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19 Luglio 2003
Jamaica All Stars (Nuvolari Libera Tribù, Cuneo)
La cornice: un bel locale all’aperto, due passi fuori Cuneo che si chiama Nuvolari Libera Tribù ed una bella serata con stellata di prassi e, alla faccia dell’afa milanese, pure piacevolmente ventilata.
Il mio stato: un soddisfatto dopocena in cui gli effetti lisergici di un Signor grignolino non mi hanno impedito di arrivare al concerto esattamente 10 minuti prima del suo inizio, avvenuto per l’esattezza alle 22 e 15.
L’evento: il primo, entusiasmante concerto italiano di Justin Hinds a distanza di ben 40 anni dalla sua prima registrazione ovvero quella "Carry Go Bring Come" che si rivelò essere un immediato successo per la Treasure Island di Arthur "the Duke" Reid nel 1963. Nonché la prima ed unica data italiana del tour europeo 2003 dei Jamaica All Stars.
Il commento: ed Evento è stato.
I Jamaica All Stars sono stati grandiosi ed hanno fatto divertire un pubblico eccellente per calore ed affetto con una "performance" veramente indimenticabile.
I Jamaica All Stars sono nuova super formazione che, pare di capire, nasce per iniziativa del trombettista Dizzie Moore (già venuto in Italia con gli Skatalites), ed è "on the road" da cinque anni ottenendo ovunque abbia suonato lusinghiere critiche ed io le confermo tutte.
A proposito del fatto che Moore sia in giro con i Jamaica All Stars piuttosto che con gli Skatalites, all’ultimo disco dei quali (From Paris With Love) ha prestato un consistente contributo, mi sono anche venuti in mente i pettegolezzi sentiti circa dissapori sorti con i vecchi compagni. La circostanza dovrebbe essere vera ma la causa scatenante non è dato conoscere perché Mr. Moore, nel dopo concerto, non l’ha voluto dire, liquidando la mia domanda in merito con un’ironicamente benevola risata mentre vergava sul citato CD la dedica per me: "Jah Loves You". Così ne approfitto per scoprire che, a differenza del soprannome di Gillespie e a differenza di quanto riportato in praticamente tutti i dischi ove risulta citato (anche su SkabadiP!), il maestro Moore il suo nome lo scrive "Dizzie" (non si smette mai di imparare).
I Jamaica All Stars, comunque, sono costituiti da un formidabile Neol "Scully" Simms alle percussioni nonché lead e back vocal (già venuto in Italia con gli Skatalites); dall’eccelso Justin Hinds come lead e back vocal; l’energico cantante Martin Sparrow (direttore della Alpha Boys School) come front man/lead e back vocal; Dizzie alla tromba a capo di una sezione fiati composta da due sax (un bianco ed un nero) ed un trombone di qualità superiori e con una ritmica da spavento il cui cuore pulsante è il figlio di Justin che ha dimostrato alla batteria come buon sangue non menta.
La formazione di 12 elementi inizia lo spettacolo con l’avvolgente calypso "What a Saturday Night" cantato con voce roca da Sparrow, proseguendo sempre "inna calypsonian sylee" con lo ska "Banana" prima delle canzoni interpretate da Scully che ha fatto fare al pubblico un vero viaggio nella Giamaica della prima metà dei ’60, per fargli fare, poco dopo, un salto indietro nel tempo con lo ska r&b "I’ve Got the Boogie", interpretato anche questo da un agitatore professionista come si è dimostrato essere Sparrow.
La scaletta prosegue in maniera più che soddisfacente con una compila di 3 strumentali (un "medley"), la prima una traccia dei quali è una bella e sconosciuta composizione suppongo di Dizzie seguita da una spaventevole versione di "Alley Pang" che si trasforma rapidamente nella bellissima "Eastern Standard Time", il tutto per me quasi commuovente.
Non faccio in tempo a riprendermi per aver skankeggiato fino a quel momento che Justin Hinds prende il suo turno al microfono per farmi impazzire (capirete, i suoi ska degli anni 60 sono tra i più belli che io conosca e l’avevo davanti a me dal vivo!) con "Satan" seguita da "Over the River". Vado vicino all’ictus ma non smetto di ballare, d’altronde non sono solo: non c’è una sola persona che non stia gioiosamente danzando con un sorriso felice stampato sulla faccia, di tutte le età, compreso quel signore ultra sessantenne con una birra da una parte ed una pipa dall’altra o quella signora che avrebbe potuto essere mia zia!
La voce di Justin Hinds è qualcosa di unico, soave, leggermente ruvida e dalla tonalità alta e mi chiedo quanto tempo ancora ci vorrà prima che vengano tributati i giusti riconoscimenti ad un autore che è stato in grado di creare melodie grandiose difficilmente riconducibili ad altri generi attraverso la sola e primaria ispirazione del R&B. Più tardi, nel backstage, ho voluto chiedergli per quale dannata ragione il ritmo dello ska è così avvincente e Hinds mi ha risposto che la ragione "is that it’s like R&B, and like R&B it’s a joyful rhythm, it brings happyness and it comes from the hart".
Figuriamoci, la felicità del pubblico (e mia, ovviamente) quando gli strumentisti accennano poco dopo alle prime note di una "Simmer Down" perfettamente interpretata da Scully (lead), Sparrow e Hinds (back). Nell’occasione, Scully, nonostante l’età, l’aspetto di un anziano poco fermo sulle gambe a causa di una cecità sviluppatasi quando era un cinquantenne, scatta in una serie di saltelli, passettini veloci ed ancheggiamenti di ogni sorta conducendo ad un vero tripudio il pubblico, sinceramente emozionato e caricato nel vedere una persona di quell’età così piena di vitale energia.
La realtà, che probabilmente gran parte del pubblico presente non conosce, è che il grande Scully, oltre che come percussionista, era famoso nella Giamaica dello ska quale agile ballerino ed incitatore alle danze! Incredibile a dirsi, alla veneranda età (dichiarata) di 67 anni e a cecità avanzata, Neol "Scully" Simms lo è ancora! Mitici giamaicani.
Che ci crediate o meno il bello deve ancora venire.
Inizia, infatti, una delle più belle interpretazioni di "Turn Your Lamp Down Slow" di Jackie Opel che abbia mai ascoltato, interpretata coralmente da Scully e Hinds ed abbellita da un ottimo giro di fiati. E’ ancora delirio e, non faccio in tempo a pensarlo, che dopo un veloce "rewind" parte "The Higher the Monkey Climb": sax in levare, accompagnamento indimenticabile di Moore, velocità quella originale…io ad occhi chiusi penso di essere veramente nella Kingston del 1965 quando il pezzo dal ritmo potentissimo letteralmente spopolava e non mi par vero ancora una volta di vedere Justin Hinds a pochi passi da me che, con voce immutata nel tempo, la sta magnificamente interpretando.
Il pubblico scatenato acclama, risponde agli inviti degli artisti, scoppia in applausi ancora una volta, e non certo l’ultima, quando viene suonata "Carry Go Bring Come", è il tripudio.
Lo spettacolo offerto dai Jamaica All Stars è multiforme e ripercorre veramente la storia della musica dell’isola, si passa dallo ska al rocksteady ed al reggae, strumentali e cantati si susseguono, in alcuni è Martin Sparrow a fare del buon "live deeejaying" portandosi dietro tutto il pubblico felice, in una serie di botte e risposte corali fino ad una splendida versione di "Rockfort Rock" (poteva mancare in un concerto con sul palco Dizzie Moore?) in stile rocksteady.
Tastiere, percussioni, dub eseguito dal vivo con profondo effetto ipnotico: la potenza del rocksteady original, dello ska, dell’early reggae dal vivo è esattamente come la definirà poco dopo nel back stage lo stesso Scully a domanda di chi scrive: "This, man, is da most terricfic riddm of them all, ther’s noting like that!!". Il tutto pronunciato con la fierezza di esserne stato uno dei protagonisti ed inventori. Convinzione che non accetta smentite.
Tutto diventa più soave quando, sopra un tappeto di tastiere, parte il motivo dei fiati che accompagna "Rocksteady" di Alton Ellis, lead è Scully che riesce a condurre il pubblico esattamente come da istruzioni della canzone ("shake your hip, rock your body line, shake your shoulders…") accompagnato da tutto il pubblico che fa il coro e ne imita le movenze. L’entusiasmo a questo punto è alle stelle.
E’ nuovamente Hinds a prendere il microfono per cantare "On Last Days" ed il pubblico, ancora una volta, si culla al dolce ritmo, accarezzato dalla calda voce di Hinds che proporrà anche "Nutty Take Over" ed una stupenda "Drink Milk" in una eccellente versione rocksteady veloce…non siamo a Cuneo, perbacco, siamo veramente in un sabato sera nella downtown Kingston!
Poco dopo aver abbandonato il palco i Jamaicn Allstars vi facevano ritorno per avvolgere il pubblico in una fumosa, calda, coinvolgente reggae version di Rocfort Rock calda come una colata lavica.
Un malato di musica di annata come il sottoscritto, quasi andava in trance anche poco dopo appena i tre cantanti cominciano ad intonare la meravigliosa "Rain From The Sky" (Slim Smith, ovunque esso si trovi, avrà avuto modo di ammirare l’effetto della sua bellissima canzone di 36 anni fa sul pubblico di Cuneo nel 2003?), lead Justin Hinds, con Sparrow a fare la mimica del testo trasformandola in un vero e proprio balletto riproposto dal pubblico ormai in simbiosi con la band.
Infatti, la nottata del 19 luglio è stata una serata veramente speciale anche grazie all’ottimo pubblico di Cuneo che ha accolto in una maniera calorosissima questi grandi artisti i quali, come ho avuto modo di appurare alla fine del concerto, mi sono apparsi entusiasti di avere dei veri e propri fan anche in Italia. E se non li avevano prima, a guardare il numero di Cd venduti di Hinds e Moore, la prossima volta che verranno ne avranno parecchi di più.
Ci si avvicina al termine del concerto con un rockers, urlato da Sparrow intitolato "Revolution Rock" e si chiude con uno ska molto bello cantato nientemeno che da Dizzie con voce bassa e roca, caratterizzato da un elegante accompagnamento dei fiati. Parte sul ritmo la "priesentietion" dei valenti musicisti fatta da Sparrow, escono dal palco ringraziando portandosi la mano al cuore ed è Simms che ha l’ultima parola urlando l’ultimo saluto mentre viene sommerso da mani che si vogliono complimentare.
Vado a trovarli, rompendogli le balle mentre mangiano e parte del mio incontro l’ho raccontato qua e là mentre scrivevo del concerto, aggiungo solo che a Justin Hinds ho chiesto la cosa che mi premeva di più, ovvero se oltre ad essere l’autore delle sue canzoni era lui che ne decideva le ritmiche o se semplicemente esse scaturivano esclusivamente dai musicisti. La domanda trova la sua motivazione nell’ascolto di "Early One Morning" (Holy Dove), uno stupefacente ska dal colpo di cassa ogni tre battute che ha un effetto propulsivo incredibile, presente nella raccolta Trojan "Peace & Love".
Ebbene, Hinds mi ha confermato che era lui a decidere ogni cosa, la linea di basso, le pennate della chitarra i riffini delle tastiere o del piano. E mi ha anche detto che non era difficile ottenere cosa si desiderava perché con Baba Brooks (arrangiatore delle session di Duke Reids) alla tromba, Drumbago alla batteria e Taitt alla chitarra c’era amicizia fraterna e tutto andava bene alla prima.
Gli ho anche chiesto come mai non ha suonato "Botheration" o "Save A Bread" e la risposta è stata semplice, in questa super band qual è Jamaica All Stars deve esserci spazio per tutti. Lui ha la sua band, con il bravissimo figlio alla batteria e l’unico dei Dominoes (Junior Dixon e Danny Sinclair) con cui suona il suo esteso repertorio. Hanno registrato un Cd live e cercheranno di organizzarsi per un loro tour.
Li aspettiamo.
a cura di Sergio Rallo
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