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Perry Henzell
Domenica 8 Febbraio 1998 al cinema Mexico di Milano è stato trasmesso il film culto giamaicano "The Harder They Come". Alla fine è intervenuto il regista Perry Henzell che poi è stato portato da Michele del Pergola Tribe negli studi di Popolare Netwrok per la trasmissione Reggae Radio Station-SkabadiP Ska Radio Show. È stata un’intervista collettiva a cui hanno partecipato la crew di SkabadiP, Mr. Vito War e appunto Michele dei Pergola Tribe.
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Perry, come ti è sembrata l’accoglienza italiana?
Incantevole. Adoro Milano, mi sembra che Milano sia un posto dove ci sono tanti piccoli editori e tanta gente che fa le cose per se stessa, con indipendenza.
E l’Italia com’è?
Grande.
Ti saresti aspettato che così tanta gente fosse interessata al tuo lavoro qui in Italia?
Sai cosa?...Mia bisnonna proveniva dal Lago Maggiore…:-)
Parlando del futuro, cosa farai una volta tornato in Giamaica?
Sto pensando seriamente di ritornare nel campo della produzione, perché oggi grazie alle telecamere digitali si possono girare grandi cose a un costo molto contenuto…sono interessato a girare uno sceneggiato televisivo su un giovane reporter in Giamaica…
E sei qui in Italia anche perché stai promuovendo due tuoi romanzi, vero?
Sì. È un anno che li sto pubblicizzando e vendendo in giro per il mondo, giro anche per celebrare la ricorrenza del venticinquenario di "The Harder They Come".
E c’è anche da dire che Perry Henzell è proprio un "self made man", gira proprio in tutto il mondo a promuovere i suoi lavori, anche perché vende le sue produzioni attraverso Internet, saltando quel canale di distributori che gli creerebbe delle pressioni…
Penso che il business del futuro contrapporrà le grandi Majors e il mercato indipendente...e io sto dalla parte degli indipendenti...anche se le cose sembrano convergere sempre più in mano a multinazionali monolitiche, in effetti diventa sempre più economico pubblicare libri e film e riuscire a vendere la tue produzioni…grazie alle nuove tecnologie.
Di cosa parlano i tuoi libri?
Il primo libro "Power Game" è una riflessione sul Potere, dal punto di vista di un’isola che sta cadendo nell’anarchia…ci sono cinque persone che sentono di avere quello che è necessario per prendere il controllo. C’è chi controlla il sistema bancario, chi quello militare...c’è una donna che controlla i media, c’è un ragazzo che controlla la strada, una cantante tipo Bob Marley che ha influenza sulla gente comune e poi c’è un contrabbandiere che ha i soldi. Sono caratteri differenti con peculiarità differenti. E tutti credono in un particolare spirito, quello loro proprio. Il personaggio che è a capo dell’esercito crede nello spirito della disciplina, la donna che controlla i media crede nello spirito della libertà e così via. Sono personaggi importanti, grazie alla loro individualità sono riusciti ad ottenere il potere, ma perché possano vincere devono riuscire a passare da un livello di potere personale legato al proprio ego a un livello di potere più elevato in cui riescano a trasmettere agli altri la propria energia e poter così controllare totalmente l’isola.
I cinque, per ottenere veramente il potere, devono fare un salto...questo salto ha bisogno di umiltà per essere compiuto. Quando ti muovi da un tipo di potere personale a un potere più generale, la mente e il corpo diventano dei "sistemi di trasmissione". Quello che puoi trasmettere agli altri dipende da quanto puliti sono i tuoi "filtri". Quello che ingombra le "vie di comunicazione" con gli altri, è il proprio ego. Per liberare i filtri, è necessario un atto di umiltà.
È per questo che penso sia necessario avere l’umiltà, quando si conquista un potere egemonico…se hai i tuoi filtri puliti, beh, è una cosa ottima, ma se il tuo ego prevale, allora sono guai per tutti.
L’idea del filtro è un po’ come quella del famoso "trans" che accade a un musicista quando sale sul palco a trasmettere la propria energia al pubblico…
Il romanzo "Power Game" fa parte di una trilogia il cui primo titolo è stato The Harder They Come.
E il secondo libro?
È un romanzo storico. Il personaggio principale è uno delle prime cinque persone che intuiscono il potere della macchina a vapore e quello degli altiforni. Sa che combinando questi due ritrovati può controllare tutto. È un visionario che per le sue idee si crea dei problemi con i politici e viene mandato in semilibertà nei Caraibi. Una volta nelle Indie Occidentali si accorge che riuscendo ad ottenere dei finanziamenti potrebbe costruire il più grande stabilimento di zucchero del mondo. È nel posto giusto al momento giusto, perché lo zucchero nei Caraibi era un po’ la cocaina del diciottesimo secolo. Tutti volevano lo zucchero, ed erano disposti a spendere molto per ottenerlo. Le armate di Napoleone non avrebbero marciato senza lo zucchero, i lavoratori nelle industrie avevano bisogno di zucchero per lavorare. Con lo zucchero si sarebbe potuti diventare incredibilmente ricchi.
Il protagonista si stabilisce quindi nei Caraibi e s’innamora, nell’arco di vent’anni, di tre donne molto diverse. È un amante…e deve conquistare le proprie donne.
Per la prima donna, è il tatto il linguaggio dell’amore. Per la seconda il potere è il miglior afrodisiaco. La terza non è interessata affatto al sesso. Ama la famiglia, i figli, la musica. Per conquistarla ci vogliono ben cinque anni...e proprio grazie alla musica.
A un livello personale, la storia si evolve intorno a quest’uomo, ai suoi amori e alla sua idee. A un livello più ampio, tratto della politica dello zucchero vista dagli occhi di Napoleone, Nelson e Rotschild. Questi tre erano coloro che ambivano al potere, dopo che in Europa v’era stato un lungo periodo di rivoluzioni. Dalla polvere delle guerre passate sarebbe emerso colui che avrebbe dominato gli altri, e sarebbe stato uno dei tre. Nelson aveva vinto Napoleone, nel momento in cui egli era al suo apice. Rotschild aveva il potere finanziario e Napoleone era beh...si sa.
Passando a "The Harder They Come"...perché hai scelto Jimmy Cliff? Perché era la migliore star Reggae del momento?
Perché un tempo vidi due foto di lui che mi colpirono molto: in quella di fronte sembrava grande, giovane e forte ed esprimeva rabbia. Nell’altra sembrava vulnerabile, sofferente, proprio un’altra persona. Ho pensato che se qualcuno poteva essere così differente in due sole foto...beh...era notevole, ideale per il personaggio.
Per me il casting è un momento magico...avrei cercato per mesi, per anni il personaggio giusto. Perché per me l’attore non è un pupazzo a cui ordinare che fare, al contrario, gli attori devono sapere del personaggio che interpretano più di quanto sappia io stesso che giro il film E devono saperlo esprimere.
E in effetti Jimmy Cliff recita proprio come un attore consumato…le stesse riprese sono state girate poche volte, Jimmy era veramente dentro al personaggio…
Parlaci della splendida colonna sonora.
Jimmy Cliff ha composto la "title track" durante la lavorazione del film, mentre le altre canzoni le ho scelte tra le mie preferite.
A distanza di venticinque anni, sei soddisfatto del lavoro che hai fatto, o se tornassi indietro cambieresti qualcosa del film?
Devo dire che non guardo mai The Harder They Come! Quando lo trasmettono nelle sale, io mi defilo e torno magari per rispondere alle domande del dopo film…L’ho già visto migliaia di volte, ci ho girato assieme, l’ho portato in quaranta Paesi! E cosa dovevo fare, in ognuno di questi Paesi? Stare seduto e guardarmelo un’altra volta, o andare in giro a vedere la città in cui mi trovavo al momento? Questo è quello che ho fatto.
Quando lo vedo, diciamo quando mi capita per caso…beh si, mi piace tuttora. Ha delle buone vibrazioni. Innanzitutto esprime "pace", poi mi piace perché è essenziale…non c’è spreco di tempo in "The Harder They Come".
Ho fatto anche un secondo film…questo ha un ritmo più lento, non ha un impatto così diretto come "The Harder They Come". THTC è spontaneo...diretto.
Ma il secondo film non l’hai ancora finito vero?
Sì. È stata una scelta. Due giorni dopo che "The Harder They Come" era stato trasmesso a Broadway, mi trovavo a cena con un impresario cinematografico molto potente. Lui mi fece i complimenti per il film, disse che gli era veramente piaciuto. Mi fece delle offerte, ma i suoi soldi mi avrebbero reso meno indipendente. Io decisi che avrei fatto un film non solo di cui avrei avuto completo controllo, ma anche un film che sarebbe stato sperimentale….un viaggio in Giamaica.
Il film non è ancora finito. Ho impiegato sei anni per ottenere e spendere un milione e mezzo di dollari…La gente mi chiedeva dov’era il copione…ma non c’era...e non erano disposti ad aiutarmi alle mie condizioni…Col passare del tempo ho fatto altri diversi lavori. Dopo sei anni avevo i soldi ma il film era stato messo in un magazzino, e parte della pellicola era stata persa. Non ne ho fatto niente perché non volevo sprecare soldi non miei...poi, passati quindici anni…l’ho guardato di nuovo è mi ha emozionato. Adesso con i nuovi strumenti digitali ho la possibilità di trasferirlo sulla pellicola digitale e rifarlo come voglio. Mi hanno detto che mi costerà comunque parecchio. Ho risposto che me lo faccio da solo. Allora mi hanno detto che mi costerà dieci anni di vita..
Ok...grazie Perry e a presto!
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8 Febbraio 1998
Trascritta da Alessandro Melazzini
Si ringrazia Silvietta per l'aiuto
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