Skabadip is back

 
#-A-B-C-D-E-F-G-H-I-J-K-L-M-N-O-P-Q-R-S-T-U-V-W-X-Y-Z-COMPILATIONS

 
 

Jackie Mittoo & The Soul Vendors - "Evening Time"  
(CD - Studio One - 1995)


Della discografia più vecchia di Jackie Mittoo, pianista e tastierista degli Skatalites, Evening Time è uno dei miei favoriti.
Mittoo è esaltante in questo secondo album a suo nome ( il primo è "In London", registrato dopo il grande successo del tour dell’Inghilterra coi Soul Vendors), pieno di tanti ritmi differenti che, negli anni successivi, si sentiranno ripetere parecchie volte come nel caso di One Step Beyond, che sarà la base per la Bobby Babylon di Freddy Mc Gregor.
Quattordici sono gli strumentali contenuti in Evening Time che inizia proprio con l’omonimo pezzo e aggiunge però 2 brani non nell’originale in vinile non ci sono: Loving You, immediatamente riconoscibile come la No,No,No di Dawn Penn e Dancing Mood di Delroy Wilson sui cui originali ritmi Jackie aggiunge il suo "soulful" hammond dal notevole potere evocativo.
Dicevo che ci sono vari ritmi, a cominciare dal Soul strumentale intitolato Hip Hug, traccia n.6 del disco che tocca il momento più entusiasmante nel bel solo di chitarra dello Skatenatissimo Ernest Ranglin.
Quello che mi colpisce maggiormente di quasi tutta l’opera di Mittoo è che quando lui dà il titolo ad un suo brano, per fare un esempio del disco in discorso, Autumn Sounds, ecco che l’atmosfera si trasforma: cadono le foglie, la luce è grigia e pioviggina fuori della finestra.
Per chi volesse poi farsi la colonna sonora "giusta" per un vero matrimonio "rude" Rocksteady Wedding è il suo brano.
I Soul Vendors, come usuale, in grande forma, da lì a meno di un anno dopo sarebbero diventati Sound Dimension il cui "sound" appunto sembra anticipato nella magica Drum Song, uno dei capolavori di Mittoo al quale mando il mio devotissimo saluto.
Concludo riportandole ultime righe della nota al cd: "Soul Beat! Rock Steady! Big Beat! Big Pleasure! That’s what you get consistently, when you’re hearing the sensational sound called Evening Time".

Sergio Rallo




 
 
 

Jamaica All Stars - "Back To Zion"  
(CD - Passage Production/Melodie Distr. - Francia, 2003)


L’immediatezza e la leggendaria vitalità della musica giamaicana in tutti (ma proprio tutti) i suoi migliori aspetti sono racchiusi in "Back To Zion", il primo album ufficiale dei Jamaica Allstars.
La formazione, capitanata da quattro grandi come Johnny Moore (tromba), Justin Hinds (voce), Skully Simms (percussioni e voce) e Sparrow Martin (DJ, voce), non dovrebbe avere bisogno di presentazioni per chi avesse letto il mio reportage del concerto estivo dell’anno scorso a Cuneo a cui qui rimando.
Perfettamente accompagnati da una poderosa ritmica costituita dal figlio di Hinds, Jerome, alla batteria, da Adolphus Lewis al basso, dall’ottimo Brian Alvrick alla chitarra e Junior Herbert alla tastiera i 4 propongono 15 tracce del loro variegato repertorio che spazia (come recita il sottotitolo del cd) dal calypso, al reggae, al rocksteady, al mento allo ska, al r&b al dub (che a me, soprattutto dal vivo, fa impazzire).
Una menzione meritano senz’altro anche il trombonista Carron Mc Gibbon (veramente degno discepolo di Don Drummond) e l’unico bianco della formazione l’alto sassofonista Stepper, entrambi lodevoli in formazione come da solisti.
E non è difficile letteralmente perdersi negli ipnotici loop delle versioni che i Jamaican Allstars propongono di brani infinitamente belli e che non stancano mai come gli strumentali Alipang (a.k.a. Alley Pang), Burning Torsh, Occupation e Rockfort Rock, o i cantati The Higher The Monkey Climbs, Simmer Down, Rocksteady (quella di Alton Ellis), Carry Go Bring Come.
Tutti, nessuno escluso, riproposti con uno stesso originale sentire che, come ebbi occasione di scrivere a proposito del concerto di Cuneo, è in grado di trasportarti nella Kingston del 1965.
Quello che troverete in "Back To Zion", insomma, è lo ska nel suo stato migliore riproposto da alcuni dei suoi fantastici ed originali interpreti.
La varietà dei ritmi, delle melodie e degli stili praticati da Jamaica All Stars non permettono di annoiarsi neppure per un istante, sia quando si assiste ai loro entusiasmanti concerti, sia ascoltando quest’ottimo "Back To Zion" che non potrà che andare ad aumentare la propria collezione dei più rappresentativi dischi dal vivo di musica giamaicana.

Sergio Rallo




 
 
 

Jamaica All Stars - "Right Tracks"  
(CD - Passage Production/Melodie Distr. - Francia, 2004)


I Jamaican All Stars hanno debuttato discograficamente l’anno scorso con un’ottima registrazione live intitolata "Back To Zion" che pure (per vostra fortuna) trovate recensita su queste pagine.
"Right Tracks" è, invece, il loro primo, eccellente album registrato in studio.
La formula utilizzata dai Jamaica All Stars è – e non potrebbe essere diversamente – quella già ottimamente collaudata dal vivo: un avvincente percorso attraverso tutte le strade della musica giamaicana d’annata e comprendente splendidi mento tipo "Linstead Market", entusiasmanti reggae come "See Them A Come", soavi rocksteady come "On The Last Day" o veri e propri skalypso tipo "Shake Sinora", vitali DJ come "Armagideon" e saltellanti ska original come "Army Man" (ma non si intitolava "Satan"?), passando da strumentali senza tempo come i rocksteady "Heavy Rock", "Swing Easy" o il super ska "Coconut Rock".
Se negli strumentali chi la fa da padrone è, manco a dirlo, Johnny Moore sempre accompagnato dai bravi Mc Gibbon (trombone), Stepper (sax alto) e (a differenza del Live) con l’aggiunta di un altro sax tale Laraque, al canto si danno, invece, il cambio Sparrow, Hinds e Skully per un godimento senza mezzi termini che si snoda per 12 tracce per una durata di poco più di 40 minuti di grandissima musica.
Sarebbe veramente un peccato perderselo.

Sergio Rallo




 
 
 

Jamaica Red Stripe - "Demo CD"  
(Demo CD - autoprodotto - Italia, 2002)


Ska, ska puro come pochi è quello che suonano, bene e con gran gusto, i Jamaica Red Stripe per tutta la durata delle 6 tracce del loro demo senza titolo appioppatomi da un membro della band l’ultima volta che mi sono recato al Bloom di Mezzago.
Fin dal primo ascolto questa formazione m’è piaciuta subito.
Lo Ska dei JRS, è lineare, avvolgente come una nuvola di fumo, percussivo e senza alcun indugio sugli stilemi più efficaci dello ska tradizionale: martellante levare dei fiati, riffini di pianoforte che si slanciano sulla ritmica, melodie dei fiati cariche e circolari, batteria di sincera ispirazione Skatalites laddove si dà al burru e che viaggia in sintonia con un contrabbasso col giusto groove e spazio per gradevoli soli. E poi c’è il “sound" scelto, un “sound" pieno, che vien fuori bene.
2 delle 6 tracce sono cantate, con buona voce femminile, “Nessuno" della Mina e, con voce maschile, “The Fool" canzone di David Hillyard tratta da “Playtime". Gli altri 4 brani, tutti ska strumentali, sono, nell’ordine, una valida versione di Cantalupe Island e 3 validissime tracce di originale – credo – composizione ed ispirate a certi strumentali cattivi d’epoca che mi piacciono tanto e la cui sostanza è ben riassunta da “Pechino" e “Mezzanotte".
Senza averli mai visti dal vivo segnalo i Jamaica Red Stripe con convinzione perché mi ricordano gli appassionati di certo ska cattivo quali sono i Top Cats inglesi e che personalmente adoro. Ottimo inizio, direi.

Sergio Rallo




 
 
 

Jamaica Red Stripe - "Top Time"  
(CD - Lambrusco Records - Italia, 2004)


Dopo un ascolto approfondito in cuffia, solo due "difetti " ho rilevato in "Top Time ", il primo long playing dei lombardi Jamaica Red Stripe.
Uno è il suono un po’ artificiale con cui è stato registrato. Insomma, ha solo un leggero riverbero che io personalmente non apprezzo perché mi "raffredda l’atmosfera ". Due, le cover di "Night In Tunisia " e "Cantalupe Island " che ho ormai ascoltato troppe volte.
Nonostante ciò "Top Time " è da annoverare tra i migliori album di ska tradizionale della scena italiana recente nonché da considerare sicuramente un buon debutto per l’impronta convintamene tradizionale.
Già, perché sembra che finalmente anche in Italia si stia creando quello "zoccolo duro " di musicisti appassionati che suonano Ska delle origini come prima scelta artistica e che si può riscontrare in altre nazioni già da tempo. Adesso, oltre ai Blue Beaters di Palma cui qualche merito va sicuramente riconosciuto per la diffusione del vero Blue Beat dal 1992 in avanti, ce ne sono tanti e validi altri ed i Jamaica Red Stripe fanno parte della categoria.
In Top Time, dunque, ci sono 11 tracce di cui 4 cantate, una in inglese. Tutte sono ispirate palesemente al lavoro degli Skatalites. Basso e batteria in particolare. Ma anche i temi e gli arrangiamenti, come emerge dall’ascolto della bella "Pechino " e di "Rabbino Parker ". Quanto meno, la dicitura 100% ska che campeggia sulla copertina del CD la quale richiama una nota marca di tabacco da pipa, corrisponde in pieno al contenuto.
Cover per me novità di Top Time sono "Autumn Leaves " (uno standard jazz di Joseph Kosma del 1947) e "Blue Bossa " (brano del mitico tombettista Kenny Dorham che è, insieme a All The Things You Are e proprio Autumn Leaves, uno degli standard più studiati dagli allievi dei corsi d’improvvisazione del primo anno).
Tutto il resto è farina del sacco dei Jamaica Red Stripe come la traccia che dà il titolo all’album e "Sbarbis ", gli strumentali che di Top Time ho apprezzato maggiormente.
Ho apprezzato parecchio anche le due canzoni (voce compresa) "Sconosciuta " (grande sax, flauto e chitarra) e "Guido Verso il Mare " che uniscono ai ritmi che ci piacciono testi non scontati.
Top Time è un buon disco di Ska tradizionale dallo spirito giusto e, ripeto, è un buon primo album, ma consiglio comunque ai Jamaica Red Stripe di tenere presente, nel loro trarre positive ispirazioni dai grandi del passato, che non ci sono solo Knibb e Brevette e gli Skatalites.

Sergio Rallo




 
 
 

Jazz Jamaica - "Double Barrel"  
(CD - Hannibal - 1998)


Il primo disco di Jazz Jamaica si intitolava "Skaravan" dal titolo della più che famosa composizione degli anni ’30 di Duke Ellington e non a caso, dato che l’album è un ottimo disco di Jazz caraibico e, solo in secondo luogo, un ottimo disco di Ska per amanti degli Skatalites vecchi e nuovi, big band nipponiche e Ska-jazz in generale.
Questo secondo lavoro si intitola invece "Double Barrel" e, non a caso, è un ottimo disco di Ska e, solo in secondo luogo, un ottimo disco di jazz caraibico (chi capisce queste sottili distinzioni mi telefoni!).
Questa volta senza il trombonista Rico Rodriguez ma sempre con Michael "Bammie" Rose ed Eddie "Tan Tan" Thorton saldamente ai rispettivi Sax tenore e tromba ed un bravissimo sostituto di Rico che di nome fa Dennis Rollins. I Jazz Jamaica, sotto la guida di Gary Crosby – peraltro bassista Jazz molto noto in Inghilterra - ci offrono 10 strumentali molto curati negli arrangiamenti e jazzisticamente eccellenti nell’esecuzione.
Il tutto con un "sound" molto meno "Blue note" di "Skaravan" e molto più "Reggae"; i suoni sono più rotondi e profondi sia in pezzi veloci come "Confucious" (a sottolineare la stima di cui, tuttora, gode Don Drummond tra i musicisti) sia nella bellissima Reggae version di "I Heard Through The Gravepine".
Oltre ai suddetti, il disco si rivela una pregevole collezione di musica per la scelta dei brani, dalla – inflazionata – "Exodus" (sì, lo so, c’è la versione di Ranglin, degli Skatalites e dei Bad Manners [e c’è anche quella di Monty Alexander…], alla versione strumentale di "Monkey Man", alla title track (riuscitissima) "Double Barrel" dell’ex Techniques Wiston Riley. Giudicate voi come i Jazz Jamaica abbiano interpretato questi famosi "Dance Hall Stomper" perché io li ho trovati perfetti!
Con "Shank Kai Check" (a.k.a. "Chang Kai Chek") del mio trombettista Ska preferito "Baba" Oswald Brooks, i J.J. cominciano a proporci brani che, eccetto "Night Dreamer" di Wayne Shorter (se non erro già a suo tempo rifatta dai Dynamites), è la prima volta che sento nella loro versione Ska. Oltre al suddetto strumentale in cui Eddie Thorton compie il suo tributo a Baba, c’è una sublime cover di "Butterfly" di Herbie Hancock", "Marcus Junior" ancora di Don Drummond che addirittura risulta molto più "Skatalites" degli odierni Skatalites stessi!
Ed un ennesimo tributo a Charlie Parker con la luminosa "Dewey Square", suonata brillantemente dagli artisti di primo livello che compongono i Jazz Jamaica.. Artisti che, oltre la già citata Reggae version di "I.H.I.T.T.G" ci propongono anche "Walkon By" di Burt Bacharach in coinvolgente Ska style.
Sarà un caso, ma l’unico negozio a Milano che aveva (ed ha) il CD Double Barrel (addirittura in vetrina!) si chiama, mi crederete? Proprio Double Barrel!
Quindi se voleste anche voi ascoltarlo, vi basta andare in Via Coni Zugna (quasi) angolo via Savona e dare i nostri saluti a due brutti ceffi che troverete dietro, davanti o sopra il bancone e poi deciderete se accattarvi il migliore disco strumentale del ’98 o meno. E adesso, se permettete, vado a skankeggiare un po’.

Sergio Rallo




 
 
 

Jimmy Weed & The Strabadil Band - "Demo CD"  
(Demo CD - autoprodotto - Italia, 1999)


Demo-cd di tre pezzi di questa nuovissima formazione di Ska tradizionale, sorprendente esordio che fa sperare molto bene per il futuro di Massimo & comp.
Oltre ad aver scelto un nome simpatico il gruppo propone 2 canzoni originali - in inglese -"Kingston Streets" e "Drivin’ Me Mad" ed una cover di "Baby Elephant Walk" con citazione di Prince Buster annessa: dei cultori in coltura mi vien fatto di pensare… Coltivate così, no ,cioé : continuate così! È proprio Ska!

Sergio Rallo




 
 
 

Joe Gibbs - "Joe Gibbs Mood The Amalgamated Label 1968 to 1971"  
(CD - Trojan Records - UK, 1998)


L’ "Uomo venuto col Rocksteady", si potrebbe definire Mr. Joel Gibson, conosciuto meglio come Joe Gibbs.
Già, perché questo signore si dà alla produzione musicale nell’anno di grazia 1966. E non scherza per niente: soldi ne ha abbastanza per mettere su uno studio ed in quattroequattrotto eccoti lì la hit ovvero "Hold Them" di Roy Shirley. Sì, subito una hit e pure "storica", per giunta, essendo indicata da più parti come primo pezzo Rocksteady.
Bè, detto questo, non resta che immaginare che cosa è stato in grado di produrre il grande Joe nel periodo di tempo riportato nel sottotitolo di questa ottima raccolta di Gibbs’ mood.
Tenendo presente che nel ’69 Gibbs compra un nuovo impianto di registrazione a due tracce qui, di tracce, ce ne sono 26, di cui alcune familiari e molte, invece, rarità per i palati fini.
Splendide evoluzioni musicali da gustare sono, innanzitutto, gli strumentali presenti in quest’album. A cominciare da "Jumping Jack" del sassofonista Carl "Cannnball" Bryan , continuando con la divertente "Decimal Currency dei non meglio identificati The Blenders di cui, forse, riconosco il chitarrista Alva Lewis per il solo in stile; ed ancora la interessantissima "The Hippy Boys Are Here" degli Hippy boys, appunto, prima formazione con tanto di sezione fiati di quel gruppo che diverrà mondialmente famoso come Upsetters; o la bellissima "One Love" dei The Cobbs misteriosi e "Skataliteggianti" – se mi permettete il neologismo – come pochi e sotto il cui nome si celano oltre che elementi degli Hippy Boys, gente di Tommy Mc Cook & the Supersonics e di Lynn Tait the Jets, seguiti, a ruota, da un reggone lento e sonnolento dal titolo che attizza nostalgia e rilassatezza sognante tipica da caraibi, dal titolo "Reflection of Don D", autore accreditato: Johnny Moore, eterno amico del Don.

Sergio Rallo




 
 
 

Juda’s Kiss - "Skannati"  
(CD - Whynot Records - Italia, 2004)


10 tracce tra ska veloce e hc col piglio dei primi gruppi americani rappresentanti del genere che vi vengono in mente sono le credenziali dei Juda’s Kiss giovane formazione che fa del punk rock potente e italianissimo.
Se per il primo genere l’esempio è "Germogli" ascoltabile al numero 1 del primo album della band intitolato "Skannati", per il secondo è la seconda traccia che si incontra ovvero "Sedici Anni" il cui testo è piuttosto inquietante.
Ska veloce alla maniera dei Matrioska riscontro in "Doppiopetto Blu" che è in realtà uno ska punk non affatto male e non c’è bisogno di precisare qual’è il doppiopetto preso di mira.
Il meglio i Juda’s Kiss lo offrono alle mie orecchie con "Joe’s Tune" un divertente misto di hard rock e punk.
"Baldoria" sembra iniziare tipo una ballata del compianto Gaber ma si trasforma velocemente in un punk rock tipo ultimi dischi di Persiana, mentre "Rock’n’Roll" è tendenzialmente più ska come lo è "Animaskarica" la quale ultima, di tutto Skannati, è risultata essere la mia preferita pur in presenza di ponte quasi trash e impreciso ritorno all’originale ritmo.
Grandi dosi di Skiantos possono balenare in "Sangue Su Sangue" ed ogni tanto Juda’s Kiss mi ricordano i milanesi Skantinato come in "Patè D’Anima".
Juda’s Kiss hanno parecchie buone idee ed il cantante è un valido interprete punk però Skannati, pur avendolo trovato un lavoro più interesse della media dei demo ska/punk che ho ascoltato ultimamente, non è certo quel che si dice un prodotto maturo. Sono comunque pronto a scommettere che sentirò ancora parlare dei Juda’s Kiss.
Se vi piace lo ska punk Skannati potrebbe far per voi.

Sergio Rallo




 
 
 

Jump With Joey - "Swingin' Ska Goes South of The Border"  
(CD - Will Records - US, 1999)


JWJ è una delle più importanti formazioni ska degli Stati Uniti del “Far West", un West che, scusatemi il gioco di parole, è così West da essere addirittura Est!
Infatti, JWJ sono senza dubbio più famosi in Giappone che nella loro nativa California (figuriamoci da noi) avendo pubblicato solo per il Paese del Sol Levante i propri primi 3 (memorabili) album (Ska Ba 1991; Generations Unite 1993; Strictly For You vol 2 1994, tutti saggiamente ripubblicati per gli USA da Rycodisc nel 1997).
Nati nel 1989 dalle ceneri di un gruppo punk rock, guidati dal talentuoso contrabbassista Joey Altruda e dal notevole batterista Willie McNeil già dei famosi Untouchables (grupo SkaSoul di epoca Two Tone), JWJ sono sicuramente alla radice della moda dello Ska Swing che imperversò in California nella prima metà degli anni ’90.
La loro presenza nel panorama ska cui un giovane fan qual’ero io si rivolgeva una decina di anni fa è stata segnalata solo dallo splendido strumentale “El Diablo Ska" pubblicato all’interno della famosa raccolta Moon “California Ska Quake" (1992) di cui era, insieme a quella degli Hepcat, la traccia migliore. Recentemente, li si è potuti anche ascoltare ed apprezzare sulla compilation Ska Island (Island Rec. 1997) accompagnati da Ernie Ranglin e dal cantante Dan I nelle 2 tracce Konky Tonk e Barefootin’.
Quello dei JWJ è uno splendido Ska influenzato a piene mani dai ritmi latino americani/afro cubani, dal jump blues e dal jazz, non molto diverso da quello che si può godere anche in questo ultimo loro disco e da quello che caratterizza le tracce citate.
“Swingin’Ska Goes South of the Border" merita, pertanto, la presente recensione seppur terdiva per due ragioni, la prima che è un disco stupendo di una formazione da noi del tutto sconosciuta e che, in realtà, ha un pedigree di tutto rispetto vantando collaborazioni con molti grandi della musica ska (Skatalites, Rodriguez, Prince Buster, Ranglin, Coxone, Mayall, Alex Desert) alcuni dei quali accompagnati anche dal vivo nei loro tour nipponici; la seconda che è possibile ancora trovarlo e goderselo grazie ad internet ed alla globalizzazione.
Le dodici tracce di “Swingin’ Ska Goes South of the Border" sono dunque il distillato dello stile di JWJ cui si aggiungono nuove e gradevoli influenze tipo il Cha cha cha “Nuevo Ritmo Ska-Chacha" e “Skood’s Jazz Den", il mambo “Rigor Mortis" e “Dig That Rock", il Latin Swing “Undecided", il bolero “Uncle Ratso" e, naturalmente lo Ska “Dancin’ Feet", “Skatrina" “Tv Trat", tutte canzoni e musiche che fanno di “Swingin’ Ska Goes South of the Border" un album degno di entrare nell’ottima discografia di Altruda & Co e nella discoteca dell’appassionato di buona musica. Che dire di più?

Sergio Rallo




 
 
 

Justin Hinds & The Dominoes - "Peace & Love"  
(CD - Trojan Records - UK, 1998)


Volendo recensire questa preziosa raccolta con ben 22 tracce, per lo più rare, di Justin Hinds & the Dominoes, la tentazione di scrivere un intero articolo sul gruppo vocale più "roots" dell’epoca Ska, è fortissima.
E infatti, da dire, ce ne sarebbe parecchio, a cominciare dalla banale costatazione che canzoni come "the Higher the Monkey Climbs" o "Carry Go Bring Home" sono tra le "immortali" della musica giamaicana di sempre; "coverati" innumerevoli volte, capi scuola della tradizione canora rurale, Hinds, Dennis Sinclair e Junior Dixon, mettono in musica proverbi isolani cantando interessantissime armonie vocali tanto caratteristiche che nessuno ha mai potuto imitarle.
Al solito, agli strumenti, la sempre entusiasmante Baba Brooks Band, che ci regala alcuni tra i più coinvolgenti ritmi su cui abbia cantato il trio vocale.
Il materiale contenuto in "Peace & Love" va a completare quello del precedente "Ska Uprising"- sempre etichetta Trojan, 1993 - ed è costituito da canzoni che nulla hanno da invidiare alle più famose di questo gruppo; la versione Ska della di per sé splendida "Botheration" merita già da sola il possesso di questa raccolta; "Early One Morning" è uno degli esempi meglio riusciti di incontro tra le propulsive ritmiche dello Ska e del calypso, il risultato è il coinvolgimento in uno dei più sfrenati balli che si possa immaginare, grazie soprattutto alla linea di contrabasso di Brevett ed alla batteria di Drumbago: "good vibrations" alla grande!
Le voci di Dennis e Junior fanno da contrappunto a quella "rustica" di Justin, uno dei primi cantanti "conscious" della Giamaica e - è da dire - proprietario di un pathos mistico, "King Samuel" e "River Jordan" non è un caso che si intitolino così; da frenetici Ska come "Come Bail Me" a Rocksteady carichi di energia come "My Mother Told Me" e "No Good Rudie" a original Reggae di piacevolissimo ascolto come "Say Me Say"e "If It Is Love You Need", questa compilation dona nuovo, meritato lustro a Justin Hinds e i suoi Dominoes. Che musica!

Sergio Rallo




 
 
 

Justin Hinds - "Prophecy Live"  
(CD - Passage Production/Melodie Distr. - Francia, 2003)


Quasi contemporaneamente al disco dal vivo dei Jamaica All Stars, Justin Hinds – uno dei più bravi interpreti della musica giamaicana di tutti i tempi che può dire di aver vantato tra i suoi fan lo stesso Marley – con questa registrazione dal vivo tratta dal tour americano del 2003 segna il proprio ritorno discografico.
In 11 canzoni - tratte da un personale repertorio che vanta composizioni che sono già parte integrante del folklore giamaicano e che hanno fama, senza alcuna esagerazione, mondiale - il mitico leader dei the Dominoes ci educa ai precetti dell’onnipotente Jah ("Save A Bread", "Prophecy" e "Mighty Redeemer") ci fa divertire ironicamente ("Rub Up Push Up"), ci instilla un po’ di saggezza popolare caraibica ("The Higher The Monkey Climbs", "Carry Go Bring Come") ma, soprattutto, ci fa capire perfettamente come mai sia stato lui con i suoi Dominoes la punta di diamante della Treasure Island di Duke Reid del periodo ska, rocksteady e reggae. Insomma, un vero Maestro.
E da quegli anni, musicalmente, non sembra essere passato tutto il tempo che è, invece, effettivamente trascorso, vuoi per l’indiscussa forza ed autentica potenza delle composizioni di Hinds in sé, vuoi per l’immutata energia del grande crooner, il cui stile tra gospel e puro folklore caraibico è veramente unico ed istantaneamente riconoscibile, vuoi, infine ma non ultimo, per il fatto che è accompagnato dal bravissimo Jerome (suo figlio) alla batteria e da due icone della musica giamaicana come Vin "Don Drummond Jr" Gordon (trombone) e Headly Deadly Bennett al sax tenore.
Tra i momenti migliori di "Prophecy Live" indico la terna ska di "Rub Up Push Up", "Over The River" e "The Higher The Monkey Climbs" (anche se proprio in quest’ultima, il bassista Bernard Fagan pare essersi dimenticato il fenomenale giro della traccia originale che invece viene riprodotto pari pari dai Jamaican All Stars).
Ma i miei brani brani preferiti sono senz’altro "Here I Come", "On The Last Day", "Carry Go Bring Come" e "Save A Bread" che non stento a definire come musica meravigliosa.
Godibili anche i 3 minuti e 40 di intervista che fanno parte dei 45 e 48 di durata di un album che ogni fan di Justin Hinds e dello ska/reggae è tenuto a possedere, ad ascoltare e ballare fino all’ultima stilla di sudore e come dice Justin: "Peace love and Unity, in the name of His Majesty Jah, Rastafari!".

Sergio Rallo





 
 



Per informazioni, richieste, commenti o suggerimenti: info@skabadip.it

Nessuna parte di questo sito web, inclusi testi, suoni o immagini, può essere diffusa o riprodotta in alcun modo,
o attraverso alcun mezzo, senza la preventiva espressa autorizzazione scritta di Skabadip.

Sito ottimizzato per una visione 1024 x 768 con Mozilla Firefox.
© 2006 Skabadip. Tutti i diritti riservati.