, ritmiche ska, rocksteady, reggae, tutto è eccellente) permettendomi, inoltre, di ascoltare per la prima volta, oltre che dalle registrazioni di 40 anni fa, la bellissima voce di Winston Francis che interpreta Elvis ed un brano "ricercato" di "BB" Seaton. In più "Suspicious Mind" preannuncia una collaborazione tra gli Ska Men di Ferrara (che sono tra le altre cose la prima band ad essere tornata a collaborare col Padrino dello Ska quasi del tutto ristabilitosi)* molto più "corposa", e chi ha orecchie per intendere, intenda.
I brani molti di voi, forse, li conoscono, ma quello che non conoscete è la grande interpretazione che ne danno Winston Francis ed i Cookoomackastick.
Infatti, nonostante abbia ascoltato più volte "Suspicious Mind", non mi sono neppure reso conto che solo le prime due canzoni erano cantate da Francis! E questo se da un lato può significare o che mi sto rincoglionendo, dall'altro indica che le "Push Wood" e "Godi s Love" sono interpretate in maniera così appassionata dai cantanti dei Cookoomackastick che sembrano dei neri!
Questo è puro Soul giamaicano ragazzi, è "sentimento", e non c'è bisogno di andare a Chicago o a Kingston a cercarlo, basta fare una capatina a Ferrara!
Sergio Rallo
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La Ghenga - "Promo CD (Tuamadreamoremio)"
(Promo CD - Studio Syncropain - Pisa, Italia, 2004)
Vado a recensire quello che ritengo il miglior Promo CD di una ska band italiana che mi sia mai capitato di ascoltare.
Qualità, potenzialità e swing in quattro tracce:
'Jamaica Farewell'. Un classico. Composta da un'indimenticabile Irving Burgie (aka 'Lord Burgess') e successivamente registrata
da Harry Belafonte (1956, 'Calypso') è una di quelle canzoni che lasciarono il segno nella scena folkloristica degli anni '50-'60.
Suonata e cantata da una miriade di artisti, la versione che ci propone La Ghenga è un ottimo ska-rocksteady.
L'intro tratto da 'Hot Cargo' degli Skatalites ci porta avanti di qualche anno, il calypso si è disciolto e questa volta è la
voce di Elisa a raccontarci della magia di Kingston Town. Buona l'interpretazione, ottima la voce di Elisa (che nel 2005
collabora con gli Arpioni alla registrazione dell'album 'Malacabeza').
'Like Duke'. Jamaican Jazz e a soli a go go. Francesco e Gianni autori di questa traccia ci mostrano di cosa sia capace La Ghenga.
Se vi dicessi che al piano c'è Alexander, alla chitarra Ranglin, al trombone Drummond e al sax Alphonso ci credereste.
Azzardato il paragone quanto il titolo della traccia. Ma niente toglie ad un'ottimo strumentale, che rimane senza dubbio
uno dei migliori strumentali ascoltati sulla penisola negli ultimi (e più) anni. Skatalites style.
'Il Mare'. Cantante, chitarrista, compositore, in questa traccia trovate tutto lo swing di Francesco 'ghiaino' Bottai, artista dalle
mille risorse che ci trascina in un rocksteady tanto piacevole quanto soft. Buona la sezione fiati. Easy la melodia.
'The Sidewinder'. Composta nei primi anni '60 dal più grande trombettista hard-bop di tutti i tempi: Lee Morgan, è magistralmente
portata a termine senza la minima sbavatura. Molto up-tempo, jazz quanto basta. Tirata ma non al limite. Mi viene in mente la versione
dei Rotterdam Ska Jazz Foundation molto più ritmata con chitarra e tastiera a scandire un beat molto più vario e frenetico. Ottima la sezione fiati.
Una 'Ghost Track' dicasi 'Cacciucco Blues' conclude le danze. Anch'essa opera dell'estro del Bottai. In Luce la diatriba Pisa-Livorno. Blues e simpatica.
La scelta delle canzoni è impeccabile. La sezione fiati si evidenzia in ogni traccia. Consigliato a tutti gli amanti dello ska datato e del jazz jamaicano, consigliato al fan degli Skatalites.
Francesco Spadoni
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