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BAD
MANNERS
(Quando il ritmo è una missione)
Una delle ragioni per cui
alla musica Ska fin dagli albori del suo secondo fiorire tra
il 1978 ed il 1979 è stato associato (come lo è tuttora) un
certo qual profilo che la vorrebbe musica “fuori” per
antonomasia è dovuto probabilmente anche alla rumorosa e,
spesso, anche disgustosa presenza tra i migliori esponenti del
rinnovato genere musicale, dei Bad Manners.
Un nome, in
effetti, un programma se si contassero tutte le occasioni in
cui la formazione inglese, durante i suoi tour, ha fatto danni
in hotel, locali e pullman dandosi, tra le altre cose,
fieramente all’appropriazione indebita di oggetti (come
racconta lo stesso Buster Blodvessell, sul proprio sito!) di
ogni sorta (come racconta il gestore di qualche locale che non
nutre un buon ricordo del passaggio della band!). Buster,
vero nome Doug Trendle, fa uso fin dall’inizio della carriera
di front man della propria abbondanza fisica per impressionare
e stupire il pubblico facendo inoltre, diventando anche
“famoso” per questo, impressionanti linguacce con un’appendice
veramente di notevole lunghezza. Intendiamoci, questo non
vuol dire certo che Buster non fosse dotato anche di
un’eccellente presenza scenica o di un ottimo senso dello
spettacolo, come ben sa chi ha visto i BM anche una sola
volta, ma sicuramente l’aspetto massiccio e la pelata da
skinhead, le magliette bucate e macchiate su jeans tenuti su
con enorme sforzo da un paio di esigue bretelle (anche loro
senza dubbio da skin come i DM’s che portava ai piedi), hanno
svolto un ruolo notevole nel rendere “indimenticabile” il
front man dei Bad Manners attribuendo, così, un’immediata e
durevole identificabilità alla formazione.
La tattica usata della
“volgarità”, se vogliamo, era già in voga da qualche annetto,
avendola introdotta nel mondo dello spettacolo la musica Punk
ed i suoi eccentrici protagonisti ma, nonostante linguacce,
gestacci, pantaloni calati, cibo letteralmente ingurgitato sul
palco e, qualche volta, anche rigurgitato sugli spettatori
(!), la musica dei Bad Manners era ben diversa da quella
suonata dai tipi con le creste colorate e le spille da balia
nel naso (ora lo chiamano piercing). I Bad Manners (che
all’epoca cambiavano nome alquanto spesso) nascono e si
sviluppano nei pub e club del londinese e già nel 1978, dicono
le cronache, godevano di un certo seguito grazie, ovviamente,
alla musica prevalentemente suonata: una riuscita miscela di
R&B e Ska, sia cantati che strumentali attinti ai gloriosi
anni ’60. Alla caratterizzazione del sound generale
contribuiva (e tuttora è così) in maniera determinante la voce
dal tono particolare di Buster, urlata, aperta e mai acuta o
stridula. Nonostante, comunque, la formazione suonasse da
qualche annetto, pur con un continuo turn over di personale,
il nome Bad Manners sarà il definitivo del gruppo solo dal
1979. A rendere ulteriormente bizzarra la band contribuiva
fin dall’inizio la presenza del lunatico Alan Sayag - aka
Winston Bazoomies – armonicista (occasionale) della band e
notevole apportatore di spunti geniali per i Bad Manners.
Di tutte le formazioni ascrivibili al genere Ska e che si
misero al centro della scena musicale mondiale a quell’epoca,
i Bad Manners furono gli unici ad avere la fortuna di trovarsi
direttamente tra le mani un vantaggioso contratto della major
Magnet Records senza neppure aver mai registrato un demotape
ovvero: nati con la camicia.
E’ una mia mera congettura,
ma non è improbabile che uno spettacolo dal vivo abbia
impressionato il “cacciatore di teste” di turno della casa
discografica al quale - a fenomeno Two Tone appena esploso -
non gli sarà sembrato vero trovare un gruppo come quello non
ancora scritturato! La musica Ska Two Tone, comunque,
quando i Blodvessel & Co. firmarono quel contratto, aveva
già creato impressione ed un vasto seguito ma, nonostante ciò,
non uscirà nessun 45 giri dei Bad Manners su etichetta
Chrysalis/Two Tone, limitando il loro (ottimo) contributo per
l'etichetta di Dammers a 4 pezzi live di cui 2 (“Lip Up
Fatty”e “Inner London Violence”) presenti sulla famosissima
compilation “Dance Craze” (2Tone Records 1981) e, insieme a
quelli, “Wolly Bully” e “Ne Ne Na Na Na Na Nu Nu” nella
versione video della stessa compilation (Chrysalis Records
1988), videocassetta che è, tra le altre cose, la più vivida
testimonianza di un’intera epoca.
La sottoscrizione
del contratto di cui dicevo prima portò all’immediata uscita
del disco di debutto dei Bad Manners che, nel titolo, bene
riassume il genere suonato dalla band, ovvero “Ska’n’B”.
Era il 1980 e la formazione accreditata consisteva, oltre
a Trendle (voce) e Sayag (armonica a bocca), in Brian
“Chew–it” alla batteria, David “Far-in” al basso, Louis
“Alphonso” (poi anche “Dirty” Luis Al) alla chitarra ed il mio
preferito: Martin Stewart (poi solo più tardi soprannominato
“Bogigong”) all’organo. Davanti a tale ritmica stava la
sezione fiati più numerosa dell’epoca Two Tone composta da
Andy “Marcus Absent” Marson al sax alto (ma lo ascolteremo,
più in là, anche come suonatore di banjo!), Chris “Crusty”
Kane al tenore e Gus “Hotlips” Herman alla tromba. I ricordi
rimandano ad una sezione fiati in giacche multicolori, con
occhiali da sole ed in perenne movimento, i loro assoli
divertenti, i suoi riff mai scontati e sempre pronta alla
trovata ritmica. La formazione resterà immutata fino al
1985 quando uscì l’album americano “Mental Notes”.
Tornando a “Ska’n’B”, l'album contiene 12 tracce di cui
l’ultima è la registrazione (da un vecchio vinile scorticato)
di una canzoncina per bambini dal titolo “Scruffy Was A Huffy
Chuffu Tugboat”, tratta dalla vasta collezione di musiche
strane di Sayag ed indice della seria “fuorezza” del
gruppo. Il resto del disco include i brani veramente
storici (non solo per questioni cronologiche) della
formazione, quelli per cui, quando tuttora vengono suonati, la
gente va in puro, sano delirio ska: parlo delle già citate “Ni
Ni Na Na Na Na Nu Nu” (cover di un pezzo di cui non sono mai
riuscito a trovare in versione originale), della cattivissima
“Inner London Violence” (fin dalle prime battute è come se
desse la carica), del R&B “Wooly Bully” e delle più
tranquille “Fatty Fatty” (cover dell’omonimo brano di Clancy
Eccles), “Special Brew” (ska tranquillo il cui singolo si
posizionò in maniera soddisfacente in classifica e famoso per
l’accelerata finale) e “Lip Up Fatty”, senz’altro una delle
mie favorite. Anche oggi non ho alcun dubbio: si tratta
senz’altro di Ska in alcune delle sue migliori
manifestazioni.
In “Ska’n’B” ci sono anche
cover come “Magnificent Seven” (sigla del famoso film con Yul
Brinner, Bronson, etc.) o le decisamente migliori “Monster
Mash” e “Caledonia” (un veloce R&B che si sposa
insospettabilmente bene con la voce di Trendle) e che sono
brani che non lasciano l’ascoltatore insoddisfatto. Tutta
questa musica faceva parte, con tutta probabilità, del
repertorio che i Bad Manners erano usi suonare in giro da
qualche annetto. Le restanti due sono “Here Come the
Major” (che anticipa future produzioni tipo “Suicide”) ed il
notevole strumentale “King Ska Fa” (che paiono, al mio
orecchio ormai logoro, quelli più smaccatamente ammiccanti
allo ska Two Tone) e sono effettivamente potenti ska che mi
hanno allietato viaggi, balli e puri ascolti. A proposito
dello stile del gruppo devo rilevare che nei primi anni ‘80 i
Bad Manners, nonostante i due brani di cui sopra, furono
quelli più “tradizionali” nell’interpretare la musica
giamaicana. Nel loro primo album non c’è ska/punk, Nutty Sound
o reggae alla Beat. E’ poi interessante constatare come un
pezzo ska come Ni Ni Na Na etc., - accompagnata dal vivo
sempre da incredibili smorfie di “Fatty” - abbia chiaramente
alle spalle la degnissima tradizione R&B di cantare,
invece di parole precise, semplicemente suoni inintellegibili
aggiungendo, così, al ritmo del brano un ulteriore incitazione
al ballo. “Lip Up Fatty” fu il primo singolo dei BM a
vedere la luce dei banconi dei negozi di dischi e sfiorò senza
difficoltà i piani alti della classifica, forse anche grazie
all’accattivante strumentale sul lato “B”, l’ipnotica “Night
Bus To Dalston”. Il successo per la formazione di Fatty
arriva subito e c’è, anche, il loro pubblico pronto a
prendersi qualche insulto. I BM cominciano, così, a fare
un concerto via l’altro per tutta l’Europa per affermare la
propria musica e la propria immagine scatenata, tra situazioni
più o meno incredibili e goliardiche, tipo le gare a chi si
ingozzava il più alto numero di panini o, anche, l’aiuto
prestato nella diserzione del fratello di Chas dei Madness
dalla Legione Straniera, come si apprende dalla
biografia del gruppo presente sulla hompage
dei BM. L’ellepì, però, non farà migliori performances del
singolo di debutto e resterà fermo alla medio/alta classifica
nonostante l’uscita di molti altri 45 giri. L’impressione,
comunque, è che la Magnet abbia voluto “spremere” i Bad
Manners anche se, bisogna dirlo, ottenne dalla band ottimi
risultati: non si era ancora concluso il 1980 quando viene
dato alle stampe il secondo album dei nostri: “Loonee Tunes!”,
a detta di molti critici, il vinile più bello dell’intera
discografia dei Bad Manners. Non so bene se condividere
l’opinione, ma una cosa è certa: “Lorraine” (uno ska allegro e
veloce dal testo più che divertente e dalla musica
contrappuntata dall’armonica di Sayag) è senz’altro parte
integrante della storia recente del genere Ska
[condividiamo!]. A testimoniarne il successo ci sono le
decine e decine di gruppi che l’accludono nelle loro scalette
o nelle loro registrazioni. Meritatamente, dato che, anche per
me, fu per quella canzone subito “amore al primo ascolto”.
“Lorraine” non è, poi, l’unica traccia piuttosto famosa
del secondo album dei BM. Se ne posso, infatti, enumerare
almeno altre 5 ovvero, “Just a Feeling” (uno ska con un
incedere potente e col giro di fiati che amo di più). Con
questa canzone dal testo esistenziale, Buster dichiara,
nell’ultima strofa: “I’m just a skinhead yob” ovvero “sono
solo uno skinhead meleducato/aggressivo”, assicurandosi, così,
un eterno affetto da parte del già caloroso pubblico skin;
“Echo 4-2” (un potentissimo riarrangiamento di “Ball Of Fire”
degli Skatalites, tendente all’orchestrale e
caratterizzata da una batteria da marcia); “Echo Gone Wrong”
(che è un reggae gonfio di riverberi cantato con uno stile
decisamente da giamaicano all’interno del quale viene proposto
un notevole dub illuminato, qua e là, da un giro di fiati
notevole); e, infine, i due strumentali “The Undersea
Adventures of Ivor the Engine” (uno dei brani in cui ritmica
ed ottoni dei BM sviluppano la maggior potenza) e “El
Pussycat” di cui i Bad colgono in pieno l’originale,
coinvolgente “sballo da ripetitività” della versione di Roland
Alphonso dando al brano una bella rispolverata per le
nuove generazioni di entusiasti ska-fan. Indimenticabili
risultano anche la frizzante versione semi/ska di “Tequila”,
il godibilmente cupo quanto veloce ska intitolato “Suicide”
(dal testo terribilmente serio) interpretato con forza
drammatica da un Buster in forma smagliante.
Con “Just Pretending”,
ultima traccia, swinghettino morbido, accompagnato dal piano e
dal suono dello sciacquio di onde del mare(!), i BM concludono
con un’altra stranezza il loro secondo album. Oltre ad
essere senz’altro più curato nella produzione di “Ska’nB”
(uscito forse in tutta fretta per cogliere il pubblico ska
inglese all’apice dell’esaltazione), “Loonee Tunes!” si
differenzia dal suo predecessore per un più ampia varietà
compositiva dei BM. “The Undersea Adventures of Ivor The
Engine” e “Doris” (quest’ultima non uno ska ma un bel R&B
di stampo sixties nella quale risalta il lavoro essenziale del
tastierista Martin Stewart), ne sono un valido esempio. Che
dire? Un gran bel disco, “Loonee Tunes!”, molto più “ska” di
tanti altri, deludenti, “secondi” LP già usciti o in uscita da
lì a poco, tipo “More Specials” o “Wha’ppen?” dei the Beat.
In “Loonee Tunes!” anche un pezzo come “I Spy”, che è un
brano “secondario” dell’album dei Bad, è caratterizzato da
tempi ska, andamento da reggae ed inserzioni di swing/R&B
che lo rendono interessante. Nonostante, dunque, il disco
fosse obbiettivamente bello, all’epoca del successo
interplanetario di Micheal Jackson, Police, con la
concorrenza di colleghi come i Madness
e gli UB40 e nel periodo in cui la disco music
declinava per lasciare spazio ai gruppi new wave tipo Spandau
Ballet, “Loonee Tunes!” rimase fermo nella medio alta
classifica. Destino che immancabilmente condividerà col
successivo ed un po’ diverso “Gosh It’s…”. Eravamo già nel
1981 ed i Bad Manners rimanevano saldamente uniti a far
casino!
Apro una brave parentesi
per sottolineare una tendenza di fondo, cui ho accennato prima
a proposito dei “secondi” dischi di altri gruppi ska, visto
che, in quello stesso anno, i Madness
uscivano con il loro terzo album “Seven” che, nonostante
ottime canzoni, cerca palesemente di prendere le distanze
dallo ska di “Baggy Trousers”, mentre gli Specials
(“More Specials” era uscito nel 1980, poco prima di “Ska’n’B”)
erano latitanti (l’ultimo LP, accreditato peraltro a the
Special A.K.A. ed intitolato “In Studio” uscirà solo nell’82
per sancire il passaggio definitivo degli Specials all’album
dei ricordi) e i Beat non riuscivano ad eguagliare il loro
entusiasmante debutto. (Per tributare i giusti onori a chi li
merita aggiungo anche che l’unica altra formazione che resterà
decisamente fedele agli esordi ska, oltre ai BM, saranno i
Selecter di Pauline Black con l’album “Celebrate the Bullett”
ma al quale seguirà lo scioglimento della formazione). Il
fenomeno “ska”, insomma, sia nei banali termini delle case
discografiche, sia nel sentore dei suoi interpreti, si stava
esaurendo o si era esaurito ed il fiuto di alcune band (potrei
citare ancora i Madness)
percepiva odore di reggae. Forse anche per il gruppo di
Fatty Buster Bloodvessel fu così e, infatti, in “Gosh It’s…”
ci sono 12 tracce tanto interessanti quanto più ancorate al
reggae che allo ska. Tra le migliori canzoni del disco
brilla l’eccellente reggae “Walking in the Sunshine” il cui
singolo fu tra quelli che meglio si destreggiò nelle
classifiche di vari paesi europei Italia compresa. Trendle,
nonostante la voce riconoscibilmente da bianco, riesce con
quell’azzeccatissimo reggae a farci assaporare la brezza
caraibica e la spensieratezza che scaturisce a piene mani dal
lavoro del suo gruppo. In “Gosh It’s…” è acclusa pure “Can
Can”, estenuante strumentale ska (che uscirà lo stesso anno in
45 giri avendo come lato “B” un memorabile ska/disco dal
titolo “Armchair Disco”), responsabile d’aver spezzato il
fiato a molti skankers non troppo allenati. In generale,
in “Gosh It’s…” prevale il reggae, certo reggae in cui,
nell’album successivo, i BM si perfezioneranno ulteriormente
creandone di veramente speciali. A confermare questa
impressione, oltre alla citata “Walking in the Sunshine”,
“Gosh It’s…” annovera anche “Casablanca (Rags and Riches)” (un
ottimo reggae notturno inframmezzato da bridges jazzosi e
dagli accenni funky); “Weeping and Wailing” (canzone dai tempi
ska ma dall’andamento marcatamente reggae, per me uno dei
brani migliori in assoluto dei Bad); “Runaway” (uno ska/reggae
bello, dal ritmo irresistibile perché gli addetti ai lavori
sono perfetti ed in cui, una volta di più, Martin Stewart si
dimostra un vero ska-man della tastiera). I Bad Manners,
comunque, per lo ska hanno la fissa – una fissa più che
positiva, aggiungo - e lo dimostrano con “Only Funkin’”
(anch’essa tra le migliori composizioni del gruppo), “Never
Will Change” (un altro ska veloce ed affatto banale) e con
“End Of The World” (di fatto uno strumentale su cui Buster
urla di un’improbabile fine del mondo e che è, a volumi alti,
un brano dall’effetto devastante). Il solito tributo al
R&B i BM lo “versano” con l’entusiasmante e veloce “Don’t
Be Angry”, una delle più convincenti interpretazioni del
pesante cantante. Al Rhythm & Blues, prima loro vera
passione, i Bad Manners dedicheranno, dopo l’uscita
dell’album, un grazioso 7 pollici dal titolo esplicito
“Special R’n’B Party Four E.P.” in cui “Dont’ Be Angry” è
accompagnata da un altro sempreverde del gruppo e che rende
sempre fieri noi italiani: “Buona Sera”, nonché da altri due
veloci e divertenti pezzi in stile analogo intitolati “The New
One” e “No Respect” con cui Blodvessel & Co. danno prova
di masticare più che bene il genere afroamericano. Da
“Gosh It’s…” passeranno quasi due anni prima di ascoltare un
nuovo disco dei Bad Manners…forse che lo Ska si fosse
veramente esaurito?
Ma manco per sogno, almeno
per i Bad Manners. La band di Buster, infatti, tornava alla
carica nel 1982 - spinta da tergo da una Magnet decisamente
intenzionata a “spremerla” - con il 4° ellepì dal titolo
“Forging Ahead” un album che fa dei Bad Manners la formazione
più prolifica non solo del panorama ska: nell’arco di 2 anni
ben 4 album! Evidentemente – ma questa è solo
un’impressione - il rischio di “bruciare” il gruppo non
passava neppur lontanamente per la testa dei manager CBS o
Magnet (da noi puntualmente distribuita dalla gloriosa Durium)
che, pare di capire, miravano a vendite che la band non ha, di
fatto, mai raggiunto seppur, suppongo, avendogli fatto
guadagnare non poco. Tornando a “Forging Ahead”, è un disco
che condivide con i precedenti la Ro-Lo Record Productions
dove “Ro” e “Lo” stanno per Roger Lomas - vera e propria
“eminenza grigia” dello ska moderno che ha prodotto, mixato e
registrato parecchie formazioni di una certa notorietà.
Oltre agli stessi Bad
Manners è lui, per esempio, che ha prodotto il più recente
disco dei rinati Specials “Conquering Ruler” (2001) o
l’ultimo dei tedeschi The Frits “Not Enough For You!” (1993)
o, ancora, lo storico live degli Specials
alla Aston Univerisity “Too Much Too Young” (1979) – per dire
che, insomma, in “Forging Ahead” la continuità sonora con i
precedenti album viene assicurata.
“F.A.” contiene 12
tracce che, come ho accennato precedentemente, confermano la
tendenza dei Bad Manners - graditissima peraltro – ad un certo
genere di reggae di rara potenza. Il disco apre proprio con
una traccia del genere “That I’ll Do Nicely” che ha, infatti,
un ritmo innegabilmente coinvolgente grazie ad una miscela
ritmica dove la fanno da padroni fiati e tastiere. Sullo
stesso genere sono la bellissima “Got No Brains” e la delicata
- addirittura in Biblical Version - “Samson and Delilah”.
Canzoni che, non a caso, sono tra le favorite del pubblico.
Non manca neppure ska puro come quello di “My Girl
Lollipop” (versione di “My Boy Lollipop” di Millie Small) o
come quello di “Exodus”, l’unico brano strumentale di F.A., di
cui, probabilmente, i Bad conoscevano bene la versione di
“Ernie” Ranglin.
Ma ci sono anche musiche un po’
differenti dallo ska e dal reggae, come qualcosa che ammicca
un po’ ai Madness (ricordo che i Bad Manners, a
livello di classifica, di tutti i gruppi ska sono stati gli
unici, oltre agli Specials, a competere col gruppo di “Suggs”
e “Barso” quanto a notorietà) nella traccia intitolata “Your”,
mentre la cover di “What’s Up Crazy Pup” di Van
Morrison è un puro rock’n’roll.
C’è anche un pezzo
tra ska e r&r dal titolo “Educating Marmalade” (che fu
anche sigla di un programma televisivo per bambini); e c’è
“Tonight Is Your Night” che, se non fosse per l’assenza della
chitarra in levare, potrebbe essere un buono ska/rock ed è,
invece, un funk/rock. Tracce di ska con reggae e rock
incrociati si trovano in “Falling Out Of Love” in cui la voce
sguaiata di Buster fa botta e risposta con un paradisiaco coro
offerto dalle Lilletts; mentre “Salad Bar” è un’altro
funk/rock, un genere al quale i Bad Manners si applicheranno
in successive occasioni.
La battuta con cui
concludevo la prima parte di questa “bio”, l’avrei dovuta fare
ora, infatti, prima dell’uscita del 5° LP, intitolato “Mental
Notes” passeranno ben tre anni di ritirato
silenzio. Intendiamoci, non mi è affatto chiaro cosa sia
effettivamente successo tra la band e la Magnet, né ho mai
saputo quali clausole contrattuali legassero i Bad alla casa
discografica e la biografia presente sul sito ufficiale del
gruppo non aiuta a far luce su tali aspetti. L’unica altra
fonte da cui avrei potuto attingere per saperne di più, ovvero
la biografia dei Bad Manners edita dalla Skinhead Time
Publishing nella prima metà dei ’90, non ho avuto occasione di
leggerla.
Pare comunque che il gruppo, all’unanimità,
si prese una “vacanza”. Buster ne approfittava per fare
apparizioni televisive in spot e programmi improvvisandosi
anche attore, mentre altri erano andati semplicemente “a
spasso”. Winston Bazoomies, invece, maturava una brutta
depressione. I Bad Manners, obbiettivamente, di materiale
per “vivere di rendita” ne avevano registrato parecchio in
soli due anni e così, nel frattempo, la Magnet pensava a
sfornare il primo “best of” ovvero “The Height Of Bad Manners”
una raccolta contenente 16 tra le migliori tracce della loro
già cospicua discografia.
Nota: su 16 canzoni ben 6
sono tratte da “Ska’n’b”, solo 2 dal secondo e dal terzo album
(“Lorraine”, “Just A feeling”, “Walking In The Sunshine” e
“Can Can”), mentre le restanti tracce sono tratte tutte da
F.A. “The Height of” non offre nulla di nuovo, nessuna
“chicca” per chi seguiva i Bad Manners fin dai tempi del loro
esordio discografico, ma è decisamente un disco che dà una
concreta idea di che gran gruppo ska si trattava quando si
parlava dei Bad Manners. Al seguito vennero ripubblicati
45 giri ed EP, tra cui mi ricordo quello di “That’ll Do
Nicely” con una “special extended version unavailable
elsewhere” dell’omonimo pezzo e con sul lato “B” il
bellissimo, semplicissimo strumentale dub dal titolo “Monster
Love”. All’epoca, io avevo solo 13 anni e vi posso
assicurare che i Bad, almeno in Italia, erano piuttosto noti,
grazie (ho verificato negli anni) soprattutto per aver Buster
calato i pantaloni e mostrato mutande verdi al pubblico
esterrefatto del Sanremo del 1982 o del 1983. A questo
punto, compreso il “Best Of”, i Bad sono una band che ha
sfornato ben 5 album dal 1980 al 1983 ed è proprio a questo
punto che scatta l’operazione “lancio dei Bad Manners in
America”. Non so neppure in questo caso come effettivamente
andarono le cose, ma sta di fatto che nel 1984 viene
ristampato per la distribuzione negli USA (con 45 ed EP al
seguito) Forging Ahead. L’etichetta non è più la Magnet ma
la CBS/Portrait (la CBS era comunque la “proprietaria”
dell’etichetta Magnet) e lo scopo, pare evidente, era quello
di sondare gli umori del mercato per il primo disco per il
mercato USA che sarebbe stato “Mental Notes”. La band,
sempre sul sito ufficiale, conferma che “Mental Notes” sarebbe
dovuto uscire solo per il mercato americano. Così, in realtà
non fu. Infatti, il disco venne distribuito anche in Italia e
se la memoria non mi inganna ricordo anche il video clip di
“What the Papers say”.
Era già il 1985 ed infatti -
come è intuibile dal periodo storico – la registrazione,
avvenuta a Londra tra il maggio ed il giugno di quell’anno, ha
un taglio decisamente funky/pop/disco. La produzione (sarà
anche per questo che la differenza coi precedenti è notevole)
non è più quella di Roger Lomas. In “Mental Notes”,
dunque, ci sono 10 tracce (nessuna cover) di cui la prima è
“What The Papers Say”, un funky/disco che ho pure fatto in
tempo a ballare nelle discoteche della Milano anni’80. E’
una canzone divertente, ma non c’è dubbio che ad un patito di
ska come al fan medio dei Bad Manners avrà fatto torcere le
budella. Il 45 giri, comunque, riuscì a veder i piani bassi
della classifica. Segue “Blue Summer” che è un rocksteady/rock
sempre di ambito “disco” che non sfigurerebbe negli odierni
palinsesti di MTV. Ha un bel coro, ma non è certo uno dei
brani più incisivi e si dimentica presto, caratteristica che
condivide con altre tracce di Mental Notes. Andando avanti
con l’ascolto si incontra l’interessante ed aggressivo
ska/rock “Body Talk”, interessante anche perché è forse uno
dei pochi brani schiettamente ska del 1985 (insieme a
“Mandingo” degli Untouchables che diventerà 5/6 anni più tardi
un pezzo forte della scaletta dei No
Sports). A convincere l’ascoltatore che, in fondo, la
deriva “funky/disco” non incise più di tanto sulla passione
dei Bad Manners per certi ritmi, si trovano al termine del
lato A “Tossin In My Sleep” che è un allegro reggae veloce e
lo ska/pop veloce “Tie Me Up”, che potrebbe benissimo stare
anche su precedenti album dei Bad. L’apertura del lato B
non delude affatto con “Bang The Drum All Day” un buono ska
rock, mentre molto bello è il reggae “Destination Unknown” una
canzone sullo stesso stile di “Got No Brain” e “That’ll Do
Nicely”. “Mountain Of Love” è un disco/funky che si scorda
di aver ascoltato appena parte il successivo ska/rock
intitolato “Work” che è anche il brano più bello del secondo
lato. Il disco termina con il rock “Saturday Night” il cui
giro di fiati avrebbe meglio accompagnato un ritmo ska. Una
nota di colore che vorrei aggiungere sui Bad di “Mental Notes”
riguarda il look assunto dalla formazione e ben visibile sulla
copertina del disco: non c’è bisogno di commento, credo che
Buster, oggi, si vergognerebbe atrocemente di farsi vedere
conciato in quella maniera sul palco, magari da un’orda di
skinheads!
Insomma, in definitiva,
bisogna riconoscerlo, i Bad Manners lo ska continuavano a
suonarlo anche quando gli stessi Madness sembravano
essersi dimenticati che ritmo fosse e continuavano, inoltre,
ad essere una realtà discografica “ska” nonostante tutti gli
altri esponenti del genere fossero già spariti da tempo dalla
scena ed anzi, nel frattempo, i Bad Manners erano riusciti a
posizionare ben 15 singoli e 5 LP nella “top thirty” e questo
senza cambiare mai formazione. Non male. Arrivati a questo
punto pare che, a seguito di problemi contrattuali non meglio
specificati con la CBS, i Bad furono costretti a non
registrare per qualche tempo. Nel frattempo, però,
facevano una cosa come 5 volte il tour degli Stati Uniti e 8
quello dell’Europa! Siamo ormai nel 1987 quando esce un
nuovo disco dei Bad Manners, è un live, il primo ufficiale
della storia dei Bad Manners.
Si tratta, appunto, di
“Live And Loud” ovvero “il bootleg ufficiale dei bad Manners”,
come ironicamente è scritto in copertina proprio per l’alto
numero di dischi pirata che giravano. L’etichetta che si
occupò dell’edizione fu la Link records che, grazie al cielo,
prima di sparire definitivamente dagli scaffali dei negozi di
dischi ha fatto in tempo a pubblicare (come Skank Records)
parecchio materiale altrimenti introvabile come quattro
preziosi album di Prince Buster e quelli di Natural Rhythm ed
Arthur Kay. “Live And Loud” dico subito che a mio modesto
avviso non è un disco eccellente, nel senso che i Bad Manners
e la stessa voce di Trendle non erano al massimo quella sera e
la registrazione in sé non è particolarmente curata. “Live
And Loud” contiene 14 tracce suonate da quasi tutta la vecchia
formazione (manca tra gli altri Sayag) e comprendenti una
diversa miscela di tracce tratte da tutti i loro album
eccetto, guarda caso, da Mental Notes. Le migliori dal vivo
sono sempre “Wooly Bully”, “Lorraine”, “Inner London Violence”
e “Can Can”. L’anno successivo, con doppia etichetta (la
parigina Squale Records e Blue Beat) e produzione più che “low
cost” direi “no cost”, i Bad, con formazione piuttosto
rimaneggiata, registrano “Eat the Beat” un album che nasce
dall’incontro di Buster con il bassista Nicky Welsh (aka King
Hammond) che lo accompagnerà anche nei successivi tour di fine
anni ‘80. E’ un disco registrato a Parigi di cui
pochissimi all’epoca seppero dell’uscita (da qui il soprannome
di disco fantasma) e che vanta il merito di contenere la cover
di quella “Sally Brown” che neppure un anno prima Aitken aveva
scritto e registrato per il disco coi Potato 5. “Sally Brown”
quindi, è stata una delle cover più rapide che si siano
ascoltate. Ho detto che “Eat The Beat” reca anche il logo
della Blue Beat, e voi vi starete chiedendo: “Quella del Blue
Beat?” Si, proprio quella. Anche di questo aneddoto mi
mancano notizie certe ma è una fatto che Buster ad un certo
momento, tra il 1987 ed il 1988, acquisisce l’etichetta, tanto
che lo stesso “Eat the Beat” verrà parzialmente riproposto (5
brani su 10) come ottavo album dei Bad Manners nel 1989
intitolato “Return of the Ugly” con etichetta Blue Beat
Records e prodotto dallo stesso Buster. In realtà credo che
Buster avesse lo zampino anche nelle ristampe degli storici
album di Prince Buster di cui ho detto prima a proposito della
Link records.
Nel frattempo, lo ska
sembra suscitare nuovamente interesse non solo in Inghilterra
ma anche nel resto d’Europa, cominciano la loro attività la Pork Pie Records tedesca e la Unicorn di
Londra la quale, iniziando nel 1988 la serie “Skankin’ Round
the World” nel volume n.1 propone dei Bad Manners (unico
gruppo della “vecchia guardia”) un’ottima versione ska dei di
“Baby Elephant Walk” di Mancini . Comunque, tornando a “Eat
the Beat” è un album che in versione CD era accompagnato da 3
“bonus” (la cover di Prince Buster “Big Five”, lo strumentale
a 4 mani “Viva la Ska Revolution” e “Dume Batty" ) per un
totale di 13 pezzi tra i quali si segnalano oltre a “Sally
Brown”, la cover di “Bonanza Ska” di Carlos Malcom, quella di
“Pipeline” già resa famosa da Alphonso
e le potenti “Stampade” e “Return of the Ugly”. Il “dado è
tratto” ed i Bad Manners ritornano a fare esclusivamente ska
con qualche accenno di reggae (anche di buona fattura come
“Mafia”), in “Eat the Beat” non ci sono tracce di funk,
rock’n’roll o altro. Detto ciò, i Bad Manners si rendono
forse conto che il disco non ha goduto di grande distribuzione
e, neppure un anno dopo, come sopra accennato, esce l’album
(questa volta distribuito abbastanza capillarmente) “Return of
the Ugly”. La sua uscita, ad onor di cronaca, verrà
anticipata da uno dei migliori dischi prodotti da Buster, il
miniLP con la cantante nera Verona intitolato “Gonna Get Along
Without You Now”, che è un’altra delle canzoni ska più belle
del decennio e che si può godere in 3 versioni diverse (ska
mix, reggae, mix, radio edit). Buster non canta, presta solo
la produzione e (suppongo) i musicisti. Mistero: la canzone,
nel retro dl disco viene preannunciata come presente nel
“forthcoming LP Return of The Ugly” sul quale, come vedremo,
non ci sarà invece traccia.
Tornando a “R.o.t.U.”,
oltre a contenere 5 tracce del precedente (quella che gli dà
il titolo, Bonanza, Sally, il r&b/ska “Rose Mary” ed il
reggae “Since You’ve Gone Away”) propone anche lo strumentale
“Skaville UK” (uscito anch’esso come singolo ed in formato 12”
precedentemente all’album) ed il primo house/ska della storia
del genere giamaicano intitolato “This is Ska” e che, che ci
crediate o meno, portò un certo successo a Buster nei club
dove andava la house music. Anzi, la miscela tra ska, house,
acid, rap ed hip hop ebbe un certo seguito a Londra, tanto che
esce, sempre nel 1989, una compilation tematica intitolata
“Ska Beats” (Roir USA) e sottotitolata “the street sound
of freestyle ska!” contenente proprio “This is Ska”
(attribuita, però, a Trendle e Longsy D, non ai Bad Manners)
oltre tracce dello stesso genere come “Mental Ska” sempre di
Longsy D, o più hip hop come “Resolution 99” dei Maroon
Town e “Musical Scorcha” dei Rackit allstar. Tra le
migliori di questo ottavo album ci sono anche la melanconica
“Mamory Train” e lo strumentale “Buffalo Ska”. “Return Of
The Ugly” non avrà una grande fortuna, rimanendo recuperabile
quasi esclusivamente sul mercato “underground” nonostante
l’apprezzamento sincero di chi, vecchi fan, punk e skin, si
ricordavano dei primi album dei Bad.
Se non vado errato, è
proprio tra il 1988 ed il 1990 che Buster si dà da fare con la
sua seconda formazione (sui cui membri, oltre a Sayag e Martin
Stewart, so ben poco) i Buster’s Allstars coi quali sfornerà
un brano molto amato come “Skinhead Love Affair” ed ai quali è
attribuita anche “Pipeline” nella compilation della Link
“Licensed to Ska”(1989). Inoltre, ma sempre con il fedele
Martin Stewart alla tastiera, i Buster Allstars registrano una
sorta di mega mix di tutti i maggiori successi dello ska Two
Tone, da “One Step Beyond” a “Gangsters” a “Miror in the
Bathroom” a “On My Radio”, per l’occasione reclutando vecchie
glorie come Pauline Black, Saxa, Neville Staples e Rankin
Rogers ed intitolando il pezzo “The Sound Of Skaaa!” che
uscirà in formato 6” e 12” nel 1990, suscitando critiche
positive sulla stampa di settore. Sul lato B, un pezzo che
tuttora adoro quale quint’essenza di certo ska moderno: “Two
Tone Party”.
Chiusa la parentesi sui
Buster’s Allstars – e, a quel che consta, chiusa pure la breve
avventura della Blue Beat - i primi anni ’90 sono piuttosto
frenetici per Trendle & Co. visto che la band suona
praticamente ovunque girando estensivamente, ancora una volta,
tutta l’Europa. E’ anche il periodo in cui ho cominciato a
vedere negli scaffali dei negozi raccolte varie, diversi live
più o meno autorizzati, e compile di “rarità” che non ho
acquistato in quanto ripetitive. Finalmente, dopo altri 3
anni di attesa, nel 1992 esce “Fat Sound”. Questa volta
l’etichetta è la Pork Pie tedesca (Vielklang Musikproduktion)
ed il disco si caratterizza per la presenza nella line up
degli originali Alan Sayag, Chris Kane, Martin Stewart e Louis
Alphonso, nonché di Rico Rodriguez al trombone, e di “Spider”
dei Potato 5 a fare backin’ vocals, il tutto mixato dal DJ
Longsy D (fautore anche di “This is Ska”) e registrato tra
Londra, New York, Berlino e Kingston!
“Fat Sound” contiene 12
tracce di cui solo una già nota per essere stata dei Buster’s
Allstars “Skinhead Love Affair”, in una nuova, migliore veste.
Contiene anche parecchie cover, anzi, è il disco dei Bad con
maggior numero di pezzi altrui di sempre, lo sono “The First
Cut Is the Deepest” di Stevens, “Wet Dreams” di Romeo, “Stop
Making Love” dei Gaylads, lo strumentale “Mambo Ska n.8” di
Perado , “I Can’t Stand the Rain”, “Feel Like Jumping” e
“Midnight Rider”. Sono tutte tracce gradevoli, più tendenti
(eccetto lo strumentale e “Skinhead Love Affaire”) al
soul/rocksteady che allo ska dei due album precedenti. “Stop
Making Love” e “I Can’t Stand the rain” sono le
migliori. Scritte, invece, dai membri del gruppo, ci sono
“Do the Creep” sul genere r&b di “Woolly Bully”, la bella
“Crazy over You”, “Voices in Your Head” e “Pig Bad” delle
quali la mia preferita è senz’altro “Crazy Over You”. In
conclusione, un buon disco, ben prodotto ma decisamente più
tranquillo di tutti quelli che l’avevano preceduto e resta per
lunghissimo tempo l’ultima registrazione in studio dei Bad
Manners. Buster, infatti, si mette a fare l’imprenditore
intendendo condurre un albergo esclusivamente per persone di
peso (almeno pari al suo!) denominato “Fatty Towers” e
recentemente ceduto per “problemi economici”. I fan della
Band maleducata, dovranno aspettare questa volta fino al 1997
per ascoltare nuova musica dei loro paladini, ovvero quando
l’americana Moon
Ska Records (che in realtà si avviava alla chiusura per
fallimento) fa uscire con giusta fierezza “Heavy petting”
l’ultimo album registrato in studio dai Bad Manners,
contenente 13 tracce nuove di zecca (tra cui una nuova
versione di “Feel Like Jumping” ben più carica di quella
originale).
Lo stile è molto più
simile a quello già conosciuto con “Eat the Beat” e “Return of
the Ugly” e vede tra le tracce meglio riuscite, il potente
strumentale “Don’t Knock the Bald Head”, la title track, il
reggae pop “Down Berry Wod” ed il reggae ska “In the Jungle”
il mio brano preferito che avrei visto bene anche tra le altre
tracce di “Loonee Tunes” insieme alla gotica “Black
Night”. Non manca neppure uno strumentale analogo a “Memory
Train” dal titolo “Red River Ska” e ska reggae pregevole come
“Happiness” e la stessa “Heavy Petting”, nonché dub
rigurgitanti echi come “No No No”. Con “Heavy Petting” i
Bad Manners sembrano tornati sulla stessa vena creativa che
aveva caratterizzato il secondo ed il terzo loro album:
varietà di melodie, di atmosfere, di ritmi che raggiungono
l’apice in graziosi ska veramente anni ’80 come “Randy Scouse
Git”. Da allora, pur avendoli visti spesso nei programmi
live di parecchi locali, sono passati altri 5 anni e, forse,
sarebbe anche ora che i Bad Manners tornassero in studio per
continuare a pompare nuovo, potente ska come sanno fare da una
cosetta come 23 anni. O no?
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