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Fino a pochi anni fa, attraversare l’oceano per andare a New York era cosa per pochi. Un viaggio da una volta nella vita o giù di lì. Ora, tariffe aeree al ribasso consentono di raggiungere gli Stati Uniti a cifre irrisorie, tanto che ti sfiora il sospetto che verrai imbarcato su una qualche bagnarola tipo vecchio Tupoleff carico come l’arca di Noè e di chissà quale linea aerea sconosciuta. In realtà, il quadro non è proprio da girone infernale, nel senso che gli aerei sono moderni e funzionali, le linee aeree sono quelle tradizionali, mentre l’assembramento è del tutto simile a quello della suddetta arca. Solo non si vedono i due liocorni. La scomodità patita per circa sei ore di viaggio, val bene lo spettacolo offerto dalla città. Di questi tempi, purtroppo, bisogna far fronte ad un problema spesso insormontabile: il cambio sfavorevole. Mentre scrivo, il dollaro è a quota 2200 lire, il ché significa, molto praticamente, che un pacchetto di sigarette vi costa più di 10.000 lire, che il biglietto della metropolitana ve ne costa 3000, e un albergo decente si parte dalle 150.000 lire a notte, senza colazione. Non perdersi d’animo è importante: affidarsi ai classici bed & breakfast, o a strutture tipo ostelli permette di abbassare notevolmente le spese. Se si è navigatori un pochino sgamati, la rete può offrire golose opportunità. Offerte dell’ultim’ora, sconti on line, aste sui pacchetti turistici, ma soprattutto, la conoscenza diretta con gli indigeni locali! Movendosi con largo anticipo ci si può orientare a 360° e mettere in giro la voce che si sta cercando una sistemazione nel tal posto per il tal periodo. Esistono diversi servizi e pagine web apposta e le stesse chat ed i newsgroups possono portarvi a fare incontri con personaggi interessanti e magari coi vostri stessi gusti musicali.
Io non sono affatto sgamato, non frequento le chat, però ho un culo incredibile: tengo parentela a New York. Tre colpi di telefono e mi ritrovo con le chiappe appoggiate sopra un airbus della Swissair. Si parte.
“Se cerchi qualcosa e non lo trovi a New York, significa che non esiste". Nove guide su dieci esordiscono in questo modo quando descrivono le opportunità di shopping nella città. E a proposito di guide, mi permetto di consigliare le Lonely Planet, che in Italia si trovano tradotte col nome di guide EDT.
New York offre un panorama sterminato per quanto riguarda la musica, sia da comprare che da vedere. I locali sono tanti, ma non esiste nello specifico un “locale ska". Lo ska è comunque un genere minore, che attira un pubblico numericamente esiguo e che di volta in volta viene suonato in piccoli club, piuttosto che in bar. Un po’ come da noi insomma. I locali sono sparsi un po’ ovunque, ma con una netta concentrazione nella zona artistica e culturale della città, vale a dire il quartiere di Greenwich Village, il vicino East Village, qualcosa a SoHo. Tutto nella parte centro-meridionale di Manhattan. E’ nell’East Village che si trovano il glorioso CBGB’s, il Wetlands ed altri locali. Per sapere cosa succede in città, musicalmente parlando (e non solo) è indispensabile accaparrarsi una copia del settimanale gratuito the Village Voice. Non si muove foglia senza che sia scritto sul giornale. Sfogliatelo e troverete di tutto. Se cercate un concerto Ska o reggae e non lo vedete scritto, significa che siete stati sfigati. Come il sottoscritto.
Tutt’altra musica, in tutti i sensi, se il nostro rude boy o il nostro rasta man sono in cerca di forti emozioni discografiche. Si trova di tutto. Anche di più. I negozi di dischi possono essere del tipo megastore, del tipo “specializzato", o del tipo “seconda mano". I primi hanno sempre alcuni scaffali dedicati al reggae, mentre lo Ska è sparpagliato qua e la senza vergogna. Il Rocksteady e lo Ska original sono spesso inseriti nella sezione reggae. Una volta capita l’antifona, ci si fionda a colpo sicuro verso quel settore. Qui si trovano dischi dimenticati o la cui esistenza era del tutto sconosciuta. Le solite ottomila ristampe dello stesso disco degli skatalites, dischi solisti di Don Drummond, piuttosto che di Mc Cook, Alton Ellis, Ranglin, Alphonso, Knibb, Byron Lee, Lester Sterling, Ethiopians e via discorrendo. Lo ska two tone e third wave è sparpagliato in ordine alfabetico nel calderone del rock/pop, e a volte nel heavy metal, come alla Virgin qua da noi. I megastore hanno prezzi generalmente più alti rispetto ai negozietti, che si aggirano intorno ai 14-17 dollari. Nonostante il cambio sfavorevole sono comunque prezzi nella media europea. A Times Square c’è il Virgin Megastore. E’ immenso. Se si esce vivi è preferibile non entrare in altri negozi di dischi per il resto della giornata. Il frastuono e la quantità di dischi fatti scorrere sotto le proprie dita consigliano una pausa.
Guardare gli scoiattoli venire a giocare tra i vostri piedi a central park, o una visita al Metropolitan o in qualche altro museo vi rimetteranno in sesto. Altro megastore è Tower Records. Si trova su Broadway, all’angolo con la quarta strada. Altra catena è la nota HMV con diversi negozi sparsi per la città. In definitiva, i megastores hanno una scelta talmente vasta che è consigliabile entrare con le idee ben chiare su ciò che si sta cercando, per non rischiare di perdere tempo e di uscire eccessivamente frastornati. Altro consiglio spassionato è quello di mettere la museruola alla carta di credito.
I negozi specializzati, piccoli che se si è dentro in cinque manca l’aria, incasinati, nei quali in fondo ci si sente un po’ come in casa propria sono i nostri preferiti. Qui si passa il tempo ad ascoltare buona musica. Chi sta dietro il banco sembra provare piacere dal farti ascoltare un numero sterminato di dischi, farti vedere e toccare vinile di 30 anni fa, farti ascoltare registrazioni rarissime. Fare la parte dello straniero che ha sentito parlare in Europa del negozio in cui ci si trova è garanzia di successo e magari di qualche sconticino, a seconda della quantità di materiale che si acquista. Di negozi “specializzati" ne consiglio due: Jammyland e il Moon Records storefront.
Jammyland è un negozio stretto e lungo al 60 est nella terza strada. E’ specializzato in reggae. Le pareti sono lastricate di vecchi dischi giamaicani e la scelta è davvero ampia. Particolarmente piacevole è stato l’incontro col commesso del negozio, Marcus Geard, bassista degli Slackers e cultore della musica reggae. Gentilissimo e persona squisita, Marcus è un ottimo cicerone, racconta aneddoti, curiosità e quant’altro sulla musica in levare, mi invita a vedere gli Slackers nella loro sala prove, nello scantinato del negozio. Jammyland ha un ottimo sito e un buon servizio di vendita per corrispondenza. Dategli un’occhiata a www.jammyland.com
Qualche isolato più avanti, all’84 est nella decima strada, si trova il negozio della Moon Records. Il negozio non vende soltanto dischi della moon e della sua succursale, la Ska Satellite Records, ma offre un catalogo molto completo del panorama ska d’oltreoceano e non solo, visto che i dischi dei Persiana Jones campeggiavano in bella mostra. Dischi, magliette, poster, libri e gadget tra i più disparati (perfino i bicchieri col logo Moon) vi faranno mettere mano al portafogli senza che ve ne accorgiate. Anche qui si ha a disposizione un catalogo on line e un efficiente servizio di mail order. www.moonska.com . Sempre in questa parte di New York, l’East Village, c’è la possibilità di girare tra una infinità di negozi di dischi di seconda mano. Un consiglio: nonostante li tratti per ultimi, sono per ovvie ragioni i primi in cui metter piede. E non solo per una questione economica ma anche e soprattutto perché si possono trovare copie ancora sigillate di dischi appena usciti. Si tratta di copie promozionali, la cui vendita sarebbe vietata, ma a noi che ci importa. In questi negozi, lo ska si trova in sezioni appositamente dedicate oppure in sezioni promiscue del genere Ska/Punk/Reggae/Metal e via discorrendo. Con un po’ di fortuna può scapparci la rarità. In ogni caso, i prezzi sono davvero abbordabili, dunque, nel dubbio si compra. Un cd usato costa dai 5 dollari in su, difficilmente più di 8. Mecca del disco usato è una strada intera: St. Marks Place. Si trova tra la terza e la prima avenue, più o meno come continuazione della ottava strada. (NB: Le avenues sono le arterie che percorrono la città in verticale, mentre le streets sono quelle che la percorrono in senso orizzontale). E’ una via piena di negozi strani, compreso un negozio di articoli sessuali a sfondo religioso. Qui si passa da un negozio di dischi usati all’altro ogni pochi metri. Scartabellando con pazienza, qualcosa si trova.
Il personale di questi negozi è generalmente, per così dire, poco incline al dialogo ed alle pubbliche relazioni. La storiella dell’italiano venuto fin quaggiù per cercare dischi non attacca. Qualche altro negozietto lo si trova leggermente più a sud, ma non di molto, in Bleeker street, dove il rude boy può aggiornare il proprio guardaroba acquistando scarpe Dr. Marten’s a prezzi accessibili.
Mi chiedo se chi legge abbia capito qualcosa. Me lo auguro di cuore. Orientarsi a New York è piuttosto semplice. Sono le dimensioni che ti fregano: è tutto spaventosamente grande. Ma anche tremendamente affascinante.
Sicuramente ho tralasciato parecchie informazioni utili, negozi importanti, locali specializzati e chissà cos’altro [non ci hai dato l´indirizzo del negozio di articoli sesuali a sfondo religioso, per esempio]. Mi auguro che quanto scritto sopra possa tornare utile nel caso in cui qualcuno abbia l’opportunità e la fortuna di andarci.
Come si dice in questi casi, rimango a disposizione per ulteriori chiarimenti, suggerimenti, informazioni, consigli, appunti e puntualizzazioni. E ovviamente porgo cordiali saluti.
Last but not least, un grazie di cuore a Marita, Margaret e Savo, tre persone che se non ci fossero bisognerebbe inventarle. A presto.
a cura di Antonio Crovetti
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