Skabadip is back

 

BAD MANNERS

(Quando il ritmo è una missione)

Una delle ragioni per cui alla musica Ska fin dagli albori del suo secondo fiorire tra il 1978 ed il 1979 è stato associato (come lo è tuttora) un certo qual profilo che la vorrebbe musica “fuori” per antonomasia è dovuto probabilmente anche alla rumorosa e, spesso, anche disgustosa presenza tra i migliori esponenti del rinnovato genere musicale, dei Bad Manners.

Un nome, in effetti, un programma se si contassero tutte le occasioni in cui la formazione inglese, durante i suoi tour, ha fatto danni in hotel, locali e pullman dandosi, tra le altre cose, fieramente all’appropriazione indebita di oggetti (come racconta lo stesso Buster Blodvessell, sul proprio sito!) di ogni sorta (come racconta il gestore di qualche locale che non nutre un buon ricordo del passaggio della band!).
Buster, vero nome Doug Trendle, fa uso fin dall’inizio della carriera di front man della propria abbondanza fisica per impressionare e stupire il pubblico facendo inoltre, diventando anche “famoso” per questo, impressionanti linguacce con un’appendice veramente di notevole lunghezza.
Intendiamoci, questo non vuol dire certo che Buster non fosse dotato anche di un’eccellente presenza scenica o di un ottimo senso dello spettacolo, come ben sa chi ha visto i BM anche una sola volta, ma sicuramente l’aspetto massiccio e la pelata da skinhead, le magliette bucate e macchiate su jeans tenuti su con enorme sforzo da un paio di esigue bretelle (anche loro senza dubbio da skin come i DM’s che portava ai piedi), hanno svolto un ruolo notevole nel rendere “indimenticabile” il front man dei Bad Manners attribuendo, così, un’immediata e durevole identificabilità alla formazione.


La tattica usata della “volgarità”, se vogliamo, era già in voga da qualche annetto, avendola introdotta nel mondo dello spettacolo la musica Punk ed i suoi eccentrici protagonisti ma, nonostante linguacce, gestacci, pantaloni calati, cibo letteralmente ingurgitato sul palco e, qualche volta, anche rigurgitato sugli spettatori (!), la musica dei Bad Manners era ben diversa da quella suonata dai tipi con le creste colorate e le spille da balia nel naso (ora lo chiamano piercing).
I Bad Manners (che all’epoca cambiavano nome alquanto spesso) nascono e si sviluppano nei pub e club del londinese e già nel 1978, dicono le cronache, godevano di un certo seguito grazie, ovviamente, alla musica prevalentemente suonata: una riuscita miscela di R&B e Ska, sia cantati che strumentali attinti ai gloriosi anni ’60.
Alla caratterizzazione del sound generale contribuiva (e tuttora è così) in maniera determinante la voce dal tono particolare di Buster, urlata, aperta e mai acuta o stridula.
Nonostante, comunque, la formazione suonasse da qualche annetto, pur con un continuo turn over di personale, il nome Bad Manners sarà il definitivo del gruppo solo dal 1979.
A rendere ulteriormente bizzarra la band contribuiva fin dall’inizio la presenza del lunatico Alan Sayag - aka Winston Bazoomies – armonicista (occasionale) della band e notevole apportatore di spunti geniali per i Bad Manners.
Di tutte le formazioni ascrivibili al genere Ska e che si misero al centro della scena musicale mondiale a quell’epoca, i Bad Manners furono gli unici ad avere la fortuna di trovarsi direttamente tra le mani un vantaggioso contratto della major Magnet Records senza neppure aver mai registrato un demotape ovvero: nati con la camicia.

E’ una mia mera congettura, ma non è improbabile che uno spettacolo dal vivo abbia impressionato il “cacciatore di teste” di turno della casa discografica al quale - a fenomeno Two Tone appena esploso - non gli sarà sembrato vero trovare un gruppo come quello non ancora scritturato!
La musica Ska Two Tone, comunque, quando i Blodvessel & Co. firmarono quel contratto, aveva già creato impressione ed un vasto seguito ma, nonostante ciò, non uscirà nessun 45 giri dei Bad Manners su etichetta Chrysalis/Two Tone, limitando il loro (ottimo) contributo per l'etichetta di Dammers a 4 pezzi live di cui 2 (“Lip Up Fatty”e “Inner London Violence”) presenti sulla famosissima compilation “Dance Craze” (2Tone Records 1981) e, insieme a quelli, “Wolly Bully” e “Ne Ne Na Na Na Na Nu Nu” nella versione video della stessa compilation (Chrysalis Records 1988), videocassetta che è, tra le altre cose, la più vivida testimonianza di un’intera epoca.



La sottoscrizione del contratto di cui dicevo prima portò all’immediata uscita del disco di debutto dei Bad Manners che, nel titolo, bene riassume il genere suonato dalla band, ovvero “Ska’n’B”.
Era il 1980 e la formazione accreditata consisteva, oltre a Trendle (voce) e Sayag (armonica a bocca), in Brian “Chew–it” alla batteria, David “Far-in” al basso, Louis “Alphonso” (poi anche “Dirty” Luis Al) alla chitarra ed il mio preferito: Martin Stewart (poi solo più tardi soprannominato “Bogigong”) all’organo. Davanti a tale ritmica stava la sezione fiati più numerosa dell’epoca Two Tone composta da Andy “Marcus Absent” Marson al sax alto (ma lo ascolteremo, più in là, anche come suonatore di banjo!), Chris “Crusty” Kane al tenore e Gus “Hotlips” Herman alla tromba. I ricordi rimandano ad una sezione fiati in giacche multicolori, con occhiali da sole ed in perenne movimento, i loro assoli divertenti, i suoi riff mai scontati e sempre pronta alla trovata ritmica.
La formazione resterà immutata fino al 1985 quando uscì l’album americano “Mental Notes”.
Tornando a “Ska’n’B”, l'album contiene 12 tracce di cui l’ultima è la registrazione (da un vecchio vinile scorticato) di una canzoncina per bambini dal titolo “Scruffy Was A Huffy Chuffu Tugboat”, tratta dalla vasta collezione di musiche strane di Sayag ed indice della seria “fuorezza” del gruppo.
Il resto del disco include i brani veramente storici (non solo per questioni cronologiche) della formazione, quelli per cui, quando tuttora vengono suonati, la gente va in puro, sano delirio ska: parlo delle già citate “Ni Ni Na Na Na Na Nu Nu” (cover di un pezzo di cui non sono mai riuscito a trovare in versione originale), della cattivissima “Inner London Violence” (fin dalle prime battute è come se desse la carica), del R&B  “Wooly Bully” e delle più tranquille “Fatty Fatty” (cover dell’omonimo brano di Clancy Eccles), “Special Brew” (ska tranquillo il cui singolo si posizionò in maniera soddisfacente in classifica e famoso per l’accelerata finale) e “Lip Up Fatty”, senz’altro una delle mie favorite.
Anche oggi non ho alcun dubbio: si tratta senz’altro di Ska in alcune delle sue migliori manifestazioni.

In “Ska’n’B” ci sono anche cover come “Magnificent Seven” (sigla del famoso film con Yul Brinner, Bronson, etc.) o le decisamente migliori “Monster Mash” e “Caledonia” (un veloce R&B che si sposa insospettabilmente bene con la voce di Trendle) e che sono brani che non lasciano l’ascoltatore insoddisfatto.
Tutta questa musica faceva parte, con tutta probabilità, del repertorio che i Bad Manners erano usi suonare in giro da qualche annetto.
Le restanti due sono “Here Come the Major” (che anticipa future produzioni tipo “Suicide”) ed il notevole strumentale “King Ska Fa” (che paiono, al mio orecchio ormai logoro, quelli più smaccatamente ammiccanti allo ska Two Tone) e sono effettivamente potenti ska che mi hanno allietato viaggi, balli e puri ascolti.
A proposito dello stile del gruppo devo rilevare che nei primi anni ‘80 i Bad Manners, nonostante i due brani di cui sopra, furono quelli più “tradizionali” nell’interpretare la musica giamaicana. Nel loro primo album non c’è ska/punk, Nutty Sound o reggae alla Beat.
E’ poi interessante constatare come un pezzo ska come Ni Ni Na Na etc., - accompagnata dal vivo sempre da incredibili smorfie di “Fatty” - abbia chiaramente alle spalle la degnissima tradizione R&B di cantare, invece di parole precise, semplicemente suoni inintellegibili aggiungendo, così, al ritmo del brano un ulteriore incitazione al ballo.
“Lip Up Fatty” fu il primo singolo dei BM a vedere la luce dei banconi dei negozi di dischi e sfiorò senza difficoltà i piani alti della classifica, forse anche grazie all’accattivante strumentale sul lato “B”, l’ipnotica “Night Bus To Dalston”.
Il successo per la formazione di Fatty arriva subito e c’è, anche, il loro pubblico pronto a prendersi qualche insulto.
I BM cominciano, così, a fare un concerto via l’altro per tutta l’Europa per affermare la propria musica e la propria immagine scatenata, tra situazioni più o meno incredibili e goliardiche, tipo le gare a chi si ingozzava il più alto numero di panini o, anche, l’aiuto prestato nella diserzione del fratello di Chas dei Madness dalla Legione Straniera, come si apprende dalla biografia del gruppo presente sulla hompage dei BM.
L’ellepì, però, non farà migliori performances del singolo di debutto e resterà fermo alla medio/alta classifica nonostante l’uscita di molti altri 45 giri.
L’impressione, comunque, è che la Magnet abbia voluto “spremere” i Bad Manners anche se, bisogna dirlo, ottenne dalla band ottimi risultati: non si era ancora concluso il 1980 quando viene dato alle stampe il secondo album dei nostri: “Loonee Tunes!”, a detta di molti critici, il vinile più bello dell’intera discografia dei Bad Manners.
Non so bene se condividere l’opinione, ma una cosa è certa: “Lorraine” (uno ska allegro e veloce dal testo più che divertente e dalla musica contrappuntata dall’armonica di Sayag) è senz’altro parte integrante della storia recente del genere Ska [condividiamo!]. A testimoniarne il successo ci sono le decine e decine di gruppi che l’accludono nelle loro scalette o nelle loro registrazioni. Meritatamente, dato che, anche per me, fu per quella canzone subito “amore al primo ascolto”.
“Lorraine” non è, poi, l’unica traccia piuttosto famosa del secondo album dei BM. Se ne posso, infatti, enumerare almeno altre 5 ovvero, “Just a Feeling” (uno ska con un incedere potente e col giro di fiati che amo di più). Con questa canzone dal testo esistenziale, Buster dichiara, nell’ultima strofa: “I’m just a skinhead yob” ovvero “sono solo uno skinhead meleducato/aggressivo”, assicurandosi, così, un eterno affetto da parte del già caloroso pubblico skin; “Echo 4-2” (un potentissimo riarrangiamento di “Ball Of Fire” degli Skatalites, tendente all’orchestrale e caratterizzata da una batteria da marcia); “Echo Gone Wrong” (che è un reggae gonfio di riverberi cantato con uno stile decisamente da giamaicano all’interno del quale viene proposto un notevole dub illuminato, qua e là, da un giro di fiati notevole); e, infine, i due strumentali “The Undersea Adventures of Ivor the Engine” (uno dei brani in cui ritmica ed ottoni dei BM sviluppano la maggior potenza) e “El Pussycat” di cui i Bad colgono in pieno l’originale, coinvolgente “sballo da ripetitività” della versione di Roland Alphonso dando al brano una bella rispolverata per le nuove generazioni di entusiasti ska-fan.
Indimenticabili risultano anche la frizzante versione semi/ska di “Tequila”, il godibilmente cupo quanto veloce ska intitolato “Suicide” (dal testo terribilmente serio) interpretato con forza drammatica da un Buster in forma smagliante.


Con “Just Pretending”, ultima traccia, swinghettino morbido, accompagnato dal piano e dal suono dello sciacquio di onde del mare(!), i BM concludono con un’altra stranezza il loro secondo album.
Oltre ad essere senz’altro più curato nella produzione di “Ska’nB” (uscito forse in tutta fretta per cogliere il pubblico ska inglese all’apice dell’esaltazione), “Loonee Tunes!” si differenzia dal suo predecessore per un più ampia varietà compositiva dei BM. “The Undersea Adventures of Ivor The Engine” e “Doris” (quest’ultima non uno ska ma un bel R&B di stampo sixties nella quale risalta il lavoro essenziale del tastierista Martin Stewart), ne sono un valido esempio.
Che dire? Un gran bel disco, “Loonee Tunes!”, molto più “ska” di tanti altri, deludenti, “secondi” LP già usciti o in uscita da lì a poco, tipo “More Specials” o “Wha’ppen?” dei the Beat.
In “Loonee Tunes!” anche un pezzo come “I Spy”, che è un brano “secondario” dell’album dei Bad, è caratterizzato da tempi ska, andamento da reggae ed inserzioni di swing/R&B che lo rendono interessante.
Nonostante, dunque, il disco fosse obbiettivamente bello, all’epoca del successo interplanetario di Micheal Jackson, Police, con la concorrenza di colleghi come i Madness e gli UB40 e nel periodo in cui la disco music declinava per lasciare spazio ai gruppi new wave tipo Spandau Ballet, “Loonee Tunes!” rimase fermo nella medio alta classifica. Destino che immancabilmente condividerà col successivo ed un po’ diverso “Gosh It’s…”. Eravamo già nel 1981 ed i Bad Manners rimanevano saldamente uniti a far casino!
 


Apro una brave parentesi per sottolineare una tendenza di fondo, cui ho accennato prima a proposito dei “secondi” dischi di altri gruppi ska, visto che, in quello stesso anno, i Madness uscivano con il loro terzo album “Seven” che, nonostante ottime canzoni, cerca palesemente di prendere le distanze dallo ska di “Baggy Trousers”, mentre gli Specials (“More Specials” era uscito nel 1980, poco prima di “Ska’n’B”) erano latitanti (l’ultimo LP, accreditato peraltro a the Special A.K.A. ed intitolato “In Studio” uscirà solo nell’82 per sancire il passaggio definitivo degli Specials all’album dei ricordi) e i Beat non riuscivano ad eguagliare il loro entusiasmante debutto. (Per tributare i giusti onori a chi li merita aggiungo anche che l’unica altra formazione che resterà decisamente fedele agli esordi ska, oltre ai BM, saranno i Selecter di Pauline Black con l’album “Celebrate the Bullett” ma al quale seguirà lo scioglimento della formazione).
Il fenomeno “ska”, insomma, sia nei banali termini delle case discografiche, sia nel sentore dei suoi interpreti, si stava esaurendo o si era esaurito ed il fiuto di alcune band (potrei citare ancora i Madness) percepiva odore di reggae.
Forse anche per il gruppo di Fatty Buster Bloodvessel fu così e, infatti, in “Gosh It’s…” ci sono 12 tracce tanto interessanti quanto più ancorate al reggae che allo ska.
Tra le migliori canzoni del disco brilla l’eccellente reggae “Walking in the Sunshine” il cui singolo fu tra quelli che meglio si destreggiò nelle classifiche di vari paesi europei Italia compresa. Trendle, nonostante la voce riconoscibilmente da bianco, riesce con quell’azzeccatissimo reggae a farci assaporare la brezza caraibica e la spensieratezza che scaturisce a piene mani dal lavoro del suo gruppo.
In “Gosh It’s…” è acclusa pure “Can Can”, estenuante strumentale ska (che uscirà lo stesso anno in 45 giri avendo come lato “B” un memorabile ska/disco dal titolo “Armchair Disco”), responsabile d’aver spezzato il fiato a molti skankers non troppo allenati.
In generale, in “Gosh It’s…” prevale il reggae, certo reggae in cui, nell’album successivo, i BM si perfezioneranno ulteriormente creandone di veramente speciali.
A confermare questa impressione, oltre alla citata “Walking in the Sunshine”, “Gosh It’s…” annovera anche “Casablanca (Rags and Riches)” (un ottimo reggae notturno inframmezzato da bridges jazzosi e dagli accenni funky); “Weeping and Wailing” (canzone dai tempi ska ma dall’andamento marcatamente reggae, per me uno dei brani migliori in assoluto dei Bad); “Runaway” (uno ska/reggae bello, dal ritmo irresistibile perché gli addetti ai lavori sono perfetti ed in cui, una volta di più, Martin Stewart si dimostra un vero ska-man della tastiera).
I Bad Manners, comunque, per lo ska hanno la fissa – una fissa più che positiva, aggiungo - e lo dimostrano con “Only Funkin’” (anch’essa tra le migliori composizioni del gruppo), “Never Will Change” (un altro ska veloce ed affatto banale) e con “End Of The World” (di fatto uno strumentale su cui Buster urla di un’improbabile fine del mondo e che è, a volumi alti, un brano dall’effetto devastante).
Il solito tributo al R&B i BM lo “versano” con l’entusiasmante e veloce “Don’t Be Angry”, una delle più convincenti interpretazioni del pesante cantante.
Al Rhythm & Blues, prima loro vera passione, i Bad Manners dedicheranno, dopo l’uscita dell’album, un grazioso 7 pollici dal titolo esplicito “Special R’n’B Party Four E.P.” in cui “Dont’ Be Angry” è accompagnata da un altro sempreverde del gruppo e che rende sempre fieri noi italiani: “Buona Sera”, nonché da altri due veloci e divertenti pezzi in stile analogo intitolati “The New One” e “No Respect” con cui Blodvessel & Co. danno prova di masticare più che bene il genere afroamericano.
Da “Gosh It’s…” passeranno quasi due anni prima di ascoltare un nuovo disco dei Bad Manners…forse che lo Ska si fosse veramente esaurito?


Ma manco per sogno, almeno per i Bad Manners.
La band di Buster, infatti, tornava alla carica nel 1982 - spinta da tergo da una Magnet decisamente intenzionata a “spremerla” - con il 4° ellepì dal titolo “Forging Ahead” un album che fa dei Bad Manners la formazione più prolifica non solo del panorama ska: nell’arco di 2 anni ben 4 album!
Evidentemente – ma questa è solo un’impressione - il rischio di “bruciare” il gruppo non passava neppur lontanamente per la testa dei manager CBS o Magnet (da noi puntualmente distribuita dalla gloriosa Durium) che, pare di capire, miravano a vendite che la band non ha, di fatto, mai raggiunto seppur, suppongo, avendogli fatto guadagnare non poco.
Tornando a “Forging Ahead”, è un disco che condivide con i precedenti la Ro-Lo Record Productions dove “Ro” e “Lo” stanno per Roger Lomas - vera e propria “eminenza grigia” dello ska moderno che ha prodotto, mixato e registrato parecchie formazioni di una certa notorietà.

Oltre agli stessi Bad Manners è lui, per esempio, che ha prodotto il più recente disco dei rinati Specials “Conquering Ruler” (2001) o l’ultimo dei tedeschi The Frits “Not Enough For You!” (1993) o, ancora, lo storico live degli Specials alla Aston Univerisity “Too Much Too Young” (1979) – per dire che, insomma, in “Forging Ahead” la continuità sonora con i precedenti album viene assicurata.

“F.A.” contiene 12 tracce che, come ho accennato precedentemente, confermano la tendenza dei Bad Manners - graditissima peraltro – ad un certo genere di reggae di rara potenza. Il disco apre proprio con una traccia del genere “That I’ll Do Nicely” che ha, infatti, un ritmo innegabilmente coinvolgente grazie ad una miscela ritmica dove la fanno da padroni fiati e tastiere.
Sullo stesso genere sono la bellissima “Got No Brains” e la delicata - addirittura in Biblical Version - “Samson and Delilah”. Canzoni che, non a caso, sono tra le favorite del pubblico.
Non manca neppure ska puro come quello di “My Girl Lollipop” (versione di “My Boy Lollipop” di Millie Small) o come quello di “Exodus”, l’unico brano strumentale di F.A., di cui, probabilmente, i Bad conoscevano bene la versione di “Ernie” Ranglin.

Ma ci sono anche musiche un po’ differenti dallo ska e dal reggae, come qualcosa che ammicca un po’ ai Madness (ricordo che i Bad Manners, a livello di classifica, di tutti i gruppi ska sono stati gli unici, oltre agli Specials, a competere col gruppo di “Suggs” e “Barso” quanto a notorietà) nella traccia intitolata “Your”, mentre la cover di “What’s Up Crazy Pup” di Van Morrison è un puro rock’n’roll.

C’è anche un pezzo tra ska e r&r dal titolo “Educating Marmalade” (che fu anche sigla di un programma televisivo per bambini); e c’è “Tonight Is Your Night” che, se non fosse per l’assenza della chitarra in levare, potrebbe essere un buono ska/rock ed è, invece, un funk/rock.
Tracce di ska con reggae e rock incrociati si trovano in “Falling Out Of Love” in cui la voce sguaiata di Buster fa botta e risposta con un paradisiaco coro offerto dalle Lilletts; mentre “Salad Bar” è un’altro funk/rock, un genere al quale i Bad Manners si applicheranno in successive occasioni.


La battuta con cui concludevo la prima parte di questa “bio”, l’avrei dovuta fare ora, infatti, prima dell’uscita del 5° LP, intitolato “Mental Notes” passeranno ben tre anni di ritirato silenzio.
Intendiamoci, non mi è affatto chiaro cosa sia effettivamente successo tra la band e la Magnet, né ho mai saputo quali clausole contrattuali legassero i Bad alla casa discografica e la biografia presente sul sito ufficiale del gruppo non aiuta a far luce su tali aspetti. L’unica altra fonte da cui avrei potuto attingere per saperne di più, ovvero la biografia dei Bad Manners edita dalla Skinhead Time Publishing nella prima metà dei ’90, non ho avuto occasione di leggerla.

Pare comunque che il gruppo, all’unanimità, si prese una “vacanza”. Buster ne approfittava per fare apparizioni televisive in spot e programmi improvvisandosi anche attore, mentre altri erano andati semplicemente “a spasso”. Winston Bazoomies, invece, maturava una brutta depressione.
I Bad Manners, obbiettivamente, di materiale per “vivere di rendita” ne avevano registrato parecchio in soli due anni e così, nel frattempo, la Magnet pensava a sfornare il primo “best of” ovvero “The Height Of Bad Manners” una raccolta contenente 16 tra le migliori tracce della loro già cospicua discografia.

Nota: su 16 canzoni ben 6 sono tratte da “Ska’n’b”, solo 2 dal secondo e dal terzo album (“Lorraine”, “Just A feeling”, “Walking In The Sunshine” e “Can Can”), mentre le restanti tracce sono tratte tutte da F.A.
“The Height of” non offre nulla di nuovo, nessuna “chicca” per chi seguiva i Bad Manners fin dai tempi del loro esordio discografico, ma è decisamente un disco che dà una concreta idea di che gran gruppo ska si trattava quando si parlava dei Bad Manners.
Al seguito vennero ripubblicati 45 giri ed EP, tra cui mi ricordo quello di “That’ll Do Nicely” con una “special extended version unavailable elsewhere” dell’omonimo pezzo e con sul lato “B” il bellissimo, semplicissimo strumentale dub dal titolo “Monster Love”.
All’epoca, io avevo solo 13 anni e vi posso assicurare che i Bad, almeno in Italia, erano piuttosto noti, grazie (ho verificato negli anni) soprattutto per aver Buster calato i pantaloni e mostrato mutande verdi al pubblico esterrefatto del Sanremo del 1982 o del 1983.
A questo punto, compreso il “Best Of”, i Bad sono una band che ha sfornato ben 5 album dal 1980 al 1983 ed è proprio a questo punto che scatta l’operazione “lancio dei Bad Manners in America”.
Non so neppure in questo caso come effettivamente andarono le cose, ma sta di fatto che nel 1984 viene ristampato per la distribuzione negli USA (con 45 ed EP al seguito) Forging Ahead.
L’etichetta non è più la Magnet ma la CBS/Portrait (la CBS era comunque la “proprietaria” dell’etichetta Magnet) e lo scopo, pare evidente, era quello di sondare gli umori del mercato per il primo disco per il mercato USA che sarebbe stato “Mental Notes”.
La band, sempre sul sito ufficiale, conferma che “Mental Notes” sarebbe dovuto uscire solo per il mercato americano. Così, in realtà non fu. Infatti, il disco venne distribuito anche in Italia e se la memoria non mi inganna ricordo anche il video clip di “What the Papers say”.

Era già il 1985 ed infatti - come è intuibile dal periodo storico – la registrazione, avvenuta a Londra tra il maggio ed il giugno di quell’anno, ha un taglio decisamente funky/pop/disco. La produzione (sarà anche per questo che la differenza coi precedenti è notevole) non è più quella di Roger Lomas.
In “Mental Notes”, dunque, ci sono 10 tracce (nessuna cover) di cui la prima è “What The Papers Say”, un funky/disco che ho pure fatto in tempo a ballare nelle discoteche della Milano anni’80.
E’ una canzone divertente, ma non c’è dubbio che ad un patito di ska come al fan medio dei Bad Manners avrà fatto torcere le budella. Il 45 giri, comunque, riuscì a veder i piani bassi della classifica. Segue “Blue Summer” che è un rocksteady/rock sempre di ambito “disco” che non sfigurerebbe negli odierni palinsesti di MTV. Ha un bel coro, ma non è certo uno dei brani più incisivi e si dimentica presto, caratteristica che condivide con altre tracce di Mental Notes.
Andando avanti con l’ascolto si incontra l’interessante ed aggressivo ska/rock “Body Talk”, interessante anche perché è forse uno dei pochi brani schiettamente ska del 1985 (insieme a “Mandingo” degli Untouchables che diventerà 5/6 anni più tardi un pezzo forte della scaletta dei No Sports).
A convincere l’ascoltatore che, in fondo, la deriva “funky/disco” non incise più di tanto sulla passione dei Bad Manners per certi ritmi, si trovano al termine del lato A “Tossin In My Sleep” che è un allegro reggae veloce e lo ska/pop veloce “Tie Me Up”, che potrebbe benissimo stare anche su precedenti album dei Bad.
L’apertura del lato B non delude affatto con “Bang The Drum All Day” un buono ska rock, mentre molto bello è il reggae “Destination Unknown” una canzone sullo stesso stile di “Got No Brain” e “That’ll Do Nicely”.
“Mountain Of Love” è un disco/funky che si scorda di aver ascoltato appena parte il successivo ska/rock intitolato “Work” che è anche il brano più bello del secondo lato. Il disco termina con il rock “Saturday Night” il cui giro di fiati avrebbe meglio accompagnato un ritmo ska.
Una nota di colore che vorrei aggiungere sui Bad di “Mental Notes” riguarda il look assunto dalla formazione e ben visibile sulla copertina del disco: non c’è bisogno di commento, credo che Buster, oggi, si vergognerebbe atrocemente di farsi vedere conciato in quella maniera sul palco, magari da un’orda di skinheads!


Insomma, in definitiva, bisogna riconoscerlo, i Bad Manners lo ska continuavano a suonarlo anche quando gli stessi Madness sembravano essersi dimenticati che ritmo fosse e continuavano, inoltre, ad essere una realtà discografica “ska” nonostante tutti gli altri esponenti del genere fossero già spariti da tempo dalla scena ed anzi, nel frattempo, i Bad Manners erano riusciti a posizionare ben 15 singoli e 5 LP nella “top thirty” e questo senza cambiare mai formazione. Non male.
Arrivati a questo punto pare che, a seguito di problemi contrattuali non meglio specificati con la CBS, i Bad furono costretti a non registrare per qualche tempo.
Nel frattempo, però, facevano una cosa come 5 volte il tour degli Stati Uniti e 8 quello dell’Europa!
Siamo ormai nel 1987 quando esce un nuovo disco dei Bad Manners, è un live, il primo ufficiale della storia dei Bad Manners.


Si tratta, appunto, di “Live And Loud” ovvero “il bootleg ufficiale dei bad Manners”, come ironicamente è scritto in copertina proprio per l’alto numero di dischi pirata che giravano.
L’etichetta che si occupò dell’edizione fu la Link records che, grazie al cielo, prima di sparire definitivamente dagli scaffali dei negozi di dischi ha fatto in tempo a pubblicare (come Skank Records) parecchio materiale altrimenti introvabile come quattro preziosi album di Prince Buster e quelli di Natural Rhythm ed Arthur Kay.
“Live And Loud” dico subito che a mio modesto avviso non è un disco eccellente, nel senso che i Bad Manners e la stessa voce di Trendle non erano al massimo quella sera e la registrazione in sé non è particolarmente curata.
“Live And Loud” contiene 14 tracce suonate da quasi tutta la vecchia formazione (manca tra gli altri Sayag) e comprendenti una diversa miscela di tracce tratte da tutti i loro album eccetto, guarda caso, da Mental Notes. Le migliori dal vivo sono sempre “Wooly Bully”, “Lorraine”, “Inner London Violence” e “Can Can”.
L’anno successivo, con doppia etichetta (la parigina Squale Records e Blue Beat) e produzione più che “low cost” direi “no cost”, i Bad, con formazione piuttosto rimaneggiata, registrano “Eat the Beat” un album che nasce dall’incontro di Buster con il bassista Nicky Welsh (aka King Hammond) che lo accompagnerà anche nei successivi tour di fine anni ‘80.
E’ un disco registrato a Parigi di cui pochissimi all’epoca seppero dell’uscita (da qui il soprannome di disco fantasma) e che vanta il merito di contenere la cover di quella “Sally Brown” che neppure un anno prima Aitken aveva scritto e registrato per il disco coi Potato 5. “Sally Brown” quindi, è stata una delle cover più rapide che si siano ascoltate.
Ho detto che “Eat The Beat” reca anche il logo della Blue Beat, e voi vi starete chiedendo: “Quella del Blue Beat?” Si, proprio quella.
Anche di questo aneddoto mi mancano notizie certe ma è una fatto che Buster ad un certo momento, tra il 1987 ed il 1988, acquisisce l’etichetta, tanto che lo stesso “Eat the Beat” verrà parzialmente riproposto (5 brani su 10) come ottavo album dei Bad Manners nel 1989 intitolato “Return of the Ugly” con etichetta Blue Beat Records e prodotto dallo stesso Buster.
In realtà credo che Buster avesse lo zampino anche nelle ristampe degli storici album di Prince Buster di cui ho detto prima a proposito della Link records.


Nel frattempo, lo ska sembra suscitare nuovamente interesse non solo in Inghilterra ma anche nel resto d’Europa, cominciano la loro attività la Pork Pie Records tedesca e la Unicorn di Londra la quale, iniziando nel 1988 la serie “Skankin’ Round the World” nel volume n.1 propone dei Bad Manners (unico gruppo della “vecchia guardia”) un’ottima versione ska dei di “Baby Elephant Walk” di Mancini .
Comunque, tornando a “Eat the Beat” è un album che in versione CD era accompagnato da 3 “bonus” (la cover di Prince Buster “Big Five”, lo strumentale a 4 mani “Viva la Ska Revolution” e “Dume Batty" ) per un totale di 13 pezzi tra i quali si segnalano oltre a “Sally Brown”, la cover di “Bonanza Ska” di Carlos Malcom, quella di “Pipeline” già resa famosa da Alphonso e le potenti “Stampade” e “Return of the Ugly”.
Il “dado è tratto” ed i Bad Manners ritornano a fare esclusivamente ska con qualche accenno di reggae (anche di buona fattura come “Mafia”), in “Eat the Beat” non ci sono tracce di funk, rock’n’roll o altro.
Detto ciò, i Bad Manners si rendono forse conto che il disco non ha goduto di grande distribuzione e, neppure un anno dopo, come sopra accennato, esce l’album (questa volta distribuito abbastanza capillarmente) “Return of the Ugly”.
La sua uscita, ad onor di cronaca, verrà anticipata da uno dei migliori dischi prodotti da Buster, il miniLP con la cantante nera Verona intitolato “Gonna Get Along Without You Now”, che è un’altra delle canzoni ska più belle del decennio e che si può godere in 3 versioni diverse (ska mix, reggae, mix, radio edit). Buster non canta, presta solo la produzione e (suppongo) i musicisti. Mistero: la canzone, nel retro dl disco viene preannunciata come presente nel “forthcoming LP Return of The Ugly” sul quale, come vedremo, non ci sarà invece traccia.


Tornando a “R.o.t.U.”, oltre a contenere 5 tracce del precedente (quella che gli dà il titolo, Bonanza, Sally, il r&b/ska “Rose Mary” ed il reggae “Since You’ve Gone Away”) propone anche lo strumentale “Skaville UK” (uscito anch’esso come singolo ed in formato 12” precedentemente all’album) ed il primo house/ska della storia del genere giamaicano intitolato “This is Ska” e che, che ci crediate o meno, portò un certo successo a Buster nei club dove andava la house music. Anzi, la miscela tra ska, house, acid, rap ed hip hop ebbe un certo seguito a Londra, tanto che esce, sempre nel 1989, una compilation tematica intitolata “Ska Beats” (Roir USA) e sottotitolata “the street sound of freestyle ska!” contenente proprio “This is Ska” (attribuita, però, a Trendle e Longsy D, non ai Bad Manners) oltre tracce dello stesso genere come “Mental Ska” sempre di Longsy D, o più hip hop come “Resolution 99” dei Maroon Town e “Musical Scorcha” dei Rackit allstar.
Tra le migliori di questo ottavo album ci sono anche la melanconica “Mamory Train” e lo strumentale “Buffalo Ska”.
“Return Of The Ugly” non avrà una grande fortuna, rimanendo recuperabile quasi esclusivamente sul mercato “underground” nonostante l’apprezzamento sincero di chi, vecchi fan, punk e skin, si ricordavano dei primi album dei Bad.


Se non vado errato, è proprio tra il 1988 ed il 1990 che Buster si dà da fare con la sua seconda formazione (sui cui membri, oltre a Sayag e Martin Stewart, so ben poco) i Buster’s Allstars coi quali sfornerà un brano molto amato come “Skinhead Love Affair” ed ai quali è attribuita anche “Pipeline” nella compilation della Link “Licensed to Ska”(1989). Inoltre, ma sempre con il fedele Martin Stewart alla tastiera, i Buster Allstars registrano una sorta di mega mix di tutti i maggiori successi dello ska Two Tone, da “One Step Beyond” a “Gangsters” a “Miror in the Bathroom” a “On My Radio”, per l’occasione reclutando vecchie glorie come Pauline Black, Saxa, Neville Staples e Rankin Rogers ed intitolando il pezzo “The Sound Of Skaaa!” che uscirà in formato 6” e 12” nel 1990, suscitando critiche positive sulla stampa di settore. Sul lato B, un pezzo che tuttora adoro quale quint’essenza di certo ska moderno: “Two Tone Party”.

Chiusa la parentesi sui Buster’s Allstars – e, a quel che consta, chiusa pure la breve avventura della Blue Beat - i primi anni ’90 sono piuttosto frenetici per Trendle & Co. visto che la band suona praticamente ovunque girando estensivamente, ancora una volta, tutta l’Europa.
E’ anche il periodo in cui ho cominciato a vedere negli scaffali dei negozi raccolte varie, diversi live più o meno autorizzati, e compile di “rarità” che non ho acquistato in quanto ripetitive.
Finalmente, dopo altri 3 anni di attesa, nel 1992 esce “Fat Sound”. Questa volta l’etichetta è la Pork Pie tedesca (Vielklang Musikproduktion) ed il disco si caratterizza per la presenza nella line up degli originali Alan Sayag, Chris Kane, Martin Stewart e Louis Alphonso, nonché di Rico Rodriguez al trombone, e di “Spider” dei Potato 5 a fare backin’ vocals, il tutto mixato dal DJ Longsy D (fautore anche di “This is Ska”) e registrato tra Londra, New York, Berlino e Kingston!


“Fat Sound” contiene 12 tracce di cui solo una già nota per essere stata dei Buster’s Allstars “Skinhead Love Affair”, in una nuova, migliore veste. Contiene anche parecchie cover, anzi, è il disco dei Bad con maggior numero di pezzi altrui di sempre, lo sono “The First Cut Is the Deepest” di Stevens, “Wet Dreams” di Romeo, “Stop Making Love” dei Gaylads, lo strumentale “Mambo Ska n.8” di Perado , “I Can’t Stand the Rain”, “Feel Like Jumping” e “Midnight Rider”. Sono tutte tracce gradevoli, più tendenti (eccetto lo strumentale e “Skinhead Love Affaire”) al soul/rocksteady che allo ska dei due album precedenti. “Stop Making Love” e “I Can’t Stand the rain” sono le migliori.
Scritte, invece, dai membri del gruppo, ci sono “Do the Creep” sul genere r&b di “Woolly Bully”, la bella “Crazy over You”, “Voices in Your Head” e “Pig Bad” delle quali la mia preferita è senz’altro “Crazy Over You”.
In conclusione, un buon disco, ben prodotto ma decisamente più tranquillo di tutti quelli che l’avevano preceduto e resta per lunghissimo tempo l’ultima registrazione in studio dei Bad Manners.
Buster, infatti, si mette a fare l’imprenditore intendendo condurre un albergo esclusivamente per persone di peso (almeno pari al suo!) denominato “Fatty Towers” e recentemente ceduto per “problemi economici”.
I fan della Band maleducata, dovranno aspettare questa volta fino al 1997 per ascoltare nuova musica dei loro paladini, ovvero quando l’americana Moon Ska Records (che in realtà si avviava alla chiusura per fallimento) fa uscire con giusta fierezza “Heavy petting” l’ultimo album registrato in studio dai Bad Manners, contenente 13 tracce nuove di zecca (tra cui una nuova versione di “Feel Like Jumping” ben più carica di quella originale).


Lo stile è molto più simile a quello già conosciuto con “Eat the Beat” e “Return of the Ugly” e vede tra le tracce meglio riuscite, il potente strumentale “Don’t Knock the Bald Head”, la title track, il reggae pop “Down Berry Wod” ed il reggae ska “In the Jungle” il mio brano preferito che avrei visto bene anche tra le altre tracce di “Loonee Tunes” insieme alla gotica “Black Night”.
Non manca neppure uno strumentale analogo a “Memory Train” dal titolo “Red River Ska” e ska reggae pregevole come “Happiness” e la stessa “Heavy Petting”, nonché dub rigurgitanti echi come “No No No”.
Con “Heavy Petting” i Bad Manners sembrano tornati sulla stessa vena creativa che aveva caratterizzato il secondo ed il terzo loro album: varietà di melodie, di atmosfere, di ritmi che raggiungono l’apice in graziosi ska veramente anni ’80 come “Randy Scouse Git”.
Da allora, pur avendoli visti spesso nei programmi live di parecchi locali, sono passati altri 5 anni e, forse, sarebbe anche ora che i Bad Manners tornassero in studio per continuare a pompare nuovo, potente ska come sanno fare da una cosetta come 23 anni. O no?
 


 

Sito Internet: http://www.badmanners.net/

Novembre 2002 - Aprile 2003

A cura di Sergio Rallo




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