Skabadip is back

 
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Ocean 11 - "Ocean 11"  
(CD - autoprodotto - 1995?)


Anche se questo cd sta diventando vecchio prima di ricevere una recensione che lo renda noto ai più, non è mai tardi per aprire nuovamente la vecchia polemica: "Ocean 11" è una vaccata di prodotto poiché sono (quasi) tutte cover anche se suonate, sia però detto ad onor del vero, con una meticolosa pignoleria per "l'original sound"?; od è un ottimo disco Ska-trad.?
Vediamo di risolvere la "vessata quaestio" dando un'occhiata a tale disco che, senza data e senza referenze agli artisti di cui viene risuonata la musica, ha l'aspetto di un bootleg.
Innanzi tutto Ocean 11, che originariamente sono in 7, hanno registrato l'omonimo disco (4 anni fa?) servendosi di altre 13 persone ( tra cui le voci degli Hepcat [in "Rocksteady" e "Let's Start Again"] e Chris "Venice Shoreline" di King Apparatus [fa la parte di Lee Perry in "Solid as a Rock"] ) che intervengono qua e là nei vari pezzi; i brani sono 18 di cui uno è "live" e 4 sono composizioni originali del gruppo (Night of the Dragon, Hong Kong Low Driver, Stone Boat e Cairo East pt.II); 9 sono strumentali e 9 cantati.
Le cover sono abbastanza ben distribuite tra ricercate ("Solid as a Rock" di Lee Perry, "Ska-Go-Mambo" di Alphonso, la meravigliosa canzone di Cornell Campbell "Let's Start Again") e famose("Housewife's Choice" di Morgan, "Confucius", "From Russia With Love", "Rockfort Rock", "Take it Easy" di Hopeton Lewis re-intitolata "Take it Cheazy").
E' un buon disco di musica tradizionale con tutti i soliti "rivoli" di rocksteady '67, dub, early reggae, '70s reggae eseguiti tutti con vigile occhio ROOTS: i suoni sono "quelli" e, dei generi citati, questi californiani sono di sicuro cultori. Se una critica però voglio tirare fuori potrei dire che il suono "sporco", quella patina un po' cupa che avvolge tutti i brani del cd, risulta un poco infastidente durante il primo ascolto,dandoti l'impressione di aver gli equalizzatori del tuo HI-FI da regolare.
Gli appassionati della musica d'annata troveranno sempre gli originali migliori delle cover, gli appassionati di musica tutta, troveranno in Ocean 11 un prodotto differente da quanto mai fatto fin qui nel nostro campo; "Night of the Dragon" vince come migliore strumentale dell'album "Solid as a Rock" è meglio ascoltabile dell'originale e "Let's Start Again" resta comunque uno dei reggae più belli dei primi 70. L'unico senso che ha questo disco è il divertimento di chi l'ha voluto fare: amici appassionati di Ska.

Sergio Rallo




 
 
 

Sir Oliver Skardy - "Grande Bidello"  
(CD - Almamusic - Italia, 2004)


Grande come sempre il nostro Sir Oliver Skardy i cui vocalizzi in vernacolo veneziano accompagnarono allegramente i miei primi anni universitari: era il 1991 quando uscì il primo album dei disciolti Pitura Freska "’Na Bruta Banda", frutto di una collaborazione con Elio e Le Storie Tese.
I martelli tratti da quel disco "Pin Floi" e "So Mato per la Mona" accompagnarono un gran bel periodo della mia vita.
Ma bando ai pur gloriosi fasti, perché Skardy mantiene sempre il suo posto di bidello, il management di Luciano Trevisan e, soprattutto, il piedistallo di leader del ragga italiano come dimostra questo suo nuovissimo album intitolato "Grande Bidello".
Atmosfere dance hall, ragga, un cicinìn di drum ‘n’bass e hip hop (e perché no? dato che molti artisti di quest’ultimo genere si appropriano di reggae e ska è giusto ricambiarli!) e reggae buono come quello che si apprezza ascoltando "Bluff" (bel duetto con notevole voce femminile), è quello che offre Sir Oliver nelle 13 tracce presenti in "Grande Bidello" in cui Skardy è in veste (oltre che di cantante) di autore di parole e musica.
Caratteristica comune a tutte le tracce, oltre al sound digitale che era tipico dei Pitura, i vocalizzi tranqulli, rilassanti e rilassati di Skardy che non perde occasione neppure questa volta di fare la sua giusta politica legalizzazionista ("Super Skank" e "Ah Mi So Miga").
Skardy non ha perso neppure un tocco della sua ironia divertente ed irriverente che l’ha reso famoso come dimostrano "Bideo", "Nord Est" e "Sex Symbol".
Unica cover presente in Grande Bidello è una post moderna versione dance hall di "Break On Through" dei Doors intitolata "El Xe U" che, diciamolo, ci sta proprio dentro.
Tra le canzoni da me maggiormente apprezzate di questo gradevole album del "Grande Bidello" di Venessia segnalo i rocksteady "Do Mie" e "Ketchup" ma anche (come ho scritto pochi righi sopra) l’accattivante hip hop "Stella".
Per chi apprezza il reggae moderno sarebbe sicuramente un peccato perdersi Grande Bidello, album godibilissimo.

Sergio Rallo




 
 
 

The Orobians - "Jamaica Italia Connection"  
(CD - Gridalo Forte Records - Italia, 2004)


"Jamaica Italia Connection", nuovissimo album dei lombardi Orobians, è un brillante disco ska (prevalentemente) strumentale, molto ben registrato in presa diretta e di cui – lo dico subito - la band può essere fiera.
Gli Orobians sono una "cover band" non a caso, infatti la musica ska è diventata famosa anche per la sua spiccata natura, se mi è concesso il termine, "coveristica" e, a dare un esaustivo esempio di ciò bastano, tra le decine e decine di cover eseguite dai maestri dello ska giamaicano, "James Bond" "Ball Of Fire", "Guns Of Navarone", "El Pussycat" o "Phoenix City".
Gli Orobians, consci di ciò e, soprattutto, consci di quanta ottima musica contemporanea può essere felicemente rispolverata per essere riarrangiata in ska, provvedono a dare un ottimo trattamento in levare (in nessun caso scontato) a, tra quelle che conosco, "Bop Train" di Gillespie, "Under My Thumb" dei Rolling Stone, "Exotica" di Richards "They Call Me Mr. Tibbs" di Quincy Jones e "Li Vidi Tornare" di Tenco.
E, tra quelle che non conoscevo, a "J’Lrai Cracher Sur Vos Tombes" di Alain Goraguer, "A Mi Manera" di Marcelino Guerra, "Something Are better Left Unsaid" dei Weeks e "La Ragazza con La Pistola" di De Luca. Quest’ultima, insieme alla funkeggiante "They Call Me Mr. Tibbs" sono tra le tracce migliori di Jamaica Italia Connection un disco che raggiunge gli apici con "Bop Train" ed "Under My Thumbs" e con tracce del tutto originali (sono le uniche) come "Bike Baba" e "I Remember Treviglio" che la dicono lunga sulla bravura della band che vanta una sezione ritmica più che convincente e dei solisti veramente apprezzabili.
Preferisco gli strumentali ai cantati tra i quali comunque segnalo l’unica canzone tratta dagli Orobians dal repertorio ska "Old Rockin Chair" (fossi stato il pur bravo cantante ci avrei pensato due volte a confrontarmi con una canzone di uno come Opel) "A Mi Manera" e quella di Tenco "Li Vidi Tornare" che mi riappacifica decisamente col vocalist.
Il cofanetto cartonato con pieghevole come booklet è, inoltre, molto carino e denota la cura con cui è stato prodotto Jamaica Italia Connection, un disco per insaziabili di ska, jazz, r&b.

Sergio Rallo




 
 
 

The Orobians - "Jamaican Tunes"  
(CD - Gridalo Forte Records - Italia, 2000)


Divertente ed originalissimo primo lavoro per gli orobici Orobians. Bergamo si conferma una città tutta in levare e dalle mille e inaspettate risorse musicali. La band è formata da personaggi poco raccomandabili dalle discendenze orobico giamaicane militanti in gruppi eversivi noti come Arpioni, Kontea e da qualche libero pensatore, tanto per non dare troppo nell’occhio.
Noti malviventi, pericolosi gangsters in doppio petto anni ’60, gli Orobians seminano il panico con 13 avvertimenti di stampo giamaicano che lasciano il segno anche nel più incallito difensore della legge. 13 tracce che confonderebbero anche il tenente Sheridan [Antonio, ti sei fumato i gerani del balcone percaso?]. La scena del delitto si apre con una “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto".
Meglio guardarsi alle spalle, c’è nell’aria il fantasma di Gian Maria Volontè. Colpito nel segno; come nel film, la traccia ha un non so cosa che ti avvolge. Un brivido freddo. Atmosfere poco tranquille quando appare Bond, James Bond, col celeberrimo tema de “dalla Russia con amore". Giusto il tempo di rilassarsi un attimo con la “Sentenza" dei Kontea, e la storica “the Mooche" di un vecchio e roccioso Duke Ellington che il panico mi assale e mi sembra di rivedere Marlon Brando ne “il Padrino" ordinare la mia condanna a morte.
Un disco dalle sonorità che trasudano di vecchia Giamaica, ma con un ché di personale che fa apprezzare il disco oltre lo stereotipo della band “Jamaican Stylee". Sfumature ed incursioni nel jazz e nello swing sorprendono favorevolmente.
Un disco davvero ben studiato, che penso ponga gli Orobians in una posizione preminente nel panorama ska italiano. Intendiamoci, gli Orobians possono facilmente non piacere, specie al neofita dello ska, detto senza snobismo, ma è da riconoscere una vera boccata d’aria fresca, quanto ad originalità.
Gli Orobians si immergono in acque territoriali pericolose sfidando grandi compositori del calibro di Wagner in “così parlò Zaratustra" (“2001 odissea nello spazio", gnoranti!!), e niente meno che Chopin, nel preludio numero 4 dell’opera 28, che di preludi ne ha 24. Molto bello, quest’ultimo. Generalmente sono contrario alle incursioni “leggere" nella musica classica; però questa versione ha un che di molto rispettoso nei confronti di Frederic, dunque, ben venga pure questo.
“Chez tante Elize" di Legrand, tema di un film francese anni ’60, è tra le mie preferite, con la simpatica chitarrina del nobile Conte Arnaldo e gioioso corettino a render l’atmosfera ancor più parigina.
“Summertime" è in una versione a tratti poco riconoscibile e che me la rende di non facile ascolto. La preferivo più fedele all’originale. Di Christine Keeler, pezzo di Ben Tucker, già presente in qualche album degli Skatalites spicca ancora la chitarra di Arnaldo.
Chiudono le allegre e spensierate “the Chicken" di Pee Wee Ellis e un vecchio classico della canzone napoletana, “Guaglione". Bel disco. Gli Orobians raggiungono spesso vette non indifferenti. Consigliato.

Antonio Crovetti




 
 
 

Out Of Condition - "Perceiving Symptoms of a Dying Conscience"
(CD - 808 Records - Svizzera, 2004)


Duri, cattivi, gli Out Of Condition urlano coralmente melodie che sembrano litigi su una base continua di chitarra distorta, piena di effettazzi e di batteria isterica.
Out Of Condition, nonostante il titolo dell’album, non dimostrano certo di avere una "coscienza morente" ma piuttosto di essere oltremodo vitali proponendo un punk/hc solido ( "The Scar") in cui, per buona pace del relax dei vicini, riescono anche ad inserire heavy metal/grind ("Shallow Mind " "Cold Shadow").
Ritmi estremamente sincopati, tiratissimi, spezzettati e nati esclusivamente per il pogo caratterizzano tutte le 11 tracce di "P.S. of a D.C. " ma, in particolare, "Revolution ", "Blinded By Rage ", "Wipe Off The Blood From My Heart " (con qualche accenno dark) e la pessimistica "The Weight Of Our Existence" (con chitarrone in levare finale) potrebbero essere quelle maggiormente apprezzate dai patiti del genere. Tra cui io non rientro.

Sergio Rallo





 
 



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