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Eastern Standard Time - "Off The Clock"
(EP - Leech Records - Svizzera, 2000)
Dopo il loro notorio LP "Second Hand" (stessa etichetta), molto ben accolto da pubblico e critica, riecco questo elegante gruppo ska jazz di Washington con nuove registrazioni.
6 tracce, le prime 3 registrate in studio mentre le rimanenti "colte" dal vivo, che riaffermano E.S.T. come una delle più brillanti formazioni americane del genere.
Gli americani aprono "Off The Clock" con una poco nota composizione di Alphonso dal titolo "Sucu Sucu" il cui originale è rintracciabile in un recente doppio CD della Heartbeat americana; molto ben riarrangiata devo aggiungere. Gli E. S. T. proseguono poi con "Black Sunday" il cui noto tema è impreziosito dalla parte dei soli e concludono il primo lato di questo 10 pollici con l’elaborato "Return Of The Profet", uno strumentale in cui forti si sentono le influenze (anche per loro!) degli Skatalites più che di Sonny Rollins o Coltrane.
Il lato B, quello delle tracce registrate "sul palco", differisce dal precedente per la maggior velocità delle esecuzioni e la loro ovvia maggior vivacità dovuta all'immediatezza. Ammirevole la precisione dell’ottima ritmica e la bontà dei suoni; prima "Sei Pazzo", poi "Three Steps Away" ed infine (la più veloce e sostenuta) "Jet Lag" assicurano buone vibrazioni.
Belli gli a solo sia in studio che live. Non perdeteli se suonano nelle vicinanze di casa vostra! Il disco è estremamente collezionabile per l'integralista di Ska/Jazz.
Sergio Rallo |
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Eastern Standard Time - "Time is Tight"
(CD - Grover Records - Germania, 2001)
In “Time is Thight", secondo album degli EST di Washington, si coglie chiaramente la tendenza del gruppo – comune a tante formazioni analoghe - a non voler rimanere un gruppo solo strumentale.
Questo vale anche se l’indubbiamente bel disco in discorso si apre con il notevole strumentale dall’italianissimo titolo “Sei Pazzo".
Il primo brano cantato che incontriamo è il rocksteady “That Girl" di Winston Riley che, a differenza dell’originale, ha un sontuoso arrangiamento di fiati che fa da contorno al valido cantante. Più avanti nel disco c’è anche un’ottima versione degli EST della bellissima canzone ska “Sit Down Servant" di Jackie Opel.
Le due cover di cui sopra - ben riuscite - omaggiano la tradizione musicale giamaicana, intento positivamente perseguito dagli EST anche con la ricercata cover del rocksteady/reggae “Why Did You Leave Me", traccia conclusiva del CD, il cui famoso giro di baritono si apprzza in tutta stereofonia.
EST propongono anche una loro versione della famosissima “Perhaps Perhaps Perhaps" cantata da un diverso vocalist che canta anche la traccia dal titolo “Poor Joe", una canzoncina dall’approccio calypso/swing costruita su una musica di Alfonso e rientrante tra i più entusiasmanti pezzi di Time is Tight.
Tra i migliori brani del nuovo album degli EST rientrano e vi segnalo anche gli strumentali “Eternal Circle", “Three Steps Away" e “Jetlag" che confermano la band statunitense tra le migliori dello Ska’n’Jazz. Ricercato.
Sergio Rallo |
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Easy Big Fella - "Eat At Joey’s"
(CD - Moon Ska Records - US, 1997)
Wow! Ma questo secondo album del gruppo "punta di diamante" dello Ska nell’ex-patria del grunge è un sorprendente viaggio musicale. E divertentissimo, pure! Notevole la capacità della band di creare atmosfere e colori differenti per ogni brano, giocando con soluzioni armoniche e ritmiche sempre di gradevolissimo ascolto, anche quando Easy Big Fella non suona Ska come nella quarta traccia "We Don’t Have To Go". Quando poi ti fai per un istante l’idea che possano essere classificati un po’ Two Tone, eccoti una bella versione "made in Seattle" di "Rude Boy" di Bunny Wailer. Se questi poi ti fa pensare che siano un po’ "traditional", eccoti uscire dallo stereo una "Rump Shacker" molto notturna e caratterizzata da un ritmo che adoro, molto stile fine anni ottanta.
E per togliervi ogni possibilità di inquadrare questo gruppo in una qualsiasi skategoria, se non quella di essere americani, basta l’ascolto delle armonie vocali e dei ritmi che gli EBF propongono nella luminosa "Door Room" e nella reggaeggiante "Come Back To Me".
Probabilmente una delle più spensierate e vivaci registrazioni dello scorso anno.
Ed io, da allora, ancora a mangiare da Joey’s.
Sergio Rallo |
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Edna’s Goldfish - "Before You Knew Better..."
(CD - Ska Satellite Records - US, 1999)
Cosa dirvi degli Edna’s Goldfish? Innanzitutto che sono una band formata da sette elementi provenienti da Long Island (NY), e che suonano uno Ska che si discosta un tantino dalla norma di SkabadiP, più portato verso la tradizione in levare, quindi la recensione di questo prodotto mi è stata affidata dal prode Alessandro in quanto sono lo scapestrato della SkabadiP-crew a cui piace ogni genere di Ska dagli Skatalites sino ai Mighty Mighty Bosstones passando per il Two-Tone (che prediligo).
E che genere di Ska ci propinano questi sette simpaticoni che in foto somigliano più ad una Hip-Hop band che ad un gruppo a scacchi bianco-neri? La definizione che si può dare di questo genere è Ska-Punk in bilico tra Two-Tone e terza ondata americana con una spiccata tendenza verso quest’ultima.
L’inizio è affidato a "I’m your density", pezzo veloce da pogare con una bella voce potente e fiati a tessere la trama ritmica, nella seconda canzone (Eventually, any way) la base è affidata alla chitarra saltellante con la tromba che ogni tanto si inserisce, molto simile alla precedente canzone come a quella che segue (Just less). Il ritmo rallenta in "Sunrise to Sunset" ed i toni si avvicinano al Traditional dandoci l’idea di un tranquillo bighellonare dall’alba al tramonto, Two-Tone arrabbiato in "This is not Here" con assolo di tromba, "Story" riconferma lo stile degli Edna’s così come "Perfect day" anche se il ritmo decelera un pochino.
Il CD prosegue su questo tono per tre canzoni che sono: "24", "If you want it" e " Trace your steps" per discostarsi con "Purple" e "Gone away", la prima con sentore di Raggamuffin e la seconda con un inizio tetro che lascia poi spazio ad un allegro e saltellante Ska che chiude il disco.
Tutto sommato un disco abbastanza monocorde in cui le due trombe la fanno da padrone su trombone e sax che si sentono raramente, comunque un prodotto abbastanza valido se si pensa che la Ska Satellite Records, sussidiaria della Moon Ska, offre questi CD ad un prezzo decisamente inferiore (8-10 dollari contro i 15 normali) per propagandare e far conoscere questi gruppi emergenti.
Massimo Boraso |
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Elvis Jackson - "Summer Edition"
(CD - Elmo Records - Germania, 2004)
Be, chiamarsi Elvis Jackson non è una mossa stupida, richiamare alla mente il grande Presley e Michael Jackson può portare fortuna, salvo che la band slovena di cui trattasi non abbia fatto invece riferimento a Costello e Joe!
Già al terzo album, Elvis Jackson si sono fatti conoscere negli ultimi anni girando per l’Europa con un repertorio di ska e reggae rock melodico molto efficace e potente che volentieri si addentra ogni tanto nel punk rock, nell’Oi!/hc ( "No One Else ") ed ogni tanto anche nell’hip hop, nel trash ( "Morning ") e nel noise.
Elvis Jackson sono sinceramente divertenti, bravi musicisti a band di intrattenimento assicurato, almeno a giudicare dall’ascolto di "Summer Edition " e, perché no, anche dalla sua visione.
L’album per la Elmo propone, infatti, oltre alle 12 canzoni anche 2 video del gruppo uno del funky/hiphop/reggae "Get Up " (video tratto da un live veramente entusiasmante) e l’altro di "You and I " un rocksteady/hip hop accompagnato da un vero e proprio video clip divertente e movimentato (ma no, mica solo perché c’è la ballerina di lap dance!).
Notevole il cantante di cui si apprezza la voce e lo stile che ricorda qua e là Jeff Becker (King Django di Stubborn e Skinnerbox).
Le mie canzoni preferite in assoluto sono gli ska "Loser ", "The Other Me " (qui la band si potrebbe definire soul), "Hawaiian Club " ed il reggae "This Song " ma nessuna traccia di "Summer Edition " funge da riempitivo.
Sicuramente consigliabile agli appassionati dei nuovi trend in circolazione che ad una schitarrata distorta alternano hip hop ed un po’ di hard core a melodici reggae.
Degli Elvis Jackson sentiremo parlare ancora.
Sergio Rallo |
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Engine 54 - "Tribute"
(CD - Grover Records - Germania, 2002)
Osti come passa il tempo…per fare il loro secondo album (almeno, per le notizie in mio possesso) i tedeschi Engine 54 hanno aspettato la bellezza di anni 7. Nonostante il tempo passato, devo dire di aver trovato la formazione tedesca esattamente come ai tempi di 54/95 (questo il sintetico titolo dell’album di debutto per l’etichetta Heat Wave), ovvero in ottima forma.
“Tribute" possiede, infatti, lo stesso mood, il sentore generale di 54/95, persino lo stesso sound…non a caso, guardando meglio le note al Cd, noto che è lo stesso anche il produttore.
Come quello che lo ha preceduto, “Tribute" è un disco ricco prevalentemente di cover tratte dai più o meno classici giamaicani. In Tribute, gli Engine 54 rendono omaggio a Desmond Dekker con le loro versioni di “Archy Wah Wah" e di “Problems" e al grande Ken Boothe con una versione di uno dei suoi brani ska di maggior forza, “You’re No Good" fortunatamente più lunga della versione originale.
Il Tributo degli Engine 54 è a “tutto tondo", e non vengono dimenticati neppure Toots con una versione del tutto diversa dall’originale della sua “Bla Bla Bla", Justin Hinds con la sempreverde “Rub Up Push Up" riarrangiata nella melodia vocale come la precedente, né vengono dimenticati la regina del rocksteady Phillis Dillon con “Stay Away" ed il re del soulful reggae John Holt con “The Tide Is High".
Il sottotitolo di “Tribute" recita: “Johnny Reggae presents 13 smashing Rock Steady Gems" e sono d’accordo.
Unica critica che accomuna Tribute col precedente 54/95 è un certo riverbero che attribuisce, ancora una volta, più un suono da Dub al lavoro degli Engine 54 piuttosto che da tipico Rocksteady o Ska com’era quello del 45 giri di debutto “No Means No" tutt’ora tra i migliori brani Ska nella mia personalissima scala di gradimento.
Ah, già che ci sono, c’è anche una formazione americana di Olympia (WA) che si chiama(va) Engine 54 che fece un omonimo CD nel 1996…chissà che l’anno prossimo non esca anche il loro nuovo album!
Comunque, tornando a “Tribute" ed agli originali Engine 54, è un disco che consiglio ai patiti di Rocksteady cantato ed ai collezionisti di buona musica, da ascoltarsi a volume decisamente alto per provare sulla pelle la ritmica.
Sergio Rallo |
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Enjoint - "Promo CD"
(Promo CD - autoprodotto - Italia, 1996)
A metà tra divertimento ed una canna: Enjoint. Il nome, di quello che per loro stessa dichiarazione è il primo gruppo ska della provincia di Padova, rispecchia il loro programma e cioè musica + divertimento + liberalizzazione.
Disinvolti tra reggae ( carina "Our Brotherhood"), ska-punk ("Skappa", appunto), ska ("Lei") e ragga (" Raggalize It"), gli Enjoint hanno una sezione fiati che si diverte e fa divertire, specie nell’ultimo, ballabilissimo, pezzo citato; un cantante dall’inconfondibile cadenza, una ritmica ondeggiante e parecchie idee buone come in "Jamaica Sound".
I testi in italiano non rientrano tra i migliori che abbia ascoltato, anche se "Raggalize It" è parecchio divertente.
La strada per gli Enjoint è (come per tutti i gruppi emergenti) in salita, ma da ciò che ho ascoltato nel loro Demo, è senz’altro quella giusta.
Sergio Rallo |
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The Equators - "Hot"
(CD - Ace Boon Tune - UK, 1999)
"Tanto di cappello" è il caso di dire in riferimento al nuovo elaboratissimo CD degli Equators, gruppo leggendario di Birmingham che, nell’ambito del nostro genere, non può che definirsi "storico", datandosi la loro nascita nel 1975.
"Buon sangue non mente" (il nucleo principale della band è costituito da, guarda caso, figli di immigrati giamaicani, i fratelli Bailey) e, infatti, gli Equators vennero scritturati dalla Stiff Records, un’etichetta più che famosa per chi ha seguito tutta l’epoca Two Tone e di cui gli Equators, alla pari con i Clash, sono stati in qualche modo dei precursori; con detta etichetta Equators si trovarono pure a collaborare col grande Desmond Dekker nell’album "Black & Dekker" del 1980.
Bene, eccoli, insomma, gli Equators ancora sulla scena con un nuovo album che più "Hot" non si può.
Oh, che nessuno si aspetti roba tradizionale, perché gli Equators non seguono alcuna moda o tendenza del momento, proponendo 15 canzoni molto diverse l’una dall’altra (16 con il "ghost track") ma tutte sostenute da una notevole energia e da potenti ritmi derivati dal reggae e ska, generi ispiratori del lavoro degli Equators i quali ultimi si divertono a miscelarli con Rock, Soul, Funk/Hip Hop ed una spruzzata di Punk.
Gli effetti creati dagli Equators possono quindi variare dall’allegro Ska/HipHop "Age Of Five", allo Ska/Soul di "Mr. Copper", dal Funk/Soul/Reggae di "Africa" (piuttosto assordante per i miei gusti), all’eccellente Reggae dall’atmosfera Two Tone "Feeling High"- ancora – allo Ska/Rock di "What Can I Do", al modernissimo "More Than a Person", al notevole Reggae/Hip Hop "Supe Stupid" che, in un certo grado, mi ricorda qualcosa di Lee Perry e dei Fishbone.
Mi piace molto la voce leader e l’abbondanza della sezione fiati in quasi tutto il disco, ma, in particolare nella bellissima "If You Need Me" e nella ottima "Rescue Me". Divertentissima, poi, "Hip Hop Lyrical Robot" che ha un impatto particolarmente Funky che mette in un buon mood danzereccio come quella che a ruota la segue: lo ska/reggae dal titolo "Learn My Lesson".
Chi non li ha potuti vedere recentemente a Milano speri pure in una loro prossima serata italiana e, nel frattempo, si ordini "Hot" nell’unico modo possibile e cioè contattando direttamente la band via email , ne vale la pena.
Sergio Rallo |
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Ernest Ranglin - "Below The Bass Line"
(CD - Island Jamaica Jazz - 1996)
"Ernie", come viene simpaticamente chiamato nell’ambiente musicale, è colui che, seondo le cronache, ha fatto fare per la prima volta il suono Ska!, Ska!, Ska! alla sua chitarra (vedi storia dello Ska). È anche colui che alla chitarra ha fatto fare tutti quei tipici suoni entrati a far parte indelebilmente del colore della musica giamaicana. Sia essa Ska, Rocksteady o Reggae.
Ernest Ranglin ha suonato praticamente con tutti i musicisti giamaicani in tantissime formazioni diverse, prediligendo le registrazioni per la casa madre Studio One.
Ha suonato poi con un cospicuo numero di jazzisti mondiali, ed ha l’aura di un artista che vive e si realizza prevalentemente suonando dal vivo; ciò non è in contrasto con il fatto che, per quel che ci è dato da sapere, l’album di cui si parla, è il primo accreditato a suo nome da ben più di un lustro.
In "Below the Bassline", non scherzo, ci sono ben quarant’anni di musica giamaicana e, siccome il tutto è letto in chiave molto, ma molto jazz, anche cent’anni di musica afroamericana.
Veramente molto bravi i musicisti coinvolti in quest’album, tra cui spicca il veterano pianista e compatriota di Ernie Monty Alexander – che ne è pure il produttore - e l’ospite Roland Alphonso che suona sia il sax tenore sia l’alto nella versione "Rangliniana" della "Balls of Fire" dei vecchi Skatalites.
Brano preferito degli undici proposti è "Surfin" la traccia numero due del disco, un brano scritto da Ranglin nei primi anni ’70 e qui riproposto con tutta la carica onirica dell’originale intatta.
Consigliato a tutti i patiti di jazz, che così si avvicineranno alla musica di cui SkabadiP si occupa. Consigliato anche a tutti i patiti della musica giamaicana in senso ampio, e dei "Sound Dimension" in particolare, che così si avvicineranno al jazz. Di sicuro sconsigliato ai fan dello Ska-core, del Two Tone, e allo Speed/Punk/Ska statunitense germanico.
Sergio Rallo |
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Error Dunkley - "The Early Years (the 1964-1973 recordings)"
(CD - Rhino Records - 1996)
Eccetto per gli appassionati di Reggae in senso stretto – e che senso è? - Error Dunkley non è un nome familiare ai più, e spesso anche gli appassionati di Reggae in senso stretto lo conoscono magari solo per la sua "Cinderella", il brano che si ritrova più spesso nelle innumerevoli compilations Reggae, o per la più recente Hit "Ok Fred" del 1979.
Il CD di cui parliamo contiene 16 brani che sono genialmente messi in ordine cronologico. Dico genialmente perché si può apprezzare appieno l’evoluzione dei ritmi dallo Ska al Reggae e l’evoluzione nel canto dell’artista. Il che, per i maniaci un po’ come me, risulta sempre illuminante nel capire più profondamente lo svilupparsi di un linguaggio musicale nel corso di nemmeno un decennio.
Diciamocelo così, tra noi, senza voler male a nessuno: la qualità del CD è una vera merda, nel senso che musica bellissima come quella di Dunkley meriterebbe un trattamento migliore di quello di essere registrata direttamente da pessime copie dei vinili originali, su tecnologia digitale come un CD.
Ma è comunque la musica che, nella sua bellezza e nel suo mai stancante ritmo, prevale sugli incredibili scoppiettii e fruscii di fondo, in canzoni sensuali e ipnotiche come "The Scorcher", "Why Did You Do It?" e la mia preferita "I Am Not A Man For You": splendida la melodia della voce su un’eccezionalmente rotolante ritmica.
Un Capitolo di Storia di musica giamaicana.
Sergio Rallo |
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The Ethiopians - "Reggae Hit The Town"
(CD - Trojan Records - UK, 2000)
Personalmente, gli Ethiopians, io li adoro.
Facile, direte voi: a questo piacciono tutti! O quasi, aggiungo io.
E’ vero, ma ogni gruppo mi piace per qualcosa di diverso; gli Ethiopians, in particolare, per le canzoni registrate tra il ’67 ed il ‘68 ed i ritmi su cui quelle vennero cantate.
Penso ai sincopati ritmi di canzoni decisamente sui generis anche nei testi come la divertentissima "Hong Kong Flu" ("It’s Terrible and dreadful, man!), o l’incredibile "Well Red", sulle fumate d’erba (dalla cima rossa, ovviamente) che l’autore, Leonard Dillon lead singer degli Ethiopians di sicuro s’era fatto prima e durante la composizione e registrazione della suddetta; e, ancora, penso a capolavori, ripresi successivamente migliaia di volte, come "Everything crash" e a capolavori e basta come "Everyday Talking", "Mothers Tender Care", "What a Fire" e "Woman Capture Man". Sono quasi tutti brani prodotti da J.J. Johnson e suonati da Bobby Aitken and The Carib-Beats, all’epoca, certamente una delle formazioni più innovative della Giamaica.
Non so ancora se i particolari ritmi di cui sopra sono arrangiamenti dell’ottimo Dillon (vocalmente anch’egli originalissimo) che è d’altronde l’autore accreditato dei brani, o se erano "trovate" di Bobby Aitken, sta di fatto che nulla di similare c’era stato nello Ska e Rocksteady precedenti.
Detto questo per autocompiacermi degli Ethiopians, il CD apre con un bello slow-ska dal titolo "Owe Me No Pay Me" che mi ricorda lo stile di Justin Hinds e fu registrato nel 1966 quando ancora gli E. erano in tre, prima della dipartita per altri lavori più sicuri di Aston Morris che, automaticamente, faceva diventare il trio un duo composto da Dillon e dallo sfortunato Stephen Taylor, poi tragicamente scomparso in un incidente automobilistico nel ’75.
Rispettando la cronologia evolutiva, segue "Cool It Amigo" un ottimo rocksteady inna rude buoys stylee, seguito a ruota da un entusiasmante rocksteady/reggae, dalla splendida linea di basso ed accompagnamento di chitarra, intitolato "Fire A Mus Mus Tail" (anche se, a dire il vero, le parole del titolo sono latitanti nel cantato) ed infine, 4° brano dall’inizio, il bell’early reggae che ha dato il titolo a questo primo CD datato 2000 che recensisco: "Reggae Hit The Town". Interessante per le voci (di nuovo in tre per l’aggiunta di Melvin Reid) che richiamano l’infinito tema del treno, carissimo alla musica giamaicana proprio grazie agli E., e mitico, poi, per il talkin’ ed il "borbottante" sax che, se non mi sbaglio, è quello di Val Bennett.
Questo CD di brani ne contiene altri 22! Tutti poco noti ed incredibilmente belli per restare tali.
Dubbi sulla correttezza della lista dei brani nel CD sorgono per "I Am Not A King", accreditata a Delroy Wilson (cfr recensione Cool Operator) e che non è il pezzo cantato, quest’ultimo essendo verosimilmente intitolato, al contrario, "I Am A King". E’ comunque un grande reggae con accompagnamento di fiati.
Vere "perle" di questo CD, in breve ed oltre la copertina dove c’è addirittura la foto del mitico "Engine 54", sono "My Testimony", la mia preferita "Mek You Go On So" (brano che mi manda in trance tra buone vibrazioni elargite dalla voce di Dillon e la ritmica sinuosamente rotolante e travolgente), la sognante e dolcissima "Here I Come". Degne di nota sono poi l’auto-cover della citata "Everyday Talkin’" (qui intitolata "Big Splish Splash") ed una ultra roots "Sound of Our Forefathers" con tanto di suono di vanga che scava nella terra usata a mo’ di "ghiro" e lo ska /reggae "Lot Wife"."Reggae Hit The Town" va a completare il trittico Trojan con i precedenti "The Original Reggae Hit Sound" e "The World Goes Ska", superba collezione!
Sergio Rallo |
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Etra - "Il Bello e il Cattivo Tempo"
(Demo CD - autoprodotto - Italia, 2002)
Lo ska core è il genere cui è ascrivibile questa nuova, divertente formazione che risulta essere particolarmente melodica e vivace.
In particolare, si coglie in questo Demo CD di 5 tracce, originalità e capacità di porsi oltre le solite ispirazioni Operation Ivy, MMBostones, Skankin’Pckle etc. tanto in voga.
Gli Etra (2 chitarre, tastiera, basso e batteria) lo dimostrano in tutte e 5 le tracce, tendenti ad un crossover tra ska, rock e hard core che ha melodicamente i maggiori punti di riferimento in gruppi che ska non sono e di cui la prima in ordine di ascolto è la coinvolgente “Ballando Ska".
Solo un’altra canzone è in italiano (le altre tre sono in inglese) ed è quella che chiude l’ascolto di “Il Bello ed il Cattivo tempo" intitolata “Sei Tu".
Quanto ad originalità gli Etra con la traccia “Photos of a Bonfire" propongono una riuscita miscela ska/core/rock’n’roll/reggae che non mi era mai capitato di ascoltare prima ed un punk rock elettrico intitolato “Angry".
Gli Etra sono un gruppo che gli appassionati del genere farebbero bene a tenere d’occhio.
Sergio Rallo
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